venerdì 15 ottobre 2021
Lo scrittore spagnolo al Salone del Libro: «Quel che davvero conta non è rispondere all’unica domanda decisiva, “chi sono io?”, ma tenere la tensione di questo interrogativo»
Lo scrittore spagnolo Pablo d’Ors

Lo scrittore spagnolo Pablo d’Ors - courtesy Vita e Pensiero

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Nei padiglioni del Lingotto la luce non manca, complice anche il consistente distanziamento tra uno stand e l’altro. Quanto al silenzio, non resta che rassegnarsi: almeno nel fine settimana (inaugurata ieri, la manifestazione chiuderà lunedì) al Salone internazionale del Libro il rumore è destinato a crescere. Anche questa è la Vita Supernova che ritorna, secondo l’auspicio che fa da titolo all’edizione di quest’anno, la prima dopo il lungo blocco forzato della pandemia. Proprio qui, e proprio nella giornata clou di domenica, Pablo d’Ors presenterà il suo nuovo libro, Biografia della luce ( Vita e Pensiero, traduzione di Massimo Marini, pagine 532, euro 25,00: l’incontro si terrà alle ore 12 in Sala Azzurra). Quella torinese è una delle tappe del viaggio che, a partire da oggi, porterà il sacerdote e scrittore spagnolo anche a Vimercate, Milano e Bergamo (per i dettagli: www.vitaepensiero. it). L’occasione è fornita da quella che l’autore definisce «una lettura mistica del Vangelo», esito di un percorso del quale fanno parte Biografia del silenzio, L’oblio di sé (un romanzo che reinventa la vita di Charles de Foucauld) e l’autobiografico Entusiasmo, tutti pubblicati in Italia dalla casa editrice dell’Università Cattolica. Biografia della luce occupa però un posto a sé. «Perché nasce dalla mia esperienza di silenzio meditativo», dichiara d’Ors, nato a Madrid nel 1963 e consultore del Pontificio Consiglio della Cultura.

Si è trattato di un percorso lineare?

Il cammino dal silenzio dalla luce, e dalla purificazione all’illuminazione, è lungo e sinuoso, oltre che tormentato. Nella mia vita c’è stato un momento in cui, perso nell’oscurità, ho avvertito l’urgenza di una mappa che mi guidasse. Ed è così che ho ritrovato i Vangeli. Dopo venticinque anni di sacerdozio, ho cominciato a leggere la Scrittura in una chiave insolita, che mi era completamente nuova. Una scoperta straordinaria.

Eppure molti elementi affioravano già dai suoi libri precedenti.

Tutto quello che ho scritto è sempre andato in cerca della luce, compresi i miei primi titoli, apparentemente più mondani e trasgressivi. Che sia narrativa o saggistica, la letteratura deve sempre rendere giustizia alla realtà, nella quale le ombre non sono meno frequenti della luce. Ma come parlare dell’oscurità in modo luminoso? Questa, per me, è una sfida molto più impegnativa del limitarsi a parlare della luce. La luce, in sostanza, non è altro che un’ombra illuminata. La convenzione di distinguere l’interno dall’esterno vige ancora, eppure non c’è dubbio che senza deserto (è il nome cristiano del silenzio) non si dia ascolto autentico, né autentica visione. Abbiamo bisogno di mondare la vista, l’udito e il cuore per diventare tramite dello splendore del Reale.

In Biografia della luce la cronologia dei Vangeli viene profondamente rimodulata: come mai questa scelta?

A differenza di quanto fanno quasi tutti gli interpreti, ho voluto concentrarmi sulla spiritualità, non sulla storicità. La mia è una lettura sapienziale, mistica, simbolica, allegorica e altro ancora, ma di certo non storicocritica. Ho molto rispetto per il lavoro degli storici e dei filologi, ma sento che non nutre la mia anima. E invece è l’anima che mi interessa, la sete di essere mia e dei miei contemporanei. Il lettore di Biografia della luce non mancherà di riconoscere una logica spirituale nella successione dei capitoli e nella struttura di ciascuno di essi. L’argomento del mio racconto è quello che accade in un’anima che intraprende una ricerca spirituale seria e rigorosa.

Qual è il rapporto tra conoscenza di sé e comunità?

La Chiesa postconciliare ha giustamente insistito molto sulla comunità. La mia, nondimeno, è una prospettiva prevalentemente individuale. Sono convinto che ciascuno debba confrontarsi anzitutto con sé stesso e che nulla di grande possa nascere al di fuori della solitudine. Naturalmente questo non significa che durante il cammino non si incontrino gli altri. La solitudine non va confusa con l’isolamento. L’unico modo di perseverare nel percorso spirituale consiste nella condivisione frequente. Se attraversiamo il deserto senza guida e senza carovana, è molto probabile che finiamo per perderci. Non possiamo andare verso quello che siamo se non in compagnia di quello che siamo. Solo chi è in grado di dire “io” saprà dire veramente “noi”.

Una lettura di questo tipo si rivolge anche ai non credenti?

Il Vangelo è per tutti. Cristo è per tutti. Gesù di Nazareth non parlava solo alla comunità dei credenti, ma agli uomini e alle donne di buona volontà. Nel mio piccolo, cerco di fare altrettanto. I destinatari di Biografia della luce sono i cercatori di spiritualità, indipendentemente dal fatto che si riconoscano in una confessione religiosa o si dichiarino agnostici. Viviamo in una società nella quale essere cristiani è diventato qualcosa di politicamente scorretto. Nello stesso tempo, è sorprendente vedere come si vogliano recuperare tanti elementi del cristianesimo per tornare agli aspetti fondamentali dell’esistenza, dove tutti possiamo ritrovarci, al di là di ogni circostanza specifica.

Il problema di Dio è di nuovo attuale?

Dio non è un problema: Dio è un’esperienza. È l’esperienza della veglia, della vita o comunque la si voglia chiamare. Questa percezione di una presenza (di Dio, della persona amata…) non ne contraddice l’assenza. Anzi, la comporta. Per me la fede, come l’amore, è l’arte di muoversi tra distanza e vicinanza. Non è mai un possesso, è sempre un’avventura. Per quanto l’idea possa dare fastidio, Dio non appartiene a nessuno: semmai, è Dio che ci sostiene, lasciandosi riconoscere nel momento in cui scompare, come nella cena in Emmaus. Contemplando la sua sparizione poniamo le condizioni per accorgerci della sua apparizione. Detto altrimenti, lo Spirito non si impone mai, si propone sempre. Lo si riconosce dal fatto che rispetta e promuove la libertà dell’essere umano.

La domanda è il linguaggio del Vangelo?

Sì, perché le risposte non sono mai abbastanza interessanti, nella loro pretesa ingenua e grossolana di addomesticare le domanda. La quale, da parte sua, spalanca un orizzonte di riflessione, un paesaggio in cui abitare. Dio è esattamente così: apertura assoluta, ineffabilità, vuoto. Vuoto e pienezza, due facce della stessa medaglia. Da ultimo, quel che davvero conta nella vita non è rispondere all’unica domanda decisiva, “chi sono io?”, ma mantenere la tensione di questo interrogativo. Con serenità, e anche con allegria.

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