martedì 6 settembre 2022
Il patron rossoblu italo-canadese Joey Saputo annuncia l'addio all'allenatore serbo, da tre anni malato di leucemia e simbolo di coraggio e resilienza. Paga i soli 3 punti in classifica
L'ex allenatore del Bologna Sinisa Mihajlovic

L'ex allenatore del Bologna Sinisa Mihajlovic - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

La dura legge del calcio. Sinisa Mihajlovic non è più l'allenatore del Bologna. Da diversi giorni la sua panchina aveva cominciato a scricchiolare, perché nello sport a contare sono sempre e soltanto i risultati. E i tre pareggi e le due sconfitte che dopo cinque giornate di campionato relegano il Bologna nella parte bassa della classifica sono inequivocabili numeri. «Anche se Sinisa Mihajlovic da oggi non sarà più l'allenatore del Bologna – ha detto subito dopo l’annuncio dell’esonero il proprietario del Bologna Joey Saputo, canadese di origini italiane –, questa società e tutte le persone che la compongono saranno sempre al suo fianco fino alla sua completa e totale guarigione e nel prosieguo della sua carriera. È stata la decisione più difficile che ho preso da quando sono presidente del Bologna».

La dura legge dello sport, appunto. E soprattutto di un calcio che ha sempre più a che vedere con ragionamenti economico-finanziari. Ciò detto, a pagare in questi casi è sempre fatalmente l’allenatore. Anche se tre anni fa, il mister in questione aveva commosso tutti con l’annuncio della sua malattia (la leucemia), poche settimane dopo aver salvato il Bologna subentrando in corsa a fine gennaio 2019 a Filippo Inzaghi. Il suo spirito da combattente era stato in fretta inoculato alla squadra e l’impresa salvezza compiuta con 30 punti in 17 giornate e il decimo posto in classifica.

Un’ondata di solidale energia unita a una profonda commozione aveva poi investito tutto il mondo sportivo e non solo quando in pieno ritiro estivo aveva indetto una conferenza stampa catapultando la sua forma acuta di leucemia nel bel mezzo di risibili questioni tecnico-tattiche. Da allora tutti sono stati regolarmente attenti alle sue battaglie personali fatte di cicli chemioterapici, lunghi ricoveri ospedalieri e relative assenze dagli allenamenti e dai campi di gioco. Il suo volto di sofferenze, denti stretti e repentini ritorni e ruggiti ha tinto di universale stima e gratitudine per altri tre campionati tutte le maglie della serie A, non solo quella del Bologna.

Essere allenatore lo ha aiutato a combattere più fortemente la malattia e nel contempo la lotta alla leucemia (passata anche per un trapianto di midollo a fine ottobre 2019) lo ha aiutato a essere ancor più esemplare uomo di sport, con quel suo berretto di lana a nascondere ed esaltare la sfida più dura e cruciale della sua vita. Difficile, difficilissimo, separare Mihajlovic dalla sua malattia, il tecnico dal paziente, per quanto sia stato lui stesso, tempo fa, a dire: «Giudicatemi come allenatore».

Così alla fine è stato, non poteva essere altrimenti. Dopo due giorni di confronti interni la decisione di far calare il sipario sull'avventura di Sinisa a Bologna. Scelta sofferta ma presa nel corso di un faccia a faccia intorno all'ora di pranzo tra l'ad del Bologna Claudio Fenucci, il responsabile dell'area tecnica Giovanni Sartori, il ds Marco Di Vaio e lo stesso Mihajlovic, che avrebbe voluto proseguire l'avventura. Il club, però, ha valutato la parabola discendente iniziata lo scorso gennaio: 24 partite di campionato, 4 vittorie, 10 pareggi e 10 sconfitte, per una media da rischio retrocessione.

«In questi anni abbiamo vissuto insieme a Sinisa momenti bellissimi e dolorosi che hanno cementato un rapporto non solo professionale ma soprattutto umano – continua il patron Saputo ricostruendo questi anni di condivisione di imprese sportive e umane –. Mihajlovic ha affrontato con coraggio e determinazione la malattia fin dal giorno in cui volle rendere pubblico, in una commossa conferenza stampa, il suo stato di salute. Da allora, nonostante i ricoveri in ospedale e i pesanti effetti delle cure a cui è stato sottoposto, è sempre rimasto vicino alla squadra, sforzandosi al massimo di essere in contatto con i giocatori, di persona o in collegamento, grazie anche alla professionalità del suo staff. Il club e la città intera si sono stretti intorno all'allenatore in questa difficile esperienza personale, nonostante Mihajlovic abbia sempre preteso giustamente di essere valutato solo per il suo lavoro. Ora, purtroppo, è arrivato il momento di un cambio di guida tecnica: una decisione sofferta che abbiamo dovuto prendere per il bene della squadra e del club».

E, chissà, forse per il bene dello stesso Mihajlovic. Perché curarsi è gravoso e spesso può richiedere il massimo della dedizione psico-fisica possibile. Sinisa Mihajlovic ha dato lezione di calcio, prima da giocatore e poi da allenatore, ma soprattutto è stato ed è esempio di coraggio e carattere. Ora tocca a lui esonerare la malattia che lo ha trattenuto per la maglia in questi anni obbligandolo a lasciare e riprendere a intermittenza il campo di allenamento. Ora al centro sportivo rossoblu di Casteldebole sarà un altro tecnico a ereditare idealmente quel berretto di lana. Forse l’ex mister dello Spezia Thiago Motta, il più quotato dopo il no di Roberto De Zerbi. Ma queste sono questioni di calcio. Il volto che resta è quello di Sinisa, con le sue pieghe che sono il segno della lotta dell’uomo e del campione.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: