La favola Curaçao: piccolo è bello anche nel calcio megalomane

La qualificazione ai Mondiali di calcio della piccola nazione caraibica entra nel guinness dei primati: mai un Paese di soli 156mila abitanti era arrivato alla fase finale del torneo. Merito di un ct "guru", di un gruppo di giovani formatosi in Europa e soprattutto del regolamento "esotico" voluto dalla Fifa
November 19, 2025
La favola Curaçao: piccolo è bello anche nel calcio megalomane
L'esultanza dei tifosi del Curaçao dopo la qualificazione della Nazionale di calcio ai Mondiali / Reuters
Piccolo è bello, ma con il Curaçao il piccolo diventa bellissimo e perfino roba da guinness dei primati. Sì perché un Paese così piccolo, 156mila abitanti, come Perugia, non si era mai visto a un Mondiale di calcio. Cose mai viste davvero sul pianeta football e forse non si sarebbero mai potuto vedere senza il Mondiale 2026 in modalità “giochi senza frontiere”. E se a noi umani avessero detto che ai prossimi Mondiali, che si disputeranno tra Stati Uniti, Canada e Messico, avrebbe partecipato il piccolo grande Curaçao saremmo scoppiati in una grassa risata.
E invece c’è poco da ridere, questa è la fantastica realtà da favola di cuoio. La cenerentola della Fifa compie un’impresa, arrivata dopo il pareggio decisivo, 0-0 con l’altrettanto esotica e piccola Giamaica, in cui il pallone è praticato con grande passione dai tempi del re del reggae Bob Marley, ma il pass per i Mondiali del 2026 i giocatori rasta non lo staccano. Lo fanno gli altrettanto colored e rasta, come l’ex centrocampista della Juventus Next Generation - ora allo Zurigo - Livano Comenencia, uno dei piccoli eroi esemplari del Curaçao allenato dal mago Dick Advocaat.
L’olandese volante, 78 anni, oltre 40 trascorsi sulle panchine di mezzo mondo guidando e vincendo con i club e poi avventurandosi da stratega delle nazionali di Olanda, Belgio, Russia, Corea del Sud, Emirati Arabi, Iraq fino al fantasmagorico Curaçao sette bellezze. Perché sette sono anche le nazionali guidate da Advocaat che arriverà al Mondiale americano con un altro primato, quello di ct più longevo ancora in carriera. Un viaggio da coloniale di ritorno a Willemstad, la capitale di quest’Isola delle Antille, dove si parla olandese e papiamento (la più estesa e popolosa delle tre “isole Abc", le altre due sono Aruba e Bonaire) in cui la nazionale di calcio è nata solo nel 2010 in seguito della proclamazione d’indipendenza dello stato.
Progressi rapidi però per i calciatori che nel 2017 hanno messo in bacheca il loro primo trofeo, la Coppa dei Caraibi. Passano altri sette anni e con lo sbarco di Advocat, nel 2024, iniziano le grandi manovre che hanno portato a questo traguardo storico e forse irripetibile. Il segreto? Molto lo si deve alla sapienza tattica del ct di lungo corso, certo, ma anche alla forza di un gruppo che ha fatto esperienza nei vari campionati europei (la maggior parte giocano in Olanda), sviluppando un gioco efficace quanto sorprendente con cui hanno conquistato 12 punti in sei partite del girone, chiudendo con il miglior attacco, 13 reti realizzate e la miglior difesa,  3 gol subiti. “Piccolo è bello” sarà il leitmotiv del prossimo Mondiale perché con il sorprendente Curaçao si qualificano anche altre microrealtà calcistiche come Panama che torna dopo l’esperienza lampo dei Mondiali russi del 2018, e Haiti, che noi italiani ricordiamo per la sfida agli azzurri di Ferruccio Valcareggi al Mondiale di Germania 1974, ma poi fu l’oblio. Gli haitiani, allenati dal francese Sebastien Migne, battendo 2-0 il Nicaragua si ripresentano ai Mondiali dopo 52 anni.
Era normale che il megatorneo da 48 squadre aprisse le porte a questo esotismo microscopico perché la famiglia allargata voluta fortemente dalla Fifa ha decisamente alzato la posta passando da 32 a 48 squadre. Megalomania. Da 13 di quattro anni fa diventano 16 le nazionali europee ammesse ai Mondiali con una prima volta per l’Uzbekistan del ct italiano Fabio Cannavaro. Un campione del mondo del 2006, come Rino Gattuso, ct subentrante dell’Italia che fu di Luciano Spalletti, ancora alle prese con il dubbio amletico se i suoi azzurri andranno o meno ai Mondiali (appesi alla semifinale playoff dal 26 marzo), nei giorni scorsi ha fatto gridare al “razzismo alla Carosio” quando ha detto «l'Africa dovrebbe avere meno posti ai prossimi Mondiali». Ma era semplicemente un modo alla Ringhio per voler dire che le africane sono aumentate rispetto al passato. Il continente nero, in cui spicca la prima volta di Capo Verde ai Mondiali, ha beneficiato infatti di un torneo di qualificazione al quale sono state ammesse un numero "monster" di 54 nazionali affiliate alla Caf, la Conferenza africana calcio, per i 9 posti disponibili, più uno utile a qualificarsi agli spareggi intercontinentali: il doppio rispetto alle selezioni africane che presero parte a Qatar 2022.
Il Centro e Nord America, potrà contare su tre Paesi organizzatori e dunque qualificate di diritto Messico, Canada e Stati Uniti. Il Curaçao che fa capo alla Concacaf, la Confederazione di Nord, Centro America e Caraibi ha sfruttato gli incrementi di ingresso al Mondiale che a pioggia sono ricaduti anche sul Sudamerica che avrà sette squadre su dieci rappresentanti. Più contenuto, ma comunque non indifferente il 17% di aumento delle asiatiche che si presenteranno con 8 nazionali più la nona che verrà decretata dai playoff. L’Oceania che fa capo all’Ofc, la vera cenerentola delle confederazioni mondiali, dal 2026 ha diritto a portare per la prima volta una Nazionale ai Mondiali più una seconda potrebbe accedere dai playoff. Piccola anomalia, l'Australia, per manifesta superiorità rispetto alle altre compagini dell'Oceania, fa parte dell'Afc, la confederazione asiatica. Tutto questo scenario, che procede con doppio passo oltre la globalizzazione calcistica, ha un solo fine, ovviamente finanziario: superare il piatto ricco dei 5,7 miliardi di dollari di Qatar 2022. Una speranza quanto mai concreta dal Mondiale che si fa in 48 per accontentare davvero tutti, Curaçao compreso

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