venerdì 24 giugno 2022
La Nazionale che 40 anni fa vinse il Mundial raccontata da una squadra di "letterati totali": Giovanni Arpino, Manlio Cancogni, Mario Soldati, e poi Gianni Brera e Oreste Del Buono
Il goleador del Mundial di Spagna, Paolo Rossi, insieme con Franco Causio, sul campo di Segrate nel novembre 1982

Il goleador del Mundial di Spagna, Paolo Rossi, insieme con Franco Causio, sul campo di Segrate nel novembre 1982 - Passoni, Vaccarossa e Piovani

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Estate 1982, quella del mitico Mundial di Spagna che vide il trionfo degli Azzurri. Claudia Mori, con sottofondo del consorte, il “Molleggiato” Adriano Celentano, canta la hit tormentone Non succederà più. E questo potrebbe essere anche il titolo della breve storia, vista dalla tribuna stampa degli stadi di Spagna ’82. Sì, forse, non succederà più che la Nazionale di calcio italiana venga seguita da un’altra formazione altrettanto competitiva, formata da autentici campioni della bella scrittura. I più tecnici e direttoriali Mario Sconcerti e Italo Cucci, con i quasi “debuttanti”Gianni Mura e Darwin Pastorin, fin dal ritiro azzurro di Vigo marcavano a uomo quella pattuglia di scrittori in trasferta, arrivati avventurosamente nella terra dove Hemingway, dopo aver scritto di guerra, aveva romanzato la tauromachia con Fiesta. E fiesta fu anche per l’Italia. Giorni caldi, da estasi e tormento per le sorti della Nazionale silente del “Vecio”, il ct Enzo Bearzot, per ognuna di queste penne acuminate che provarono a stupire i lettori dei quotidiani che li avevano assoldati profumatamente e spediti sul fronte spagnolo nel ruolo di inviati. I «letterati totali», chiamava i suoi illustri colleghi lo scrittore versiliese Manlio Cancogni, inviato per il “Giornale”, Premio Strega nel 1973 con il romanzo Allegri, gioventù. Alla finale del Santiago Bernabeu, il 13 luglio di quarant’anni fa, i taccuini inchiostrati di emozioni e il ticchettio fosforoso delle macchine da scrivere di questi letterati idealmente spinsero l’Italia di “Pablito” Rossi al terzo trionfo iridato. «Io li guardavo dalla mia minestra e pensavo.

Erano tre tra i più grandi scrittori e giornalisti d’Italia. E si detestavano sinceramente, direi di più visceralmente », ricordava Sconcerti osservando a distanza di sicurezza il lavorio prosaico da “calciolinguaggio” che stavano confezionando Cancogni e i due ex fratelli d’Italia, Giovanni Arpino inviato a che lui del “Giornale” di Montanelli – che sulla Nazionale aveva già prodotto il romanzo manifesto Azzurro tenebra – e lo scriba massimo del folber Gianni Brera alla conquista di Madrid su ordine della “Repubblica” di Eugenio Scalfari. “Ex fratelli”, perchè Brera fino al momento della rottura considerava Arpino «il mio nobel personale ». Premio Strega 1964 anche Arpino con il romanzo All’ombra della collina. Dieci anni prima lo Strega era andato a Mario Soldati con Le lettere da Capri. Ispiratissimo il narratore e regista Soldati era in missione spagnola per conto del “Corriere della Sera”, e di ritorno dalla patria di Cervantes e del vino Rioja, avrebbe poi scritto ah il Mundial!. Battitore libero e sognatore quanto il “suo” Snoopy, tra loro figurava anche lo storico direttore e fondatore del settimanale “Linus”, Oreste del Buono. Per disquisire di calcio (milanista e riveriano, autore di Un tocco in più e Dalla Corea al Quirinale scritti con l’abatino Gianni) aveva accet- tato l’incarico speciale de “La Stampa”. «Io, inviato in Spagna senza intuire nulla», disse umilmente l’Oreste, intellettuale immenso che tra le altre cose aveva fatto conoscere all’Italia i Peanuts di Charles Schulz.

Mentre tutti i membri di quella squadra di “pensatori per i piedi” si prendevano assai sul serio O.D.B, da zio italiano di Snoopy, chiosava ironico al triplice fischio della finale: «Bearzot non ha sbagliato un nome, una marcatura, una mossa. Mi rendo conto che sto scrivendo fregnacce. Smetto, è la notte di un vero trionfo nazionale. In Italia, mi dicono, sta avvenendo qualcosa che rassomiglia a tutte le feste nazionali messe insieme, il 24 maggio, il 28 ottobre, il 25 luglio, il 25 aprile e così via, poi domani ci sveglieremo da questo sogno vero davanti a una realtà anzi un’irrealtà di merda. Non abbiamo una lira. Pazienza, facciamo durare questa notte. Non dovrebbe passare mai…». Sembra una pagina orale di Beppe Viola, il più grande fuoriclasse dei cronisti partoriti da mamma Rai Sport, il quale dal 1977 fino alla morte, il 17 ottobre 1982, scrisse sulle pagine di “Linus”. Ecco, non succederà più... che anche Snoopy, come quella notte di luglio dell’82, prima di andare a dormire sopra la cuccia, indossi la maglia azzurra osservando le sue 11 stelle fisse, Zoff, Gentile, Cabrini, Oriali, Collovati, Scirea, Conti, Tardelli, Rossi, Antognoni, Graziani.

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