lunedì 16 giugno 2025
Il Papa incantato dalle potenzialità del telescopio spaziale Webb dice agli studenti di astrofisica che partecipano ad un corso di formazione alla Specola: «Nessuna scoperta si compie in solitudine»
Papa Leone XIV mentre incontra i partecipanti della Summer School in Astrophysics alla Specola Vaticana

Papa Leone XIV mentre incontra i partecipanti della Summer School in Astrophysics alla Specola Vaticana - Ansa

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La tecnologia al servizio degli scienziati per svelare i misteri del cosmo. Di questo ne è entusiasta anche papa Leone XIV, che da laureato in matematica ha consapevolezza dell'importanza delle scienze computazionali e non solo, nell'analisi e nella sintesi dei dati raccolti - ad esempio - dai telescopi spaziali. Leone XIV, infatti, è incantato dalle potenzialità offerte dal James Webb Space Telescope (dell'Esa, Nasa e Csa), che, come gli hanno riferito gli astronomi del Vaticano, offre "l'emozione unica di vivere in un'epoca in cui è possibile osservare l'atmosfera di pianeti lontani, assistere alla nascita dei sistemi planetari e persino scrutare l'antica luce delle prime galassie".

"Dev'essere un momento entusiasmante per essere astronomi!", ha detto il Papa incontrando i partecipanti a un corso di aggiornamento per studenti di astrofisica promosso dalla Specola, presso la sua sede nelle Ville Pontificie di Castelgandolfo. Ai futuri scienziati, provenienti da 22 paesi, il Papa ha raccomandato di non perdere mai la consapevolezza che "nessuna scoperta - e nessun cammino formativo - si compie in solitudine. Dalla collaborazione di migliaia di tecnici e scienziati che hanno reso possibile la realizzazione del telescopio spaziale, fino al sostegno delle famiglie e delle comunità di ciascun partecipante, ogni passo in avanti nella scienza è anche un risultato umano, condiviso e solidale".

"Ciò che fate è destinato al bene di tutti noi", ha detto con convinzione agli studenti di astrofisica Leone XIV. "Siate generosi nel condividere ciò che imparate. Non abbiate timore di condividere la gioia e lo stupore che nascono dalla vostra contemplazione dell'universo", ha raccomandato il nuovo Pontefice auspicando che nella sede della Specola gli studenti possano vivere una "esperienza di studio e convivenza non solo arricchente sul piano accademico e personale, ma anche occasione per sviluppare amicizie e forme di collaborazione che favoriscano il progresso della scienza al servizio della nostra unica famiglia umana". Concludendo il suo discorso, Papa Leone XIV ha citato ancora una volta Sant'Agostino evocando il mistero dei "semi" divini nell'armonia del cosmo, sottolineando come la scienza, se vissuta con spirito di servizio e apertura, puo' contribuire realmente alla costruzione di un mondo "più giusto e più pacifico".

La "condivisione" del sapere è alla base, come ha sottolineato il Papa, della moderna ricerca scientifica. L'immagine dello studioso, che svolge da solo il proprio lavoro è totalmente superata, i grandi successi si raggiungono solo con la collazione in team e a livello internazionale. La tecnologia, se usata in modo etico, permette di "aumentare" e di "moltiplicare" le tracce di sapere che sono tutte intorno a noi. O nel cosmo. Spesso si invoca l'enorme numero di granelli di sabbia che coprono le spiagge del nostro pianeta per provare a immaginare l'altrettanto vasta moltitudine di stelle che popolano l'universo. E se qualcuno dei pianeti intorno a queste stelle fosse coperto - o circondato - di sabbia? È l'interessante scenario che emerge da un nuovo studio basato sulle osservazioni di due pianeti extrasolari realizzate, appunto, con il telescopio spaziale James Webb (JWST), i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista "Nature". I pianeti in questione orbitano attorno alla stella YSES-1, un giovane sole con un'età di appena 16,7 milioni di anni, che si trova a circa 300 anni luce dal nostro Sistema solare. Osservando direttamente la luce di questi esopianeti, un gruppo di ricerca internazionale guidato dall'astrofisica Kielan Hoch dello Space Telescope Science Institute di Baltimora, negli Stati Uniti, ha scoperto che l'atmosfera di uno dei due pianeti contiene nubi di silicati, composte da minerali che le conferiscono un colore rossiccio. L'altro pianeta del sistema, invece, appare circondato da un disco circumplanetario, anch'esso formato da silicati, dal quale potrebbero in futuro prendere forma corpi più piccoli, come ad esempio delle lune.

E ancora: quasi 800.000 galassie e un salto indietro nel tempo di 13,5 miliardi di anni: è l'incredibile foto, la più grande e dettagliata di sempre, scattata dal telescopio spaziale James Webb. Si chiama Cosmos-Web Field, è una riedizione della celebre Deep field scattata da Hubble nel 2012 ma è oltre 250 volte più grande. A comporla, usando immagini scattate per ben 255 ore, è stata una collaborazione di ricerca internazionale guidata da Caitlin Casey, dell'Università della California a Santa Barbara, e Jeyhan Kartaltepe dell'Istittuo di Tecnologia Rochester a New York.

L'immagine appare come una semplice foto del cielo stellato ma ingrandendola si entra letteralmente dentro, ogni punto bianco si trasforma in galassie e anche i luoghi più scuri gradualmente svelano la presenza di oggetti cosmici di ogni forma e colore. Questa è l'immensità dell'universo catturato in una sola immagine che fa apparire le analoghe foto scattate dal telescopio Hubble come delle semplici immagini del cielo buio. "Se avessimo una stampa del Campo Ultra Profondo di Hubble su un normale foglio di carta, la nostra immagine sarebbe leggermente più grande di un murale di 4 metri per 4 metri di larghezza, alla stessa profondità. Quindi è davvero sorprendentemente grande", ha commentato Casey, facendo capire di che "risoluzione" stiamo parlando.

La nuova immagine del cosiddetto campo profondo dell'universo, una tipologia di scatto pensata per cogliere tutti i più deboli oggetti visibili in lontananza in uno specifico punto buio del cosmo, è anche una miniera di informazioni per la comprensione dello stesso. Cosmos-Web Field copre una porzione di cielo poco più grande dell'area di 7,5 lune piene e risale fino a 13,5 miliardi di anni fa, proprio nel periodo in cui l'opaca nebbia primordiale che avvolgeva l'Universo primordiale stava iniziando a diradarsi e comparivano le prime galassie. "E la grande sorpresa è che vediamo circa dieci volte più galassie del previsto", ha aggiunto Casey. In questi primi anni di attività il telescopio Webb sta infatti fornendo nuove preziose informazioni in molti ambiti della cosmologia e anche dati, come l'esistenza di galassie ben prima di quanto ipotizzato dagli attuali modelli che potrebbero portare a riscrivere alcune delle teorie sull'evoluzione dell'universo.

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