mercoledì 7 agosto 2013
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Ci sono due date drammatiche nello sport italiano “ferito a morte” dal doping: il 5 giugno 1999 e il 6 agosto 2012. La prima data, è il giorno in cui a Madonna di Campiglio per ematrocrito alto (52%, appena l’1% oltre il limite di tolleranza) venne arrestata la corsa del “Pirata” Marco Pantani. Non era doping, ma i francesi 15 anni dopo asseriscono - con tanto di commissione scientifica parlamentare -: Pantani prese l’Epo nel 1998 quando vinse il Tour de France (facendo “doppietta” con il Giro d’Italia). La seconda data nefasta e indelebile, invece parla di positività subito acclarata da parte del marciatore Alex Schwazer, campione olimpico a Pechino 2008. «La mia carriera finisce qui», disse all’indomani dell’outing choc - «ho preso l’Epo» - che lo ha costretto al congedo da carabiniere e alla perdita immediata di tutti gli sponsor (la Ferrero in primis). Ma soprattutto per lui, fine della corsa.Quel 6 agosto del 2012 è stato un terremoto per lo sport azzurro. Alex il campionissimo della 50 km, il “bravo ragazzo” per antonomasia, il fidanzatino tenero della campionessa di pattinaggio Carolina Kostner, finito nella rete dell’Epo. Fuori dai Giochi di Londra 2012 e una serie di ammissioni smozzicate, tra lacrime e riflessioni strazianti. «Volevo essere più forte per questa Olimpiade, ho sbagliato... Ho fatto tutto da solo e di testa mia e dunque mi assumo tutte le responsabilità per quello che è successo. Scusatemi». Queste le sue parole in una conferenza stampa che fece il giro del mondo. La nostra atletica da decenni già avara di talenti e priva di stelle luminose, quel 6 agosto si vide spegnere anche l’ultima luce di speranza nel futuro. Il ragazzo di Calice (31 abitanti) che si allenava nei boschi di larici vicino casa, il piccolo “Mauro Corona” della marcia che predicava «impegno, fatica, sacrificio e passione», come uniche strade per arrivare al successo e alla felicità, aveva completamente smarrito la via. La tolleranza zero verso il doping ne ha fatto subito un caso da pena esemplare. Il 23 aprile 2013 il Tribunale Nazionale Antidoping lo ha condannato a una squalifica di tre anni e mezzo. Schwazer teoricamente potrebbe tornare a gareggiare dal 30 gennaio 2016, ma per uno che - per sua ammissione - non sopportava più da molto tempo la fatica del suo sport (che lo aveva reso infelice) ed era costretto a doparsi per restare aggrappato al circo povero dell’atletica, è assai improbabile un ritorno a 32 anni. Orizzonte forse impossibile, se verrà accertato che alle Olimpiadi del 2008 vinse l’oro da “dopato”. «A Pechino ero pulito, lo posso giurare», l’ultima difesa disperata dopo aver dichiarato di essersi iniettato Epo fino al 29 luglio del 2012. Le ombre sulla frequentazione di Schwazer con il professor Francesco Conconi, nel frattempo si sono infittite e hanno generato un nuovo filone d’inchiesta da parte della Procura della Repubblica di Bolzano. Per Conconi si ipotizza un coinvolgimento per doping nel “caso Schwazer” e sulla base di nuovi elementi emersi la magistratura sta scandagliando il periodo 2006-2010. La verità è appannata e l’oro del 2008 luccica sempre di meno.
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