venerdì 4 agosto 2017
Oggi a Londra il giamaicano inizia il suo addio alla grande atletica, con l’obiettivo di vincere ancora una volta i 100 metri e scrivere la storia. Ma in ogni caso avrà cambiato per sempre l'atletica
Il velocista giamaicano Usain Bolt (Ansa)

Il velocista giamaicano Usain Bolt (Ansa)

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Per la recita conclusiva il Lampo brillerà nello stadio che lo ha reso immortale, alla periferia orientale della capitale britannica. Qui, prima dell’assegnazione dei Giochi, sorgeva un’area depressa, preda della malavita. Il parco olimpico l’ha rivitalizzata con nuove vie d’accesso, stazione della metropolitana rimodernata, numerosi edifici dove prima c’era il vuoto. Stratford ha cambiato completamente faccia nell’ultimo lustro, simbolo perfetto dell’eredità olimpica. Il centro commerciale pullula di gente, mentre dentro al parco dedicato alla regina Elisabetta dominano lo Stadio olimpico, oggi casa del West Ham, e l’Orbit, la torre di osservazione in acciaio. Per il debutto casalingo in Premier League, gli Hammers dovranno aspettare settembre, perché nei prossimi dieci giorni lo Stadium ospiterà Usain Bolt e i suoi fratelli.

Cinque anni dopo l’atletica si raduna ancora sul Tamigi. Nel 2012 furono i Giochi olimpici, da oggi l’edizione numero 16 della rassegna iridata. L’impianto, sebbene con capienza ridotta a sessantamila posti, è sempre lo stesso, pista e pedane sono state invece rifatte, con l’azienda piemontese Mondo che ha steso l’innovativo manto Mondotrack WS. È passato un quinquennio dalle notti a cinque cerchi, ma il protagonista è sempre lui, il Fulmine. I Giochi inglesi segnarono la consacrazione di Bolt, che sul rettilineo londinese si trasformò da campione a leggenda. Il Mondiale al via ne segnerà il passo d’addio. L’ultimo atto agonistico del giamaicano sarà diviso tra 100 metri (oggi e domani) e staffetta 4x100 (sabato 12).

Niente 200 per il Lampo, che potrebbe chiudere la carriera superando quota venti medaglie d’oro tra Mondiali e Olimpiadi. Il pallottoliere della Freccia di Trelawny segna otto titoli a cinque cerchi (triplette a Londra 2012 e Rio 2016, doppietta a Pechino 2008 dopo la squalifica postuma della 4x100 per il doping di Nesta Carter) e undici trionfi iridati: triplette a Berlino 2009, Mosca 2013 e Pechino 2015, solo doppietta a Daegu 2011, per via della falsa partenza nei 100. È proprio questo il buco che Bolt vuole coprire prima di smettere. Vincere i 100 metri per essere il primo uomo con quattro ori mondiali nella distanza regina. A quota tre divide il trono con Carl Lewis (1983, 1987 e 1991) e Maurice Greene (1997, 1999, 2001).

Imporsi non sarà facile, perché in stagione Bolt non ha corso più veloce del 9”95 di Montecarlo. Nelle grandi rassegne il caribico dà però il meglio di sé, dimenticandosi dei guai precedenti. Ha fatto così a Londra 2012, quando si presentò ai Giochi battuto dal connazionale Yohan Blake ai Trials, oppure a Pechino due anni fa, quando lo statunitense Justin Gatlin era il favorito. In entrambi i casi a vincere fu Bolt, imbattibile nelle gare che contano. Dal 2008 ad oggi nessuno è stato capace di precederlo nelle finali mondiali e olimpiche.

Più che per i successi e i record (il 9”58 sui 100 e il 19”19 sui 200 resistono dal 2009), Bolt sarà ricordato per il suo essere personaggio. È riuscito a svecchiare il circo conservatore dell’atletica, ad avvicinare i giovani alla pista, a creare un mito da imitare. Le mosse e le occhiate sulla linea di partenza sono il suo biglietto da visita, il gesto dell’arciere dopo il traguardo è il suo marchio di fabbrica, il giro d’onore a piedi scalzi dopo la fatica vittoriosa è il momento più atteso dal pubblico sugli spalti. Bolt ha segnato un’epoca. C’è stata l’atletica prima di lui, l’atletica con Usain e, dalla prossima settimana, l’atletica dopo Bolt. Il passato è stato segnato da duelli infuocati e personaggi che ruotavano di continuo sulla scena. Il presente sono state dieci stagioni in cui Bolt ha abbattuto sprinter a fine carriera, coetanei e giovani rampolli. In un decennio in cui su piste e pedane è deflagrata l’epidemia del doping, il volto di Usain è rimasto candido, nemmeno sfiorato da scandali e fattacci.

Il futuro dell’atletica avrà una grossa incognita, alla ricerca disperata dell’erede. Sarà il canadese André De Grasse, assente a Londra per un problema alla coscia, oppure il sudafricano Wayde Van Niekerk, di stanza a Gemona del Friuli in estate? Al Mondiale gareggerà solo il secondo, alla caccia della doppietta 200-400 che non riesce dai tempi di Michael Johnson. Il futuro di Bolt sarà ancora nel mondo della corsa, magari come assistente dell’allenatore Glenn Mills, ma le sirene del cinema e del calcio stimolano il tifoso del Manchester United, un’ala destra mancata. Per uno reso famoso da smorfie ed espressioni da showman, il mondo dello spettacolo ha sempre le porte aperte. Compirà 31 anni il 21 agosto e spegnerà le candeline nella tana di Kingston insieme a mamma Jennifer e papà Wellesley, al manager irlandese Ricky Simms e al factotum Nugent Walker. Prima di festeggiare dovrà però completare il lavoro: «Il più veloce del pianeta sono ancora io. I 100 saranno miei, voglio chiudere da imbattuto ». Appuntamento domani alle 22.45 italiane, quando gli occhi del globo saranno tutti per Usain. Per gli altri ci sarà tempo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA Atletica Domani il giamaicano inizia i suoi Mondiali d’addio alla grande atletica, con l’obiettivo di vincere ancora una volta i 100 metri e lasciarsi alle spalle leggende come Lewis e Greene ARCIERE La caratteristica posa d’esultanza di Usain Bolt, qui “messa in scena” alle Olimpiadi di Rio 2016

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