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CINEMA E IMPEGNO. «Il mio film su Boris Giuliano una lezione della memoria»

Ilario Lombardo venerdì 21 agosto 2009
Ha i suoi baffoni spessi, lo stesso volto contratto dal pensiero, lo sguardo affos­sato dentro grandi pupille. Marcello Mazzarella passeggia per Palermo come un fan­tasma in bianco e nero che ha il viso familiare e indimenticabile di Boris Giuliano, il capo della squadra mobile ucciso da Leoluca Bagarella a Palermo il 21 luglio 1979. Trent’anni esatti e un mese. Uno dei primi uomini di giustizia e di Sta­to caduti nel furioso vortice omicida che ave­vano innescato i Corleonesi. La mafia che si fa grande, con bombe, stragi e oscure strategie po­litiche. Mazzarella è l’attore che interpreta Giuliano in Sopralluoghi per un film su un poliziotto ucci­so , il film diretto da Roberto Greco che rico­struisce la figura di un uomo che annusò per primo le tracce che portavano la mafia al di fuo­ri della Sicilia, verso Roma, verso Milano, verso New York. «Da non siciliano mi sono proposto di raccontare una cosa che non si racconta mai quando si parla di mafia: il contesto», racconta Greco, regista bolognese da tre anni trapianta­to a Palermo. Il contesto. Come il romanzo di Sciascia che già descriveva tutto di quel mondo sommerso fatto di criminali e diabolici finanzieri che Giuliano stava rivelando: «Il contesto è Pa­lermo, la gente per strada che ancora si ricorda di quel poliziotto. Ma anche quelle facce invec- chiate che sono state silenziose complici del­l’omicidio ». Il titolo del film ha un sapore da an­ni ’ 70, con echi da Elio Petri e Citto Maselli, quando col cinema si facevano anche le in­chieste. La formula scelta è quella della docu­fiction, e ha il patrocinio tra gli altri della Que­stura di Palermo, dell’Associazione Nazionale Magistrati e della Fondazione Progetto Legalità dedicata a Paolo Borsellino, la stessa di Io ricor­do il documentario dedicato alle vittime della mafia. Anche il film su Boris Giualino entrerà in un pro­getto didattico e sarà distribuito nelle scuole. I sopralluoghi del titolo sono quelli che compie Marcello (l’attore Vincenzo Ferrera), un giova­ne giornalista che torna in Sicilia alla ricerca di materiale per un regista che vuole girare un film sul vice-questore ammazzato dalla mafia. «Mar­cello è il vero protagonista: attraversa la città e la memoria dei suoi abitanti. Incontra le perso­ne che hanno conosciuto Giuliano, gli sono sta­te vicino, e ricordano la sua grande umanità. L’avvocato, i magistrati, i giornalisti, i fotografi, molti dei suoi compagni di quella mitica squa­dra mobile. E poi la famiglia, che è uno dei car­dini del lavoro. Ho scelto di raccontarlo attra­verso queste voci», spiega Greco. Tra le testi­monianze sono poi montate alternativamente le scene ambientate nel luglio del 1979: le gior­nate di lavoro, le ore passate a seguire le piste di varie indagini, fino ai minuti prima di morire in quel bar di via Di Blasi, a Palermo, ucciso con sette colpi alle spalle da Leoluca Bagarella, co­gnato di Totò Riina. «Aveva intuito prima di tut­ti come la mafia andasse cercata tra i conti ban­cari e gli intrecci finanziari. Ha indagato sulla po­litica e su molti dei misteri d’Italia, dal caso Mat­tei a De Mauro, fino a di Michele Sindona». Ro­berto Greco è un regista che ama lavorare con e sulla memoria: nel 2005 ha diretto Trentaset­te - Memorie di una città feritadocumentario sulla strage di Bologna del 1980. Gli anni, il cli­ma e il buio che avvolge le cose sono gli stessi. «Giuliano è un personaggio che ho incontrato in un percorso più ampio sulla storia e la testi­monianza. Palermo è una città ancora piena di memoria. Molti protagonisti sono vivi con il lo­ro dolore o con la loro colpa. Il cinema e la tele­visione hanno il compito di raccontare i nostri anni, i fatti e gli uomini nella loro semplicità. Il rischio che si corre è di idolatrare troppo. E il confine tra le due cose è sottile».