venerdì 30 dicembre 2022
Parla l'astrofisica, massima esperta di diplomazia spaziale: «La ricerca nello spazio è laboratorio di convivenza e norme». Nel 2024 un summit sul tema
La capsula Orion, nel corso della missione Artemis I, sorvola la Luna il 5 dicembre scorso

La capsula Orion, nel corso della missione Artemis I, sorvola la Luna il 5 dicembre scorso - Nasa

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«La Luna? Potrà diventare un luogo di pace. Senza confini e senza appartenenze, di fatto è già un luogo simbolo per cooperare tutti assieme». Simonetta Di Pippo è un’astrofisica italiana, da anni dirigente in molte, importanti istituzioni spaziali, che ha le idee chiare sul ritorno alla Luna, ormai imminente. Temi importanti, quelli della diplomazia spaziale, che verranno discussi nel 2024 al “Summit of the future”, che lei stessa ha contribuito a preparare, incentrando il dibattito su come lo spazio sia un bene comune per le future generazioni e sul suo uso a scopi pacifici. E se sulla Terra si continua a fare molta fatica a far sì che la pace possa regnare ovunque, e sempre con conflitti che attanagliano qualche angolo del nostro pianeta, a questo punto si comincia a pensare di cercare la pace altrove: «Lavorando per evitare di andare a fare guerre anche là», ammonisce Di Pippo, che è stata per molti anni a capo dell’Unoosa (Office for Outer Space Affairs – ufficio per gli affari dello spazio extra-atmosferico), organismo Onu con sede a Vienna che si occupa proprio di diplomazia in campo spaziale: «Stiamo per assistere a una accelerazione nelle attività di esplorazione, che riguarderanno soprattutto la Luna, gli asteroidi e Marte. Servono quindi regole chiare sullo sfruttamento delle risorse, sottoscritte da tutti i protagonisti, altrimenti i problemi ce li portiamo anche là».


Con Artemis la strada per il ritorno alla Luna è tracciata

«Ora, con il successo della prima missione Artemis – dice la scienziata italiana – la strada per il ritorno alla Luna è tracciata. Questa volta ci si torna non di passaggio, ma per restarci dapprima con la stazione cislunare Gateway, dove noi italiani siamo fortemente impegnati, e poi con basi direttamente sulla superficie». Ed ecco che entrano nuovamente in gioco i trattati internazionali. «In particolare il Moon Agreement, firmato al momento da 18 Stati membri, che quindi non è sufficiente e che richiede di stabilire ulteriori regole. L’Outer Space Treaty, parla chiaramente di non appropriazione, e pertanto anche se qualcuno ci volesse piantare la sua bandiera, non ne può diventare proprietario».

Un concetto, sottolinea la Di Pippo, intervistata in occasione della recente Giornata nazionale dello spazio (promossa dal Ministero della Ricerca con l’Asi), che ricalca circa la “non appropriazione”, le linee guida del "Trattato dello Spazio" (Outer Space Treaty), quello storico (e unico) del 1967: «La Luna è davvero una grande occasione di pace. Così come lo è stata, e lo è ancora, la Stazione Spaziale Internazionale, che ha visto Usa, Russia, Europa, Giappone e Canada mettere assieme importanti risorse per cooperare assieme nello spazio. E ancora oggi, nonostante tutto ciò che sta accadendo, sulla Stazione vediamo cosmonauti russi lavorare e vivere con grande spirito di collaborazione per mesi in orbita con astronauti americani ed europei».

Lo spazio, quindi unico scenario di pace e cooperazione internazionale nelle missioni con a bordo astronauti: «Certamente. E comunque per la Luna si dovrà stare attenti, perché anche per il nostro satellite naturale ci vuole poco a rompere gli equilibri diplomatici. Ad esempio andranno valutate le operazioni di abitabilità in una determinata regione lunare considerata di grande interesse, sia scientifico che, soprattutto, commerciale per le risorse preziose che la Luna può offrire. Due nazioni, o due team di cooperazione diversi, potrebbero volersi stabilire sulla stessa area».


Non c'è più la "gara" degli anni Sessanta

E oggi, quando si parla di cooperazione spaziale, si pensa anche a Russia e Cina: «C'è un accordo tra russi e cinesi per una esplorazione della Luna firmato lo scorso anno. È un fattore importante, che fa il paio con la cooperazione firmata da 23 paesi al momento per il Programma Artemis. Ma non vi è più la competitività della “gara” come negli anni Sessanta. Il fatto che siano molti i Paesi coinvolti, anziché pochissimi soggetti, fa sperare che si sentirà il prima possibile la necessità di una governance globale».

La Luna rientra appieno nei capitoli, numerosi, della nuova Space Economy, che è anche il titolo di un libro divulgativo scritto da Simonetta Di Pippo, che oggi dirige lo Space Economy Lab della Bocconi a Milano, proprio sul tema: «Ciò che hanno portato a termine i pionieri Armstrong e Aldrin, sino a Cernan e Schmitt dal 1969 al 1972 non è stato altro che un primo, importante passo, fortemente collegato alla Guerra Fredda. Oggi sulla Luna ci si torna non solo perché la Cina ha annunciato che vi andrà nel 2030, ma anche e soprattutto per porre della basi scientifiche e per estrarre dal suolo lunare elementi preziosi da trasferire sulla Terra. Rispetto all’Apollo è cambiato molto: ci torniamo grazie alla cooperazione internazionale e all’apertura con i privati, sempre più competitivi al cospetto delle agenzie governative. Elon Musk con la sua Space X realizzerà un veicolo che porterà fisicamente gli astronauti, donne e uomini, sulla superficie lunare. E già da tempo punta a Marte. Ma poi altre compagnie private verranno coinvolte nel programma lunare e non solo. E già questa cooperazione, che parte dalla Terra, è un buon viatico per fare della Luna davvero il corpo celeste di tutti».

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