
Un'antica taverna a Pompei - WikiCommons
A Pollentia (Maiorca), una fossa collegata a una taberna ha restituito un ricco assemblaggio faunistico (I sec. a.C.–I sec. d.C.), con abbondanti resti di tordi bottacci. L’analisi zooarcheologica ha rivelato la preparazione e il consumo di questi uccelli come cibo comune, sfidando l’idea che fossero esclusiva dell’élite. Lo studio – frutto di un lavoro di Alejando Valenzuela pubblicato su "International Journal of Osteoarchaeology" e sostenuto dal Ministero della Scienza e dell’Innovazione delle Baleari – ha evidenziato infatti il ruolo del cibo di strada nella dieta urbana romana, analizzando resti trovati in una latrina della tavola calda, suggerendo quindi che questi uccelli venissero cucinati interi e fritti in olio, simili alle moderne ali di pollo.
Il ruolo degli uccelli nella dieta e nella cultura romana ha ricevuto negli anni crescente attenzione in recenti studi zooarcheologici e storici, con particolare attenzione al ruolo economico, culinario, ma anche simbolico, nelle pratiche sociali, religiose ed economiche. Storicamente, fonti come Plinio il Vecchio e Marco Gavio Apicio descrivevano i tordi come un piatto di lusso, spesso ingrassati con fichi e serviti con salse elaborate, tuttavia, le nuove prove archeologiche indicano che erano venduti in locali simili ai fast food odierni, e consumati da persone di ogni classe sociale.
Lo studio in questione è partito proprio da questi locali, che erano dotati di un bancone con anfore incassate per la vendita di cibo e bevande; in particolare lo studio si è concentrato sulla fossa dei locali, profonda quasi quattro metri, che serviva come sistema di drenaggio per i rifiuti organici. Il suo riempimento ha restituito un ricco insieme faunistico comprendente resti di mammiferi, pesci, rettili e soprattutto uccelli, con un’alta concentrazione di tordi. L’assenza di tracce di predazione e lo stato di conservazione hanno di conseguenza indicato un consumo umano diretto.
L'analisi dei resti provenienti dalla fossa biologica è stato condotto presso il Mediterranean Institute for Advanced Studies, utilizzando un approccio morfologico e biometrico. I resti rinvenuti nella fossa hanno presentato caratteristiche morfologiche compatibili con i passeriformi, in particolare con il genere Turdus, identificabile per il becco concavo. Le analisi biometriche hanno confrontato misurazioni scheletriche con quelle di specie attuali, evidenziando che il tordo bottaccio (Turdus philomelos) è l’unica specie a non mostrare differenze statisticamente significative in nessuna delle variabili analizzate, risultando quindi la corrispondenza più probabile.
Il materiale della fossa inoltre ha evidenziato un’elaborazione culinaria mirata, con predominanza di elementi non carnosi (cranio, ossa distali) e assenza di porzioni carnose, suggerendo scarti da preparazioni alimentari. Gli sterni frammentati, privi di segni di cottura, indicano poi una rimozione funzionale durante la preparazione, forse per facilitare cotture rapide come la frittura. Il commercio e la preparazione standardizzata, inoltre, secondo lo studio sono compatibili con la vendita al dettaglio o il cibo di strada, il tutto rafforzato dalla somiglianza con tecniche culinarie mediterranee ancora in uso.
L’evidenza di uso stagionale dei tordi, infine, contrasta con il consumo elitario fuori stagione, dove i tordi – secondo le fonti letterarie – venivano allevati, ingrassati e serviti nei banchetti come segno di prestigio. Studi etnografici moderni suggeriscono che la caccia stagionale poteva fornire anche un reddito complementare ai piccoli commercianti. I tordi quindi rappresentavano non solo una risorsa alimentare ma anche un’integrazione economica per i ceti medi e bassi urbani, in opposizione alle élite.
In conclusione, i risultati di Pollentia mostrano quindi che i tordi, pur legati simbolicamente all'élite, facevano parte della dieta urbana romana quotidiana, rivelando pratiche di consumo più diffuse, commerciali e accessibili di quanto indicato dalle sole fonti letterarie.