venerdì 23 maggio 2025
L'assegnazione perché il sacerdote ha "collegato l’astronomia alla coscienza collettiva, utilizzando il cielo profondo non solo a fini scientifici, ma anche per la crescita culturale ed educativa"
Don Luca Peyron

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Lo hanno scoperto i ricercatori dell’Osservatorio astronomico di Campo Imperatore e di Torino nel 2002: si tratta dell’asteroide, inizialmente chiamato 114772(2002NM5). Ora questo oggetto celeste da pochi giorni ha assunto una nuova denominazione ufficiale: Luca Peyron. L’assegnazione al sacerdote, scrittore e cofondatore del Servizio per l’Apostolato digitale dell’arcidiocesi di Torino ha una motivazione precisa. Secondo la commissione ha «saputo collegare – si legge nel documento di intitolazione – l’astronomia alla coscienza collettiva, utilizzando il cielo profondo non solo a fini scientifici, ma anche per la crescita culturale ed educativa».

Un attestato importante, un indubbio riconoscimento internazionale che nasce dall’attività scientifica e divulgativa condotta in questi anni da don Peyron. Infatti, le ricerche del sacerdote, già docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e consigliere scientifico dello Human Technology Lab dell’Ateneo, sono sempre state finalizzate al tenere insieme discipline e ambiti diversi. Una costruzione significativa di progetti e idee che uniscono in modo interdisciplinare scienza, ricerca del senso, fede e spiritualità. «Quel pezzetto di cielo che ora porta il mio nome – spiega il sacerdote – mi dice ancora una volta quanta bellezza c’è sopra di noi che ci permette di realizzare opere a beneficio dell’umano. Il mio riconoscimento agli astronomi Maura Tombelli e Fabrizio Bernardi che si sono fatti parte attiva con l’Unione astronomica internazionale per questa carezza che mi spinge a continuare per il bene comune».

Il riconoscimento è arrivato anche in un momento in cui don Peyron ha in libreria una nuova sua opera. Un libro dal titolo Sconfinato. Nuove cronache di Cieli Sereni (Edizioni San Paolo, pagine 176, euro 15,00). Nel volume Peyron torna a raccontare il cielo attraverso il suo fedele telescopio, con uno sguardo che è al tempo stesso tecnico e contemplativo, teologico e poetico. Lo fa con la consapevolezza del giurista e del teologo, la passione dell’astrofilo e la sensibilità del pastore d’anime. Soprattutto al lettore e all’appassionato del cosmo, chiede: «Può essere che la terra sia così pesante perché non abbiamo ancora visto come il cielo la possa far germogliare? Notte dopo notte, luogo dopo luogo, potremo così scoprire che la meraviglia del cielo sopra di noi, oltre a farci vivere in modo diverso la fede dentro di noi, ci aiuta a ripensare la terra sotto di noi».

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