venerdì 31 marzo 2023
Al Museo Bilotti in evidenza la raffinata energia e la tenacia dell’artista, che si ispira sempre alla grande storia dell’arte rimanendo però centrato sulla coerenza personale del suo sguardo
Archivio Storico Pericle Fazzini, ph. ©Oscar Savio

Archivio Storico Pericle Fazzini, ph. ©Oscar Savio - Archivio Storico Pericle Fazzini, ph. ©Oscar Savio

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Un percorso nell’opera di uno dei maggiori artisti italiani del Novecento, un viaggio teso e concentrato nella forza e nella tensione creativa di un grande artefice, un dialogo tra natura e cultura concentrato negli spazi luminosi di un museo speciale: la mostra "Pericle Fazzini. Lo scultore del vento" riassume la carriera di Pericle Fazzini (Grottammare 1913-Roma 1987), uno dei più importanti scultori internazionali della sua epoca, capace di donare potenza sacrale a tutti i multiformi versanti della sua opera. L’antologica è curata da Alessandro Masi, in collaborazione con Roberta Serra e Chiara Barbato e la Fondazione Archivio Pericle Fazzini (catalogo De Luca; fino al 2 luglio), e si rapporta in modo efficace con i diversi spazi del Museo Bilotti di Roma, collocato nel cuore di Villa Borghese. L’allestimento dà infatti vita a un rapporto armonico tra l’architettura, il paesaggio e la qualità di un artista capace di trasformare l’elemento naturalistico attraverso le forzature metamorfiche della sua rigorosa visione plastica.

La mostra è organizzata per celebrare i centodieci anni dalla nascita di Fazzini e raccoglie circa cinquanta opere che mettono bene in evidenza la raffinata energia e la tenacia del lavoro dell’artista, che si ispira sempre alla grande storia dell’arte rimanendo centrato sulla coerenza personale del suo sguardo. La retrospettiva attraversa tutto il cammino creativo di Fazzini e parte dai primi lavori degli anni Trenta e Quaranta, come i due capolavori Donna nella tempesta (1933) e Il ragazzo con i gabbiani (1940-1946), ripercorrendo tutti le diverse fasi di una carriera coronata dalla Resurrezione della sala Pier Luigi Nervi (di cui sono esposti i bozzetti), il grande cantiere vaticano voluto da papa Paolo VI, a cui l’artista si dedicò in modo totale, fino allo stremo delle forze. Il percorso espositivo chiarisce bene gli snodi dell’opera di Fazzini, a partire dal suo incontro con la Scuola Romana, dovuto al poeta Mario Rivosecchi che lo ha messo in contatto con artisti come Mafai, Scipione, Mazzacurati, Ziveri e con la gallerista Anna Laetitia Pecci Blunt e la sua Galleria La Cometa.

Pericle Fazzini, Bozzetto per la 'Resurrezione', 1970-1975

Pericle Fazzini, Bozzetto per la "Resurrezione", 1970-1975 - Collezione eredi Fazzini, ph. ©Massimo Napoli

Il contatto con la Scuola Romana chiarisce il fondamento del personale espressionismo di Fazzini, la sua vigorosa concezione antiretorica della scultura, che riemerge nella sua scabra ed essenziale azione sulla materia, affrontata sempre come una lotta poetica che cerca di dare ancora forma al mondo, scavando nell’opacità del reale, distillando l’essenza di una forma luminosa che s’impone nello spazio ricomponendo le sue coordinate. In questo senso è molto interessante la presenza delle opere disegnative attraverso le quali Fazzini progetta e fissa i cardini concettuali della sua scultura, carte che possono essere anche opere autonome segnate da una raffinata leggerezza e da un’elegante sintesi del segno in cui viene ricomposta con pochi tratti la sinuosa grazia delle figure femminili che ritroviamo nella dinamica installazione di bronzetti in mostra. In questo senso le molte opere presenti riescono davvero a trasmettere un senso di movimento e di leggerezza degno dello “scultore del vento”, come Giuseppe Ungaretti, chiamò eloquentemente Fazzini in quel rapporto di amicizia testimoniato dal celebre e splendido ritratto del poeta di cui si può ammirare una versione in bronzo.

Come scrive Federica Pirani, l’artista si è sempre misurato «con le diverse materie, dal legno alla pietra, alla terracotta, pur mostrando una “preferenza per lo scolpire più che modellare”» rimanendo fedele al suo dettato originario: «dare una soluzione plastica anche al più umile, banale, fotografico particolare di forma». Per comprendere il nucleo generativo dell’opera di Fazzini, appaiono pertanto appropriate le parole di Alessandro Masi che in catalogo scrive «spirito e materia sono, dunque, i due punti dell’ellisse su cui gira l’intero percorso figurativo di Fazzini come fosse un universo in espansione originato da un unico punto: la ricerca di Dio». In questo senso la mostra mette bene in luce questo aspetto dell’opera di Fazzini, la sua tensione che aspira sempre a scoprire il nucleo sacrale delle cose: dal dramma archetipo della donna nella tempesta, fino alla figura del Cristo che emerge dal vortice oscuro della Sala Nervi, figura del Risorto che non dimentica il dolore dell’umanità nella sua vittoria sul gorgo del caos e sulle tenebre della morte.

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