mercoledì 16 settembre 2020
A 75 anni dall’uscita del libro e a mezzo secolo dal debutto della serie tv, la monella è accusata di essere diseducativa. Parla l’attrice Nilsson che l’ha interpretata
Il telefilm “Pippi Calzelunghe”, ispirato all’omonimo romanzo, ha debuttato in Italia 50 anni fa

Il telefilm “Pippi Calzelunghe”, ispirato all’omonimo romanzo, ha debuttato in Italia 50 anni fa - Ansa

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Una forza della natura che non si piega al conformismo e che porta l’immaginazione al potere (ma senza alcun riferimento politico)? O una monella un po’ ladra, parecchio maleducata, decisamente anti-animalista e semianalfabeta che fa gridare al disastro educativo? Non può essere racchiusa in banali cliché Pippi Calzelunghe, la ragazzina dai capelli rosso-rame, buffa e utopica, a tratti surreale, nata dalla penna della scrittrice svedese Astrid Lindgren. Il libro, concepito nel pieno della seconda guerra mondiale e uscito nel 1945, compie 75 anni. E fin da subito è stato un successo editoriale: 65 milioni le copie vendute in tutto il mondo (di cui 350mila in Italia) e 65 le lingue in cui è stato tradotto.

Dal geniale romanzo ha preso il via la serie televisiva che adesso celebra il mezzo secolo dal suo debutto nella Penisola: era infatti il 6 settembre 1970 quando la Rai mandava in onda la prima puntata di un telefilm destinato a conquistare intere generazioni di spettatori e a diventare un “evergreen” del piccolo schermo. Grazie agli ideali di libertà, creatività, autonomia e felicità che la storia fa toccare con mano. Ma anche grazie al volto lentigginoso e magnetico di Inger Nilsson, esordiente di 10 anni quando vennero girate le puntate e oggi attrice di 61 anni che, nonostante alcuni titoli e persino un reality show, resta legata alla vispa ribelle che viveva in compagnia di un cavallo bianco a pois neri, chiamato da lei “zietto”, e di una scimmietta, il “signor Nilsson”. «Quando il libro divenne famoso – racconta l’interprete –, in Svezia c’era chi sosteneva che non si dovesse leggerlo perché era diseducativo. Anche l’uscita della serie tv è stata accompagnata da diverse proteste: si biasimava il fatto che la televisione portasse nelle case un personaggio che, come nel romanzo, rappresentava un esempio negativo per i bambini. Non ho mai condiviso questa concezione». L’attrice fa una pausa. «Mi piace l’idea che Pippi possa essere l’antesignana di Greta Thunberg, l’attivista che invoca per il mondo un futuro nel segno dello sviluppo sostenibile. Entrambe sono svedesi, hanno le trecce, non hanno paura di dire la loro di fronte agli adulti che magari non li capiscono. Aggiungo, però, che Astrid Lindgren ripeteva spesso che l’intento del suo libro era soltanto quello di intrattenere i bambini, non di fare politica o di proporre una visione sociale. Si tende a leggere troppo tra le righe e a individuare significati reconditi che non penso ci siano».

Eppure il volume è stato accusato di essere politicamente scorretto e di avere venature razziste. Il motivo? I bambini della tribù nera dei Cip-Cip vengono descritti secondo lo stereotipo del buon selvaggio e il padre di Pippi come il “re dei negri”: così nel 2002 il ministro tedesco Kristina Schröder aveva annunciato di voler edulcorare i concetti discriminatori presenti – a suo dire – nel testo. Inger Nilsson ha conosciuto bene l’autrice di Pippi, morta a Stoccolma nel 2002. «Astrid era una donna sensibile e affascinante – rivela –. Veniva spesso sul set. Ad esempio era stata sua l’idea di trasferire alcune scene alle Barbados o a Dubrovnik in Croazia e non limitarci soltanto all’isola svedese di Gotland dove le puntate si svolgevano. C’era stata in vacanza e aveva suggerito le location alla produzione. Ogni volta che la incontravo mi faceva sentire speciale, al centro dell’attenzione. Sono felice di essere stata sua amica».

Per festeggiare il doppio anniversario di Pippi il canale per ragazzi e genitori del gruppo De Agostini, DeAJunior (Sky 623), ripropone dal lunedì al venerdì alle 9.10 le puntate della serie. E ha lanciato una maratona no-stop durante la quale è stato trasmesso il documentario Ecco sono qui. In viaggio alla scoperta di Pippi Calzelunghe realizzato nel 2010 a Stoccolma. «Mi sorprende ancora che il telefilm continui a essere così amato – afferma l’attrice –. La funambolica bambina che ho interpretato ha davvero un afflato universale. Il suo continuo ricorso alla fantasia è la carta vincente. E poi c’è il messaggio che Pippi manda a chiunque: è l’invito, direi il monito, a essere se stessi, a non cedere alle spinte omologatrici. Già i suoi vestiti lo dicono: indossa un abito decisamente originale che si è cucita da sola; le scarpe sono nere ed esattamente il doppio dei piedi; ha un paio di calze lunghe, una marrone e l’altra nera». Il boom televisivo aveva sorpreso la produzione. «I trionfi negli ascolti avevano superato ogni più rosea aspettativa – ammette Inger –. Del resto si basava su un libro già celebre e poi era una serie a colori negli anni in cui proprio il colore stava cambiando il volto della televisione».

La piccola peste è uno dei simboli della Svezia targata anni Settanta? «Direi di sì. Magari insieme agli Abba». La popolarità precoce ha segnato la vita di Inger Nilsson. «Da bambina mi fermavano per strada o venivano a suonarmi alla porta di casa. Sono sempre stata assediata dai fan. Da adulta ho dovuto lottare con i registi: in molti non volevano lavorare con me perché dicevano che il pubblico mi avrebbe sempre associata a Pippi». Dal 2006 interpreta un medico legale nella fiction tedesca Der Kommissar und das Meer e la nuova stagione sarà girata nella stessa isola di Pippi. Ma che fine hanno fatto gli altri due baby-protagonisti della serie, ossia Tommi – al secolo Pär Sundberg – e Annika, vale a dire Maria Persson? « Ci sentiamo ogni tanto. Ed entrambi vivono in Spagna».

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