Oscar 2025, trionfa "Anora". Delusione per l'Italia

Il film di Sean Baker migliore pellicola della stagione. Nessun riconoscimento per "Conclave" con Isabella Rossellini. Esulta per la prima volta anche il Brasile con "Io sono ancora qui
March 2, 2025
Oscar 2025, trionfa "Anora". Delusione per l'Italia
ANSA | Il regista statunitense Sean Baker trionfatore dell'Oscar 2025 con il film "Anora"
La buona notizia è che il vincitore di questa edizione degli Academy Award, consegnati domenica sera al Dolby Theater di Los Angeles, è un film indipendente a basso budget - appena 6 milioni di dollari -, una commedia per giunta, Anora, che ha battuto le grandi produzioni hollywoodiane ma anche i grandi outsider, i favoriti della vigilia, come The Brutalist e come Emilia Perez, penalizzato dalle polemiche che hanno coinvolto nelle ultime settimane la protagonista, Karla Sofia Gascón al centro di una bufera mediatica che ha visto coinvolti lo stesso regista e le attrici colleghe, in una storia di ormai ordinario squallore social.
Fatto è che il regista americano Sean Baker è entrato nella storia degli Oscar vincendo personalmente nella stessa serata, e per lo stesso titolo, ben quattro statuette - film, regia, sceneggiatura originale e montaggio - raggiungendo Walt Disney, che nel 1954 aveva pure lui conquistato quattro premi, ma con quattro titoli diversi. Un record che dimostra come l’Academy sia capace di affrancarsi da certe logiche mainstream e puntare al riconoscimento di talenti fin’ora coccolati solo dai grandi festival internazionali.
Il quinto Oscar per Anora, bizzarra storia d’amore tra una 23enne spogliarellista di New York e il giovane rampollo scavezzacollo di un oligarca russo sfuggito al controllo degli scagnozzi del padre, è per la protagonista Mikey Madison, la vera grande sorpresa della serata, la nuova Pretty Woman, che ha battuto la superfavorita Demi Moore , visibilmente delusa, e la ben piazzata attrice brasiliana Fernanda Torres.
A gioire sarà anche la giuria dell’ultimo Festival di Cannes, presieduta dalla regista di Barbie, Greta Gerwig (e composta tra gli altri da Pierfrancesco Favino), che al film di Baker aveva assegnato la Palma d’Oro lo scorso maggio. Tanti premi, forse troppi per un buon film, ma certamente non superiore a lavori di autori che meritavano di più. Ma quando i voti delle giurie più disparate cominciano a convergere su un titolo, non particolarmente fortunato al botteghino tra l’altro (12 milioni di dollari in Usa e poco più di 22 in tutto il mondo), non resta che interrogarsi sulle ragioni di questo “innamoramento”, che vanno ricercate anche nella capacità di Baker di mescolare i generi, facendo ridere e commuovendo attraverso le storie di “perdenti” osservati sempre con grande rispetto e tenerezza.
Salito ben quattro volte sul palco, Baker ha rivolto un accorato appello in favore delle sale cinematografiche, in via di estinzione. «Lunga vita al cinema indipendente! Il cinema è un’esperienza comunitaria ma le sale, che sono parte della nostra cultura, stanno scomparendo. Ai registi chiedo allora di realizzare film da grande schermo, ai distributori di proteggere le sale e ai genitori di portare i bambini al cinema».
Come da pronostico, invece, Adrien Brody è il miglior attore per The Brutalist, nonostante il suo ungherese corretto dall’intelligenza artificiale abbia suscitato qualche polemica. Dopo quello per Il pianista, è il secondo Oscar per l’attore, che ha ringraziato prima ricordando quanto fragile sia il suo mestiere e quanto effimero il successo, e poi ricordando che il film di Brady Corbet, vincitore anche dell’Oscar per la fotografia e per la colonna sonora, è una riflessione sui traumi e le ripercussioni della guerra, della distruzione, del razzismo. «Prego per un mondo più felice e inclusivo, dobbiamo imparare dagli errori del passato, lottare per ciò che è giusto, amarci e sorriderci». Scontato anche il premio per la migliore attrice non protagonista a Zoe Saldana per Emilia Pérez. «Sono la prima americana di origine dominicana a vincere un Oscar, per giunta in un film in lingua spagnola, ma non l’ultima. E sono l’orgogliosa figlia di genitori emigrati con una valigia piena di sogni». Emilia Pérez vince poi per la canzone originale, El Mal, consegnando un Oscar anche al regista Jacques Audiard, coautore del brano, ma poi si ferma, cedendo il passo nella categoria miglior film internazionale al brasiliano Walter Salles per Io sono ancora qui sul coraggio di una donna alle prese con gli orrori della dittatura militare. Il miglior attore non protagonista è invece Kieran Culkin per A Real Pain, dove l’ex baby star di Mamma, ho perso l’aereo interpreta un giovane alla ricerca delle radici ebreo-polacche della nonna appena scomparsa.
Sulla scia dell’Oscar ad Anora arriva anche quello per il miglior film di animazione all’altrettanto indipendente Flow – Un mondo da salvare di Gints Zilbalodis, prima opera lituana a conquistare una statuetta battendo in primo luogo il colosso Disney. Tra i corti di animazione la spunta invece In the Shadow of the Cypress degli iraniani Shirin Sohani e Hossein Molayemi che, arrivati a Los Angeles solo tre ore prima a causa delle difficoltà a ottenere il visto, hanno ricordato le sofferenze del proprio popolo.
E in una edizione che ci si aspettava politicamente vivace, ma dove invece ogni polemica si è mantenuta a basso volume, la tragedia di Gaza irrompe sul palco quando a ritirare l’Oscar per il miglior documentario salgono Basel Adra, Yuval Abraham, Rachel Szor e Hamdan Ballal, componenti del collettivo israelo-palestinese che ha firmato No Other Land, realizzato nell'arco di cinque anni, dal 2019 al 2023, e focalizzato sugli sforzi di Adra e degli altri attivisti palestinesi per impedire la distruzione del loro villaggio natale di Masafer Yatta, in Cisgiordania, da parte di Israele, deciso a costruire proprio lì un poligono di tiro e zone di addestramento militare. «Sono appena diventato padre – dice Adra – e ho promesso a mia figlia che avrà una vita diversa dalla mia. La distruzione di Gaza e la pulizia etnica della Palestina devono finire, gli ostaggi israeliani devono essere liberati. È necessaria una soluzione che tenga conto dei diritti di tutte le persone, ma la politica estera di questo Paese sta bloccando il processo. Non ci sono altre soluzioni e non è troppo tardi. Chiediamo dunque che la violenza e la distruzione, così difficili da sopportare e mostrare, siano fermate. Insieme, israeliani e palestinesi, possiamo essere una voce forte». Un messaggio forte, come quello lanciato dal film, che ha vinto senza neppure una distribuzione in Usa, mentre il ministro della Cultura di Israele, Miki Zohar, protesta contro il premio gridando al sabotaggio.
Il miglior corto documentario è The Only Girl in the Orchestra - La storia di Orin O'Brien di Molly O'Brien e Lisa Remington, il miglior corto di finzione è invece I'm not a robot di Victoria Warmerdam.
Conclave di Edward Berger vince per la sceneggiatura non originale di Peter Shanghan, a The Substance va solo l’ Oscar tecnico per trucco e acconciature, Dune Parte II si ferma a sonoro ed effetti speciali e il kolossal musicale Wicked si accontenta dei premi per le scenografie di Nathan Crowley e Lee Sandales e per i costumi di Paul Tazewell, il primo afroamericano a ricevere questo riconoscimento. Quindi uno dei momenti più suggestivi della cerimonia degli Oscar, “In Memoriam”, dedicato a chi ci ha lasciato negli ultimi dodici mesi, riesce a inserire nella lista anche Gene Hackman, ma dimentica clamorosamente Alain Delon, mentre Isabella Rossellini, di velluto blu vestita, immaginava certamente un omaggio più sostanzioso per David Lynch.

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