domenica 24 dicembre 2017
Il botanico svedese Kullman ha datato le radici di un abete rosso nel Parco nazionale Fulufjället a più di novemila anni fa. Ogni mezzo millennio nasce un nuovo tronco: quello attuale ha seicento anni
Il "vecchio Tjkko" innevato, nel parco nazionale Fulufjallet

Il "vecchio Tjkko" innevato, nel parco nazionale Fulufjallet

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Vuoi per evitare sprechi, vuoi per amore della natura, vuoi per i costi, gli alberi di Natale dei nostri giorni sono per lo più di plastica. Ma “il vero albero di Natale”, soprattutto secondo la tradizione italiana, dovrebbe essere un picea abies, ossia un abete rosso. Pare che nonostante esistano svariate leggende circa la nascita dell’albero di Natale, la più antica, che risale agli inizi del ’600, vuole che un signore tedesco in visita a Strasburgo vide un albero addobbato con decorazioni fatte di carta, di dolcetti e frutta e ne rimase così colpito da volerlo riprodurre anche in Germania e così iniziò la tradizione. Un’altra leggenda invece, narra di un taglialegna, che rimase così colpito dalla luce della Luna e delle stelle attraverso i rami di un pino ricoperti di ghiaccio che volle riprodurre qualcosa di simile da poter mostrare alla moglie che lo aspettava a casa. Intagliò un piccolo abete, lo decorò ricoprendolo di candeline e tanti nastrini bianchi, come per rappresentare la neve, il ghiaccio e le stelle che aveva ammirato grazie al pino ghiacciato. L’albero risultò così bello e piacque così tanto a tutta la gente del paese che in ogni casa decisero di farne uno uguale. E si potrebbe proseguire con quelle più religiose come quella che vuole che l’abete fosse uno degli alberi del Paradiso Terrestre, ma quando Eva mangiò il frutto proibito, fece appassire le sue foglie le quali si trasformarono in aghi per ritornare a rifiorire solo nella Notte in cui nacque Gesù Bambino.

Comunque siano andate le cose non c’è dubbio che la scelta dell’abete rosso da adornare a Natale non poteva essere che la migliore, vista la longevità. E a tal proposito c’è una storia vera, non una leggenda, che è senza dubbio curiosa. Più di novemila anni fa, quando l’Europa era ancora quasi completamente coperta dai ghiacci dell’ultima glaciazione che proprio allora stava terminando e qua e là alcune aree particolarmente battute dal Sole davano modo alla vegetazione di conquistare propri spazi, in un angolo sperduto della Svezia semi di abete rosso, forse giunti dalla Norvegia, attecchivano tra le rocce.

Da essi sarebbero nati degli alberi molto resistenti dei quali uno è sopravvissuto fino ai nostri giorni. Casualmente è stato scelto per essere datato da Leif Kullman, botanico all’Università di Umeå (Svezia): «Abbiamo trovato il gruppo di alberi nel centro della Svezia, nel Parco nazionale Fulufjället in un luogo che solo per puro caso non è stato interessato dal taglio che interessa le foreste della regione. L’intento era quello di capire come quelle piante fossero in grado di resistere alle severe condizioni invernali dell’area. Tra gli studi eseguiti abbiamo fatto datare al carbonio 14 in un laboratorio specializzato di Miami (Florida) le radici più antiche di una delle piante. Con sorpresa abbiamo appreso che esse hanno un’età di 9.560 anni. La scoperta fa di questo albero, e probabilmente del gruppo a cui appartiene, il più antico abete rosso oggi vivente».

In realtà si tratta del più antico alberoclone vivente e per essere precisi sono le radici ad avere tale età, mentre i tronchi vivono qualche centinaio di anni e poi muoiono. L’attuale tronco ad esempio sembra avere circa 600 anni. Kullman ha chiamato l’albero “Vecchio Tjikko”, in ricordo del suo defunto cane husky. A far compagnia a “Vecchio Tjikko” vi sono una ventina di altri abeti rossi la cui età supera gli 8.000 anni.

In Svezia piante più vecchie di queste sono praticamente impossibili da trovare perché solo pochi decenni prima della nascita di Old Tjikko tutto il Paese era completamente ricoperto da ghiacci. Se “Vecchio Tjikko” è il più antico abete vivente non è comunque il più antico albero clonato in assoluto: il più longevo finora datato è un populus tremuloides che nulla ha a che fare con gli abeti e che vive negli Stati Uniti. Una di queste piante, chiamata Pando, scoperta nel 1968, sembra avere un’età che supera gli 80.000 anni, copre 430.000 metri quadrati ed è anche l’essere vivente che possiede il maggior peso: 6.000 tonnellate. Conta 47.000 steli che continuamente nascono e muoiono dalle radici.

La curiosità porta a chiederci: «Ma qual è l’albero non clone più antico?». Bisogna spostarsi negli Stati Uniti per trovarlo, nelle White Mountains in California. Si tratta di un pinus longaeva (senza un nome proprio) che ha, ad oggi, 5.067 anni. Si può dire che ha vissuto tutta la storia dell’umanità recente, dagli Egizi fino a noi. A ruota vi sono altri pinus longaeva, il “Methuselah” e il “Wpn- 114 Prometheus” che hanno rispettivamente un’età di 4.850 e 4.849 anni.

Ma torniamo al “Vecchio Tjikko” oggi sicuramente sommerso dalla neve del rigido inverno svedese. Ma è proprio in questi giorni e in queste settimane che i suoi rami più vicini al suolo vengono spinti dalla neve fin a contatto con il terreno dove mettono radici pronte a dare vita a nuovi “figli”. Mancano “solo” 440 anni alle 10.000 candeline, un arco di tempo che se l’uomo non interverrà con stravolgimenti ambientali o atti vandalici non è poi così impossibile da coprire visto il tempo che “Vecchio Tjikko” ha lasciato alle spalle. © RIPRODUZIONE RISERVATA Tradizioni Esistono piante negli Usa che hanno anche ottantamila anni e una che si allunga nel terreno fino a 430mila metri quadri, pesa seimila tonnellate e ha 47mila steli DALARNA. Il “Vecchio Tjikko” innevato, nel Parco nazionale Fulufjället

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