giovedì 25 aprile 2019
Il libro di La Rossa ricorda la partita dell’aprile 1944 tra i soldati della Wehrmacht e i partigiani sarnanesi. Una gara organizzata e diretta eroicamente dall’arbitro Mario Maurelli
L’arbitro Maurelli sullo sfondo dell’illustrazione di Lorenzo Conti, tratta dal libro “Eterni secondi” (Einaudi Ragazzi)

L’arbitro Maurelli sullo sfondo dell’illustrazione di Lorenzo Conti, tratta dal libro “Eterni secondi” (Einaudi Ragazzi)

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A Sarnano, da ragazzi si andava di gusto, a sciare, lassù, sulle nevi dei Sibillini. Paolo, il miglior bracconiere di storie della comitiva, una sera in un’osteria del paese raccontò, una di quelle fole che si tramandano da anni dentro quegli ultimi fumosi Bar Sport dei paesi dell’Appenino umbro-marchigiano: la “Leggenda di Sarnano”. Una vicenda di calcio e di Resistenza al regime nazifascista, accaduta in questo borgo del maceratese, (con poco più di 3mila abitanti) nella primavera del 1944. Ma c’è chi dà una data precisa a quell’ennesima sfida da “fuga per la vittoria”, o meglio, fuga per la salvezza: «Il 1° aprile 1944. Campo di calcio del paese alle spalle della chiesa di San Filippo, sabato mattina. I tedeschi sono già in campo, man mano scendono veloci dalle montagne i convocati italiani...», scrive Rosario Esposito La Rossa, giovane autore napoletano oltre che editore e libraio a Scampia nel suo Eterni secondi.( Einaudi Ragazzi. Pagine 180. Euro 14,90 - con le suggestive illustrazioni di Lorenzo Conti - ). Questo è il prologo ai più febbrili 90’ che abbia mai vissuto un piccolo eroe esemplare delle giacchette nere: l’arbitro Mario Maurelli “condannato”, per quel giorno, a vivere come il sottotitolo del libro di La Rossa, Perdere è un’avventura meravigliosa. In questo caso la sconfitta fu un pareggio, forzato. Ma torniamo con la memoria di cuoio a quei giorni bui e sbandati dell’occupazione nazista a Sarnano. Tempi di tornei clandestini, da “campionato di guerra” (quello del ’44, vinto dai Vigili del Fuoco di La Spezia).

Dopo l’8 settembre, Maurelli, già direttore di gara dal 1937, era passato a sostenere i Gap della zona in cui figurava il fratello, Mimmo. «Ex soldato del regio esercito che dopo aver spalato le macerie del bombardamento di San Lorenzo, a Roma, si è rifugiato sull’Appennino insieme ad altri partigiani ed ex soldati», così appare Mimmo in Eterni secondi. Perciò, quando i due ufficiali della Wehrmacht andarono a bussare alla porta di casa Maurelli, l’arbitro era prossimo alla resa, pronto ad andare al patibolo, assieme al fratello. E invece, sospiro di sollievo alla domanda spiazzante, come un rigore: «È lei l’arbitro Maurelli? ». I due tedeschi avevano saputo degli ottimi trascorsi arbitrali e chiedevano il suo appoggio per organizzare una partita di calcio tra la loro formazione e la squadra locale. Un’impresa. La meglio gioventù sarnanese era sparpagliata tra i boschi, rintanata con il fucile sempre carico nelle grotte dei Sibillini con quel che restava della Brigata Val Fiastre guidata dell’eroico Decio Filipponi. Il “Comandante” che, per evitare rappresaglie e spargimenti di sangue di innocenti in paese, conseguenti all’uccisione di due soldati tedeschi, si era volontariamente consegnato al nemico. E il 29 marzo 1944 questo non esitò ad impiccare lo stoico Filipponi. Un’esecuzione che pare venne salutata da un boato da stadio da parte delle truppe della Wehrmacht. Si trattava di un simbolico “gol del pareggio”. Ma gli ufficiali tedeschi per rianimare le proprie schiere pretendevano una vittoria riparatrice sul campo, ma quello di calcio. All’arbitro Maurelli fu intimato di reclutare, anzi «convocare» una formazione degna di quel nome per una partita unica e sicuramente irripetibile. Una sfida da giocare alla morte, quasi certa. «Non accettate, è una trappola! Vi uccideranno tutti», imploravano le madri ai loro figli, specie quelli che se ne stavano in montagna in attesa di colpire ancora l’ex allea- to del regime fascista.

Maurelli riuscì a rintracciare e a convincere un undici regolare del quale farà parte, come richiesto dai tedeschi («a garanzia»), anche suo fratello Mimmo. Il primo uomo al quale l’arbitro intimò di non cedere alla tentazione di battere la squadra tedesca, pena: la fine per tutti. «Se vogliamo salvare la pelle, oggi non dovrete vincere», fu l’ordine tassativo del signor Maurelli. Messaggio non raccolto dal terzino Lucarelli che dopo dieci minuti di gioco crossa al centro per Grattini che non si fa pregare per mettere la palla in rete. È l’1-0. Sul campo di Sarnano scende il gelo. Si va al riposo con la formazione partigiana in vantage gio. L’orgoglio patriottico resiste fiero anche nel secondo tempo. L’arbitro Maurelli allora deve aver guardato continuamente l’orologio con ansia e incrociato lo sguardo rabbioso di suo fratello di tutta quella squadra che vedeva in quella sfida la degna rivincita. «Un gol per il comandante Decio», una vittoria per tutte le vittime di quella assurda guerra fratricida fomentata dalla banalità del male totalitario. A cinque minuti dalla fine, le cronache frammentarie di questa “Leggenda” parlano di uno scivolone volontario. Il buon senso, unito, forse, a un maggior spirito di sopravvivenza rispetto al resto della formazione partigiana, illuminò l’ex soldato Libero Lucarini che accolse l’appello disperato - sussurrato tra un fallo fischiato e l’altro - dall’arbitro Maurelli (che aveva espulso un giocatore per parte) e si lasciò cadere mentre l’ala tedesca si involava in porta. Gol,1-1. Pari, con undici vite salve che se ne scapparono di nuovo e velocemente in montagna. Una delle poche promesse rispettate tra uomini impegnati su fronti opposti in quella seconda guerra mondiale che in Europa causò 55 milioni di morti. Mario Maurelli si asciugò il sudore freddo dalla fronte per lo scampato pericolo e fu l’unico a partecipare al “terzo tempo”, il rinfresco, amaro, offerto dai tedeschi che in cuor loro pensarono di aver ottenuto una mezza vittoria.

Ma il vero, unico vincente di quella giornata era stato solo lui, il signor Maurelli che a guerra finita poté tornare a dirigere partite vere. Novantotto sfide di campionato di Serie A, dalla stagione calcistica 1945-’46 fino al ’57-’58. Un arbitro internazionale, autorevole e stimato che sorrideva nel ricordare di quella volta a Palermo che in un derby infuocato con il Catania il difensore catanese Marzano «si era “autoespulso”, dopo che lo avevo ammonito e minacciato: “Alla prossima entrata dura scatta il rosso”... Io, però quell’ennesima sua entrataccia non l’avevo vista, ero coperto, ma Marzano sportivamente se ne rientrava di sua sponte negli spogliatoi ». E mentre nel ’56 in Ungheria bruciava la rivoluzione, l’arbitro Maurelli a Napoli uscì scortato da un incendiario stadio del Vomero per aver concesso un rigore (in pieno recupero) al Bologna, per il definitivo e beffardo 3-3 degli ospiti. Ma l’invasione di campo e tutto quello che seguì era poca cosa per un uomo che aveva diretto a testa alta e con coraggio estremo la partita della “Leggenda di Sarnano”. Una storia di “salvati” che, un po’ come il “Giusto” Gino Bartali («il bene si fa ma non si dice») Maurelli non raccontò mai, neppure al suo miglior allievo, l’ex arbitro internazionale Carlo Longhi che lo ricorda come «un maestro di campo e di vita, un punto di riferimento per tutti i direttori di gara della mia generazione». Alcuni dei suoi allievi sono saliti in visita a Sarnano, a quel campo sportivo che ora porta il suo nome, il “Mario Maurelli”, arbitro e gentiluomo volato via, a 86 anni, il 5 settembre del 2000.

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