La natura come fede: su Tv2000 torna “Terramater”
di Tiziana Lupi
La trasmissione condotta da Carolina Di Domenico racconta la bellezza del creato, la natura, la scienza e il pianeta. La collaborazione con “Luoghi dell’Infinito”

Insieme a lei sono stati confermati anche i suoi compagni di avventura: l’astronauta e astrofisico Umberto Guidoni e l’entomologo Gianumberto Accinelli.
«Sì. Guidoni è una persona meravigliosa nonché il primo italiano a unirsi a un certo tipo di missioni spaziali. La sua presenza ci permette di avere sempre un punto di vista diverso perché lui affronta i temi che noi trattiamo con uno sguardo “da lassù”. E ha una modalità accogliente nel farci entrare in quegli ambiti, un po’ come lo zio che ti racconta una favola. Anche quelle di Accinelli, altro personaggio incredibile, sembrano favole ma non lo sono: l’anno scorso è riuscito a farci scoprire insetti che non conoscevamo e a farci amare anche quelli che solitamente ci danno fastidio, come le zanzare o gli scarafaggi, spiegandoci il loro percorso in natura e, dunque, la loro funzione».
Quest’anno alla squadra si aggiunge anche un celebre studioso delle piante, Stefano Mancuso.
«Dalla Fabbrica dell’Aria di Firenze, il progetto per purificare l’aria ideato e realizzato da lui, Mancuso ci regalerà delle pillole sulle piante, un ambito che ci mancava».
Altre novità?
«Mi piace segnalare la rubrica nata dalla collaborazione con "Luoghi dell’infinito", il mensile di arte e itinerari culturali di "Avvenire". È molto interessante scoprire questi luoghi, alcuni più conosciuti e altri meno, attraverso i racconti e le immagini meravigliose. Ed è emozionante vedere cose anche conosciute ma osservandole da un punto di vista diverso».
Ormai è risaputo che la tutela della Terra non è più una scelta ma una necessità eppure molti sembrano non comprenderlo e si comportano di conseguenza. Dove si inceppa il meccanismo?
«Si inceppa nel nostro essere società che intossica la purezza che abbiamo. Dovremmo fare il percorso inverso e tornare alle origini, al nostro attaccamento naturale alla Terra. Invece siamo entrati o, meglio, pensiamo di essere entrati in un meccanismo più comodo e veloce. Che, per certi versi, magari lo è ma ci sta già presentando il conto».
Conto che paghiamo noi ma che, soprattutto, pagheranno le nuove generazioni. Qual è l’atteggiamento dei più giovani verso questo problema, almeno per ciò che lei può vedere dall’osservatorio privilegiato di Terramater?
«Le nuove generazioni sono naturalmente più portate all’attenzione alla natura perché nascono in un mondo in cui questa già esiste. Settant’anni fa il problema non era evidente, non ci si pensava nemmeno. Poi, è ovvio che un ruolo importante lo gioca l’educazione che va sostenuta e alimentata anche dentro le mura di casa. Io, comunque, nutro molta speranza nei giovani riguardo a questi temi. In studio, ad esempio, abbiamo un pubblico di universitari molto attenti. È vero che studiano materie inerenti ai temi che trattiamo come la biologia ma, grazie anche alla relazione che si è creata con noi e tra di loro, sono interessati, fanno domande. Questo mi sembra un buon punto di partenza per sperare».
Mai come in questi tempi, le speranze spesso si infrangono contro le barriere dei negazionisti del cambiamento climatico.
«Siamo in un periodo storico in cui purtroppo il negazionismo abbraccia tutti i fronti. Io penso che, oggi come domani, ci sarà sempre qualcuno pronto a dire che le alluvioni non sono colpa nostra. Dobbiamo imparare a fare i conti con queste posizioni che, però, non devono e non possono impedirci di andare nella giusta direzione».
Cosa ha imparato e sta imparando grazie a Terramater?
«Che c’è speranza! Le storie che raccontiamo, i filmati che mostriamo e gli ospiti che abbiamo in studio ci raccontano storie di persone virtuose che dedicano la loro vita, anche cambiandola, alla Terra. Persone che arrivano da tutt’altro ambiente e improvvisamente decidono di lasciare tutto per dedicarsi alla terra dei nonni. C’è chi lo fa a titolo personale e chi a livello imprenditoriale ma, in ogni caso, parlando con loro sento che ce la possiamo fare».
Questa fiducia si riflette anche nella sua vita quotidiana?
«Mi rendo conto che rischio di sembrare quella che fa la maestrina ma devo dire che nel mio quotidiano questi temi erano importanti già prima di fare Terramater. E le dirò di più: su certe cose sono sempre stata un po’ rigida. La raccolta differenziata, ad esempio: come fai a non farla al giorno d’oggi? Quando vedo per la strada signore che lasciano la spazzatura fuori dal cassonetto perché lo trovano pieno, mi trattengo a stento dall’intervenire e dire che basterebbe fare qualche metro in più per trovarne uno vuoto».
È già un buon consiglio. Ne ha altri per aiutarci a diventare più virtuosi nella tutela dell’ambiente?
«Onestamente mi sembra incredibile che, nel 2026, dobbiamo ancora dire alle persone: “Mi raccomando, chiudete il rubinetto dell’acqua mentre vi lavate i denti”, ho troppa fiducia nell’umanità. Piuttosto preferisco ricordare che il nostro consumare è un atto di responsabilità verso il pianeta. Perciò dico: ogni volta che compriamo, mangiamo o consumiamo qualcosa pensiamoci bene perché per ciascuno di quei “qualcosa” c’è un destino».
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