
L'azzurra del tennistavolo, Giorgia Piccolin - Remy Gros / Visual Services
L’unica barriera è la rete che divide il campo in due metà uguali. Per il resto parliamo di uno degli sport più inclusivi e praticati al mondo. È la magia del tennistavolo, un gioco senza tempo e senza età conosciuto nella sua versione non agonistica anche col nome onomatopeico di ping-pong (“ping” quando tocca la racchetta e “pong” quando rimbalza sul tavolo). I Mondiali imminenti in Qatar (dal 17 al 25 maggio) riaccendono i riflettori su una disciplina che dà sempre una possibilità a tutti. Non è un caso se fu uno dei primi giochi usati dal neurologo Guttmann, il fondatore delle Paralimpiadi, come terapia riabilitativa per i reduci del secondo dopoguerra. Di fatto il “table tennis” fece la sua comparsa già nei Giochi paralimpici estivi di Roma del 1960. Le origini si perdono nella notte dei tempi, pare che fosse già praticato nella Cina di Marco Polo. Più probabile però l’affermazione nella seconda metà dell’Ottocento nei salotti dell’aristocrazia vittoriana. Ispirato al tennis, si narra che all’epoca fosse una fila di libri a tagliare il tavolo in due e fungere da rete. Mentre un tappo di sughero o una matassa di filo faceva da palla che si ribatteva con il coperchio di una scatola. Decisivo però per il successo del gioco fu nel 1910 il lancio dell’odierna pallina leggera di celluloide (1901). Oggi la Federazione internazionale conta 227 membri in tutto il mondo con Cina e Giappone che dal dopoguerra in poi hanno contribuito enormemente al suo sviluppo.
Il tennistavolo, che dal 1988 è anche disciplina olimpica, in Italia è decollato grazie agli oratori. Del resto un notevole impulso l’ha dato il Centro sportivo italiano (Csi) - che da domani a domenica, organizza a Lecco le finali nazionali - prima della fondazione nel 1964 della Federazione italiana tennistavolo (FITeT). Una passione solida ormai da Nord a Sud, con 32mila tesserati considerando anche gli atleti paralimpici. Gli agonisti sono circa 14mila mentre le donne 2.500. Ben 750 le società distribuite su tutto il territorio italiano. Bacino di reclutamento crescente sono le scuole, grazie al progetto “Racchette in Classe”, in collaborazione con la Federazione italiana tennis e padel. Uno sport davvero per tutte le età, con competizioni internazionali anche over 65. Ed è una delle poche discipline che consente ai paralimpici di confrontarsi e vincere anche con i normodotati senza alcuna differenza di regolamento. Il movimento italiano può contare due campioni paralimpici a Parigi 2024, Giada Rossi e Matteo Parenzan Il tennistavolo è una pratica rivolo conosciuta anche a livello clinico nelle unità di riabilitazione e anche per pazienti affetti da Parkinson o Alzheimer. L’attività paralimpica è suddivisa in base al grado di disabilità: dalla carrozzina (atleti tetraplegici, paraplegici, poliomelitici e ampu-tati), fino al gioco in piedi per disabilità mentali.
Per strada, nei parchi, nelle piazze. Non serve molto spazio, né particolari strutture: basta un ta e una racchetta per scoprine il fascino. Ai Mondiali sarà ancora una volta la Cina, la nazione da battere nello sport preferito già da Mao. Il Grande Timoniere del regime comunista incitava i suoi giocatori a «colpire ogni pallina come fosse la testa del tuo nemico capitalista». E il tennistavolo in piena Guerra Fredda ispirò una distensione clamorosa nei rapporti tra Cina e Usa in quella che è stata ribatezzata come “ diplomazia del ping pong”. L’invito a Pechino della squadra americana del 1971 fu ricambiato l’anno dopo con la visita in Cina del presidente Nixon. Una pagina di storia sottolineata anche in un film famoso del 1994: Forrest Gump.. E chissà se anche oggi uno sport che abbatte le barriere possa ancora smorzare le odierne tensioni internazionali. Al punto da poter dire come Forrest: «Qualcuno disse che la pace del mondo era nelle nostre mani, ma io giocavo solo a ping-pong».