Agorà

Reportage. Zampogne e campane

Giorgio Agnisola venerdì 27 luglio 2012
​Se vi si giunge dalla solatia e fertile piana del Volturno, l’Alto Molise colpisce per la natura severa, di rocce scure, di verdi cupi, di profondo silenzio. I radi paesi sono arroccati su crinali di pietra, paiono testimoniare uno spirito abituato alla difesa, propenso a chiudersi piuttosto che ad aprirsi. La storia insegna. I sanniti, che dominarono su queste terre fino al primo secolo avanti Cristo, allorché furono definitivamente sconfitti dalle legioni romane, sono passati alla storia come un popolo di montanari, battagliero e fierissimo. Lasciarono sulle alture imponenti fortificazioni, ma furono i Longobardi e poi i Normanni a edificare i numerosi castelli che oggi punteggiano il territorio. Le principali vie della transumanza passavano di qui, lungo i tratturi che collegavano l’Appennino all’Adriatico. Per portare i greggi a svernare, i pastori per sei mesi l’anno abbandonavano le proprie famiglie e percorrevano centinaia di chilometri alla volta del Tavoliere. «Riguardo agli usi, ai costumi, alla stessa parlata – dice Francesco Paolo Tanzj, scrittore e presidente del Centro Studi Alto Molise – l’area ha un’estensione che deborda dai confini regionali e si inoltra nel basso chietino e nell’alto vastese e ricomprende l’anello dei più importanti siti sanniti, Schiavi d’Abruzzo, Pietrabbondante, Monte Cavallerizzo: un’area caratterizzata da una forte compattezza culturale, evidenziata in epoca contemporanea da importanti personalità conterranee, come Luigi Gamberale e Baldassarre Labanca».Viceversa il paesaggio ha una fisionomia variabile. La zona occidentale è più impervia, quella orientale è segnata da morbidi profili, ha declivi scenografici protesi verso ampie e brune vallate. La collocazione in alto degli abitati e il loro relativo isolamento ha incentivato le identità locali, che oggi vengono sottolineate, valorizzate. I paesi hanno nomi suggestivi, che evocano spesso luoghi e contesti della civiltà pastorale, come Montenero Val Cocchiera, Carovilli, Vastogirardi, Pescopennataro, Capracotta. La società, soprattutto a oriente, è viva, legata alle risorse del territorio, fuori dai circuiti industriali.Scapoli è nota per la tradizione zampognara. Vi convergono da tutto il mondo per il celebre raduno internazionale di fine luglio. Per alcuni giorni il piccolo paese incredibilmente si riempie, si tengono concerti, convegni, raduni, esibizioni improvvisate nelle vie e nelle piazze. Cerro si scorge percorrendo la superstrada per Roccaraso con la sua inquietante fortezza di origine longobarda. A poca distanza è un paese abbandonato, quello di Rocchetta, deserto e battuto dal vento, a poca distanza dalle sorgenti del Volturno. Scenografico Castel San Vincenzo col suo lago artificiale e lo sfondo luminosissimo della catena delle Mainarde. Qui, nell’acrocoro che si estende sulle rive del fiume appena nato, sono stati rinvenuti i resti di una delle più straordinarie città monastiche d’Europa, con otto chiese, laboratori per la lavorazione del metallo e del vetro, scriptoria, passaggi sopraelevati. Il tutto databile agli ultimi secoli del primo millennio. Pizzone è un paese delizioso e poco valorizzato, aggrappato ad uno spuntone roccioso, tanto che le case paiono edificate le une sulle altre, fino alla sommità, dove è una chiesina. Il 15 di agosto gli abitanti si arrampicano fin lassù per celebrare la festa dell’Assunta. A poca distanza è Valle Fiorita, a millecinquecento metri, un pascolo di rara bellezza, circondato di faggete.La “capitale” dell’Alto Molise è Agnone, città d’arte e di artigiani, celebre tra l’altro per la sua tradizione campanaria. Qui è ancora la Pontificia Fonderia Marinelli, sorta nell’XI secolo. Nel museo si trovano originali e calchi di campane di celebri chiese. Ma è il laboratorio la parte più suggestiva, l’“antro” in cui la forma diventa metallo, in cui il metallo diventa suono. L’esperto artigiano improvvisa un piccolo concerto di campane e commuove quella musica a tocchi che ha accompagnato nei secoli gli avvenimenti tristi e solenni della storia dell’uomo. «La colata del bronzo è operazione religiosa – dice Pasquale Marinelli –. La preparazione è meticolosa, ma quando si apre il forno e il bronzo erompe nella forma l’uomo può far poco. Una casualità può sciupare il lavoro di mesi. Allora, per antichissima tradizione, gli operai gridano “Santa Maria!” e si affidano alla Vergine con la preghiera».La città è deliziosa, col suo intreccio di strade linde e il quartiere veneziano e le chiese nobilissime, tra cui San Marco, Sant’Antonio, San Francesco e Sant’Emidio, con i suoi molti altari e la biblioteca antichissima, affidata da sempre alla cura preziosa dell’anziano parroco, don Francesco Fangio. «La biblioteca Baldassarre Labanca, tra i grandi studiosi di Storia del cristianesimo, è una miniera di notizie, di studi, di testi spesso introvabili» dice la studiosa Sylwia Proniewicz, che qui sta completando la sua tesi di dottorato.A Pietrabbondante si riunivano i rappresentanti delle tribù sannite per deliberare, democraticamente, ed esprimere voti sacrificali nei due splendidi tempi affacciati alla valle. Sostarvi, in silenzio, è un’esperienza indimenticabile. Il teatro, quasi un’arca, echeggia un fiero passato, apre simbolicamente al futuro.