martedì 1 dicembre 2015
​La fiorettista azzurra fuori da Rio 2016 traccia il suo bilancio: difficile da accettare ma ho ancora tanto da dare allo sport. "L'avversaria più dura? E' sempre stata Valentina".
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Se l’Italia dello sport negli ultimi vent’anni s’è desta è perché ha avuto un Vale fenomeno del motociclismo, Rossi, e una Vale regina assoluta della scherma, la Vezzali. È appena scesa dalla pedana del PalaRuffini di Torino e dopo quasi vent’anni da n. 1 assoluta del fioretto, ora è la terza delle italiane, dietro a Elisa Di Francisca e Arianna Errigo. Quindi, niente pass per le Olimpiadi di Rio 2016. A luglio affronterà l’Europeo e poi, forse, darà l’addio alla scherma. «Sapevo che prima o poi sarebbe finita, ma sono serena e tranquilla, anche se affrontarla è difficile...», dice la 41enne “wonder woman” che ogni giorno si divide tra allenamenti, votazioni a Montecitorio (deputata di Scelta Civica), moglie e mamma pendolare (sulla tratta Jesi-Roma). La sua lunga storia olimpica è iniziata ad Atlanta 1996: argento individuale. «Sebbene fossi la più giovane del gruppo emerse da subito il mio spirito da “leader”», ricorda la Vale. Primo oro individuale a Sydney, battuta la Konig, ma qual è stata l’avversaria più dura che ha dovuto affrontare? «Ho avuto delle rivali “storiche”, ma la scherma è uno sport in cui la componente mentale ha un ruolo decisivo, perciò ci sono state gare in cui lo stimolo a battere quelle più forti è stato determinante, e altre sfide in cui invece ho perso con atlete sulla carta meno quotate di me. Ecco perché ritengo che l’avversaria più difficile è sempre stata solo e soltanto una, Valentina». Quanto ha contato nella sua formazione la “Scuola di Jesi”? «Il Club Scherma Jesi è un “luogo dell’anima”, una scuola di sport e una fondamentale palestra di vita. Non so cosa sarebbe stata la mia di vita se da piccola non avessi avuto la guida del “Maestro”, Ezio Triccoli. Il vero segreto di una realtà sportiva che ha portato in auge il nome di una città di 40mila abitanti come Jesi? Come ripeteva il maestro Triccoli: “La scuola fa scuola ed i campioni fanno i campioni”. Mai frase fu più profetica». Una volta per tutte, possiamo sfatare il dualismo storico e “avverso” Vezzali-Trillini? «Lo sport italiano è vissuto sui “dualismi” fin dai tempi di Coppi e Bartali. Con me si sono divertiti a creare diverse rivalità: prima con Giovanna, poi con Margherita Granbassi e infine con Elisa Di Francisca. Non è sempre semplice limitare la rivalità nel momento agonistico, ma nella scherma tolta la maschera ci si stringe la mano. Comunque la Trillini è stata una grandissima atleta ed ho sempre espresso rispetto e stima per la sua carriera ed i suoi successi, alcuni dei quali, peraltro, condivisi». Ha mai pianto in pedana? «In pedana mai, fuori spesso... Ho pianto non solo per le sconfitte, ma anche quando l’assalto vincente mi ha richiesto un carico di tensione al limite della sopportazione umana. In quel caso il pianto è stato liberatorio. Ricordo lacrime di gioia a Pechino dopo la medaglia d’oro, ma anche a Londra mi sciolsi nell’abbraccio forte con mia madre dopo aver conquistato il bronzo». Lei è la "mamma olimpica” di due bambini, Pietro (10 anni) e Andrea (2 anni e mezzo): quanto è dura per una donna dover conciliare sport, lavoro e impegni familiari? «È probabilmente l’assalto più difficile della mia vita, ma noi donne per dna siamo capaci di combattere e di vincere su più fronti. Da quando sono stata eletta in Parlamento tutto è diventato ancora più difficoltoso, anche per via della distanza tra Jesi, dove la mia famiglia vive, e Roma in cui dopo una giornata a Montecitorio corro alla palestra dell’Acqua Acetosa per gli allenamenti. La mia fortuna è la totale disponibilità di mia madre e di mio marito Domenico (Giugliano, ex calciatore, ora allenatore), altrimenti sarebbe impossibile». Da quando è deputata quali sono state le battaglie politiche affrontate e vinte? «Sin dalla prima volta che ho messo piede in Parlamento mi sono fissata l’obiettivo di portare avanti le tante battaglie legate allo sport. Mi colpì molto quando, poco dopo essere stata scelta come portabandiera olimpica, e quindi ben lontano dall’immaginare di diventare deputata, una persona mi disse: “Ti rendi conto che la parola Sport non compare nella nostra Costituzione? Fa qualcosa tu!”. È una sfida difficile questa che però sono certa riusciremo a condurre in porto. Piccoli grandi passi si stanno compiendo anche per ciò che concerne l’attività sportiva nelle scuole, ad iniziare dai primi anni di scolarizzazione, con tutto ciò che ne scaturisce in termini di insegnamento, ma anche di formazione sportiva degli insegnanti». Quali sono i veri “nemici” dello sport italiano? «Lo sport italiano ha più avversari che nemici. Il Coni da questo punto di vista sta imprimendo un’accelerazione importante su diversi punti ed il sogno di Roma 2024, al di là delle resistenze per elementi esterni che non c’entrano nulla con lo sport, credo sia condiviso dalla maggioranza degli italiani che hanno fatto o fanno attività agonistica. Le Olimpiadi a Roma sarà la “madre di tutte le battaglie” contro i tanti avversari dello sport in Italia». Come si diventa una “donna record”? «Non credo esista una ricetta o un segreto specifico e poi in giro di donne “record” ce ne sono parecchie. Ciò che serve è solo avere ben definito e chiaro un obiettivo e non lesinare sforzi, sacrifici e dedizione per realizzarlo. Se in più il tutto viene condito dalla passione, non esiste obiettivo impossibile da raggiungere, né record che non possa essere superato». In un futuro senza più la Vezzali o Montano in pedana, l’Italia della scherma sarà sempre ai vertici? «La scherma in Italia non è Vezzali o Montano, ma è il lavoro silenzioso di molti maestri e di tante società su tutto il territorio nazionale che alimentano la passione di tantissimi ragazzini. La scherma già oggi ha un grande futuro davanti, proprio perché lavora da sempre sul settore giovanile... Se mi si chiede qual è la vittoria più bella della mia carriera, non ho dubbi nell’indicare quella al Gran Premio Giovanissimi di Roma, miglior under14 di fioretto femminile. Oggi, così come domani, sarà quella la nostra “fabbrica” delle medaglie». Qual è stato l’incontro più importante della sua vita? «Torniamo sempre a lui, a Ezio Triccoli: mi ha iniziato alla scherma che lui apprese in un campo di prigionia in Sudafrica durante la seconda guerra mondiale. Tra le donne metto in cima al podio degli incontri più toccanti quello con Beatrice “Bebe” Vio, la fiorettista della nostra Nazionale paralimpica che non ha mai smesso di far comprendere al mondo che si può sorridere alla vita, nonostante tutto...». C’è un progetto solidale che le sta a cuore? «In questo periodo sono vicina ad “A.li.ce”, l’Associazione per la lotta all’ictus cerebrale, che nelle donne ha una mortalità doppia rispetto al tumore al seno, ma che per fortuna oggi si può prevenire nell’80% dei casi, semplicemente facendo vita sana e praticando lo sport. Un’altra iniziativa per cui mi sto spendendo molto volentieri è quella del “Laboratorio 0246” che punta alla realizzazione di parchi giochi e spazi ludici dedicati ai bambini per prevenire e combattere la sedentarietà e l’obesità». E nella lotta al doping dove si schiera?«In prima linea ovviamente, e da sempre. Da quando ho iniziato a gareggiare devo dire che i controlli antidoping si sono intensificati tantissimo, ma evidentemente questo non è stato sufficiente. Dinanzi allo scandalo doping dell’atletica russa rimango basita, è una situazione molto triste e dannosa per l’immagine dello sport tutto». Onorevole Vezzali, una volta appeso il fioretto al chiodo cosa farà? «Non c’ho ancora pensato... So solo che vorrei continuare a lungo ad essere al servizio dello sport. Quindi andrò in giro per il Paese e nelle scuole a parlare ai bambini, specie a quelli dell’età dei mie figli». Che futuro sogna per Pietro e Andrea? «Il compito di un genitore non è quello di sognare un “futuro” per i figli, ma far sì che i figli siano in grado di sognare. Personalmente vorrei che Pietro e Andrea riuscissero a cogliere gli obiettivi che si prefiggeranno, così come è accaduto alla loro mamma che è una donna felice e soddisfatta di quanto fatto fin qua».
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