
Andrea Kimi Antonelli - Reuters
Tre lettere per indicarlo: AKA, ovvero Andrea Kimi Antonelli, il giovane pilota bolognese della Mercedes che si presenta all’appuntamento sulla pista di casa col peso sulle spalle di dover gestire la pressione enorme di un talento che nelle prime sei gare ha stupito per i risultati ottenuti, come la prima pole position nella gara sprint di Miami e il terzo posto in qualifica nella gara della domenica. E il fatto che non abbia avuto timori riverenziali nei confronti di mostri sacri come Verstappen o Hamilton, di cui ha preso il posto alla Mercedes visto l’approdo dell’inglese alla Ferrari. Un ragazzo, diciotto anni appena, la maturità dietro l’angolo, classe 5 G dell’istituto Salvemini di Casalecchio di Reno, Bologna: « È la cosa che in questo momento mi spaventa di più rispetto al trovarmi a 300 all’ora in mezzo al gruppo alla prima curva» dice divertito e timoroso. Antonelli come Sinner e Lamine Yamal, giovani, sfrontati e di talento che se la giocano senza timori. «Sono senza dubbio un privilegiato – dice – correre in F1 non è da tutti, ci sono arrivato presto, vivo in un mondo dove circolano i soldi delle Case, gli investimenti degli sponsor, trovarmi a scoprire ad esempio nella sede della Petronas a Santena, dove fanno le benzine e i lubrificanti della mia Mercedes, quanta gente lavora, si impegna, per consentirmi di correre più veloce di tutti, mi fa capire di appartenere a un mondo dorato, ma la mia passione per Ayrton Senna mi ha insegnato che dietro le corse, la ricchezza e quello che circola, c’è tanto di più, perché c’è un mondo fuori dalle piste».
Ha parlato di Senna, suo idolo, ma in che modo l’ha plasmato?
Non solo Ayrton Senna, ma anche Michael Jordan che mi ha fatto appassionare al basket ma ovviamente i miei idoli sono i miei genitori. Ayrton non solo per il pilota che è stato, ma per la persona che è stata fuori dalle corse. È incredibile quello che ha creato. Sono andato a San Paolo in Brasile, l’anno scorso, e ho visto cosa ha creato la Fondazione Senna coi bambini, per tutti quelli che non potevano studiare, che avevano bisogno di supporto e aiuto, oppure là dove hanno costruito addirittura delle scuole in quelle parti del Brasile dove non hanno le possibilità di farlo. Questo dice tanto sulla persona che era Ayrton Senna, perché cercava di dare tanto a una popolazione di un Paese che era in grandissima difficoltà, questo mi ha ispirato non solo per il pilota che era ma soprattutto per la persona e i valori che aveva. Tifavo Senna per quello che faceva in pista, l’ho visto solo in Tv e se ripenso a Imola, dove è morto nel 94 e confronto la F1 di oggi, mi corre un brivido al pensiero di cosa fossero capaci di fare. Lui era speciale per il suo credere in Dio, nel trasformare in realtà quella parola aiuto e supporto per chi era meno fortunato. Dopo oltre 30 anni dalla sua scomparsa, vedere in Brasile coi miei occhi il risultato di questo suo modo di intendere la vita fuori dalle piste, mi ha colpito. Fare qualcosa per i deboli, i più sfortunati. È questo che mi spinge fuori dalle piste.
Ha detto che Michael Jordan è stato di esempio, Bologna grande città di Basket divisa fra Virtus e Fortitudo ma lei preferisce il Bologna Calcio, perché?
La cosa che mi ha impressionato di Michael Jordan, raccontato benissimo in un documentario visto su Netflix, è quanto ci tenesse allo sport, a quello che faceva e al tempo che dedicava. È una cosa che mi ha segnato, perché ho capito quanto sia importante essere concentrati, stare sul pezzo e dedicarsi completamente allo sport che si è scelto, come è il mio caso quando corro in pista. Restare sempre concentrati nel mio sport può fare la differenza, ma soprattutto da questi esempi ho imparato e capito quanto sia importante la preparazione lontano dalla pista, la preparazione atletica, quella mentale oltre che fisica, tutte cose che fanno la differenza. I miei genitori sono quelli che mi hanno insegnato tutto e mi hanno fatto diventare la persona che sono diventato oggi, sono i miei tifosi numero 1 e sono contento che mio padre venga a tutte le gare, mia mamma e mia sorella saranno presenti a Imola, sono gli unici che ci sono sempre stati nei miei momenti di crescita e per questo che ritengo siano loro i miei idoli. Mi hanno inculcato i valori della famiglia e ne sono felice.
Cosa migliorerebbe nel team Mercedes di F1? Il suo rapporto con l’ingegnere di pista Bonnington, detto Bono?
Il rapporto col mio ingegnere di pista sta crescendo, lui è molto british, non è abituato alla mia fisicità, visto che gesticolo, lo abbraccio, gli do le pacche sulla spalla in un modo che a lui è del tutto nuovo. Stiamo imparando insieme ed è fantastico, ma ha dei grossi limiti culinari. Gli piace mangiare curry, lo mette dappertutto. Tanto che a Bologna mi ha invitato a cena perché ha trovato un ristorante indiano! A Bologna! Mi sa che qui deve partire l’operazione di convertirlo all’educazione alimentare. Vedo se riesco a portare una teglia di lasagne per tutta la squadra, saranno un centinaio, ma almeno capisce cosa vuol dire mangiare bene, sano, all’italiana, invece che continuare con sto curry che cerca in giro per il mondo. È l’aspetto critico della Mercedes, poco da fare. Devo impormi sulla cucina, io vengo da Bologna, figurati se non so cosa vuol dire mangiare sano, bene e con gusto. Lì mi sa che è la fatica maggiore che devo fare nel team. Poi dopo la teglia di lasagne, vi dico come reagisce Bono, ma mi sa che finalmente capisce cosa vuol dire mangiare bene!