martedì 6 ottobre 2020
Con Dante Claudel ha trovato un colloquio rigeneratore che ha profondamente inciso sulla sua poesia e sulla vita
Paul Claudel (1868-1955)

Paul Claudel (1868-1955) - -

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La poesia di Dante ha esercitato, lungo i secoli, un largo influsso sulla letteratura francese e, tra i poeti del Novecento c’è sicuramente Paul Claudel. Non soltanto nel senso che Dante è stato per lui, come per tanti altri, una fonte inesauribile, ma anche nel senso che con Dante Claudel ha trovato un colloquio rigeneratore che ha profondamente inciso sulla sua poesia e sulla vita. Le ragioni di fondo di questa ideale corrispondenza interiore vanno ricercate innanzitutto nella sua Introduction à un poème sur Dante (settembre 1921), che fa da illuminante commento a quella che alcuni mesi prima era stata la sua Ode jubilaire per il sesto centenario della morte di Dante.

Egli spiega come premessa il perché egli sia uno della ristrettissima cerchia dei grandi poeti che chiama “imperiali”, avendo il carisma teologale della “ispirazione”, accompagnato in grado supremo dalla “intelligenza” e segnato dal marchio della “cattolicità”, che gli permette di offrire «un’immagine e una visione della creazione tutta intera», non secondo un’ottica personale, ma secondo quella di Dio, con cui l’universo delle cose e delle anime riceve la sua pienezza di senso. Ma nel pellegrinaggio attraverso i tre regni della Divina Commedia Dante resta fondamentalmente un poeta in ansiosa ricerca di quell’Amore capace di introdurlo nel regno «che solo amore e luce ha per confine» (Par. XXVIII, 54). Ed è proprio nel segno dell’amore come sapienza, virtù conoscitiva, che si apre l’Ode jubilaire, perché è l’amore che fa valicare all’uomo i confini della sua finitezza e miseria, lo fa uscire da questo mondo di schiavitù, disarmonia e angoscia dove pur deve continuare a vivere, soffrendo. Ma il miracolo della poesia sta proprio nella possibilità di ricreare nello spirito le verità che non passano e che riscattano la materia effimera dell’oggi, proiettandola verso un altrove dove l’uomo riscopre la propria vera identità.

Claudel coglie nel travaglio di Dante il suo desiderio di eterno, la ricerca di una vita superiore, pura, infinita, pur nell’angoscia di dover combattere ostacoli e nemici sempre risorgenti, di dover subire il triste e duro esilio, di dover mangiare amaramente il pane altrui. Ma non cessa la sua ascesa verso un centro unico, dove ognuno è legato agli altri da un solido rapporto di solidarietà, che è garanzia di pace. Ad un certo punto, le questioni particolari non esistono più singolarmente. Questo è il momento in cui Claudel sembra fondere la sua anima con quella di Dante, scopre che «la gioia esiste», che la «Beatrice dei giorni eterni» accompagna, rimprovera, ma anche incoraggia Dante a salire in alto, per raggiungere con lei la bellezza e la grazia del Paradiso, per condividere il suo Amore, la «vittoria di Dio». Nella poesia di Claudel si coglie, tra palpiti e fremiti di sentimenti e passioni, la tensione ascensionale che anima la Commedia. E questo anche perché il viaggio di Dante evoca al poeta francese l’itinerario della sua stessa conversione (in quella memorabile notte del 25 dicembre 1886 nella cattedrale di Notre-Dame). Di fatto, per il dono di quella poesia immortale in cui – come scriveva Maritain – si raccolgono tutte le “presenze”, e che per questo rappresenta una sorgente spirituale perenne, anche per Claudel Dante è stato un insostituibile alimento di poesia e di vita.

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