martedì 30 maggio 2023
Si è spenta a 93 anni la diva “involontaria”. Nel 2019 I'ultima intervista in cui raccontava gli esordi a 8 anni con i De Filippo, il lancio con Macario e «gli 11 film con il grande Totò»
Isa Barzizza

Isa Barzizza

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Il parroco di Palau ha reso noto che nella giornata di lunedì si è spenta l’attrice Isa Barzizza che da tempo risiedeva nel comune sardo. Il 22 novembre 2029, in occasione del suo 90mo compleanno, ripercorremmo le tappe del suo affascinante percorso artistico ed esistenziale in questa intervista che è il nostro piccolo omaggio a una grande donna di spettacolo.

Compie 90 anni la diva “involontaria” che racconta gli esordi in teatro «a 8 anni recitavo con i De Filippo» e poi il lancio con Macario e «gli 11 film con il grande Totò», poi un ritiro dettato dal «dolore». Ma una vita sempre vissuta con il sorriso Bella, come una diva di Hollywood, «anche se io diva non mi ci sono mai sentita ». Bionda ed esuberante come Monica Vitti, «grandissima, quanto manca oggi al nostro cinema un’attrice così». Umoristica come la “signorina snob”, «ah Franca Valeri, fantastica. E poi è la madrina di battesimo di mia figlia». Ma fantastica è soprattutto lei, Isa Barzizza. L’eleganza prestata alla fabbrica dei sogni di celluloide. La musa-attrice della nobile ditta comica di Macario e poi del principe della risata, Totò, l’abbiamo scovata nel suo buen retiro in Sardegna («vivo qui da cinque anni»), dove sta per dare inizio alla sua «grande festa» di compleanno. «Sono 90, oggi, 22 novembre, e ho chiamato a raccolta tutti gli amici più cari: vengono da Milano, da Bari, da Roma, e dei parenti da Sanremo, la città dove sono nata e in cui sono sfollata durante la guerra... Scappammo da quella Torino bombardata, con la camicia da notte sotto il cappotto e la paura nel cuore. Poi a Sanremo ci sono tornata per delle fantastiche gite in mare, in motoscafo assieme a giovani amici tra cui Italo Calvino».

Cartoline da Sanremo, che è anche la città che aveva adottato suo padre, il genovese maestro Pippo Barzizza, il primo Pippo “nazionalpopolare”.

Diciamo che ai tempi, gli anni ’30-’40, quanto a popolarità non è stato da meno di Pippo Baudo. Papà era un uomo abitato dalla musica. Ebbe un enorme successo con la sua orchestra Blue Star, un sestetto che girava il mondo suonando 36 strumenti, e poi con l’Orchestra Cetra. Pippo Barzizza è stato tante cose, ma soprattutto un pioniere del jazz in Italia.

E un padre che ha capito subito di avere un altro talento in casa.

A otto anni nella nostra casa torinese già dirigevo il mio teatrino dei burattini e mi esibivo per tutti gli amici di famiglia. Uno di questi disse a mio padre che la compagnia di Elsa Merlini cercava una bambina per un piccolo ruolo e così, l’inverno del ’37 feci il mio debutto al Teatro Carignano. Andai talmente bene che tutte le compagnie che passavano da Torino chiedevano di scritturare la figlia del Maestro Barzizza.

Dopo quella di Ruggero Ruggeri passò anche la compagnia dei fratelli De Filippo...

Eduardo mi chiamò per recitare in ... di Pasquale del Pradoe alla fine dello spettacolo mi riempì di complimenti, e Eduardo sì sa, era uno talmente esigente che se un attore non gli andava a genio lo invitava tranquillamente a cambiare mestiere. A me invece disse che ero molto portata e mi invitò a seguirlo anche a Bologna. Il mio primo viaggio in treno con mia mamma, con albergo e ristorante pagato dalla compagnia: una favola per una bambina...

Ma la vera favola sarebbe cominciata con Macario.

Mio padre provò a dissuaderlo in ogni modo: “Vede Erminio, mia figlia è stata rimandata in terza liceo, non può trascurare gli studi per lo spettacolo”. Aveva posto il veto, ma scappai di casa e alla fine papà si convinse. Ma per stare tranquillo mi mise alle calcagna un “chaperon”, una governante sempre tra i piedi. Come era Macario? Un generale di corpo d’armata, lui e la moglie gestivano una truppa di boys, ballerine e attori in maniera impeccabile. Grande esperienza.

Ma l’esperienza della vita sarebbe arrivata sempre in quella stagione, 1947: debutto sul grande schermo con Totò ne I due orfanelli.

Un genio Totò, con lui ho girato undici film. Un gran signore che ci teneva alla sua nobile riservatezza. Non l’ho mai sentito alzare la voce con nessuno della troupe, trattava alla stessa maniera gli attori come le maestranze. Checco Zalone un Totò dei giorni nostri? No, Zalone mi diverte molto, ma Totò è un po’ il nostro Chaplin, uno che nell’universo dello spettacolo vive in un pianetino a sé stante e noi possiamo solo osservarlo da quaggiù.

Se suo padre ha fatto conoscere il jazz agli italiani, lei ha “portato” il teatro in tv: il 3 gennaio 1954, giorno d’inizio dei programmi Rai, venne trasmesso l’atto unico di Carlo Goldoni Osteria della posta, protagonista Isa Barzizza.

Vero. In teatro ho recitato tanto, e anche con Totò, in Bada che ti mangio. È li che è nata la gag del vagone letto: originariamente durava pochi minuti, poi nelle repliche la portò quasi a un’ora con il pubblico che piangeva dalle risate. Un successo tale che inserì la gag nel film Totò a colori... Ho avuto come compagno di palcoscenico anche un giovane Luca Ronconi... Un grandissimo, anche nell’aver capito che era meglio darsi alla regia, il teatro gliene sarà grato per sempre.

Il cinema e il teatro invece, dopo dodici anni di splendida attività (con oltre trenta film) e di “divismo involontario” persero le sue tracce...

La morte di mio marito, il regista Carlo Alberto Chiesa (aveva portato la pubblicità prima della proiezione dei film nelle sale cinematografiche), mi pose a trent’anni dinanzi a un bivio: proseguire la carriera con un dolore lacerante dentro o dedicarmi all’amore della mia vita, mia figlia Carlotta? Ovviamente ha prevalso la seconda via.

Un ritiro, restando comunque attiva, visto che ha fondato una società di doppiaggio.

Non era come andare in scena e sono stati anni vissuti al buio: entravo in studio alla mattina presto e uscivo alla sera tardi. In compenso ho visto migliaia di film e ho capito che in quel periodo lì gli attori americani erano di un altro livello professionale. Oggi, non saprei giudicare. Certo mi impressiona vedere queste nuove attrici tutte ritoccate dallo stesso chirurgo plastico. Io il lifting? Sono stata una bella ragazza e questo mi ha permesso di diventare un’adulta tollerante verso il tempo che passa.

Cosa le manca del passato?

Non sono una nostalgica, ho sempre vissuto proiettata nel futuro, ma certo l’involgarimento e l’assenza di educazione odierna mi preoccupa e mi offende. E poi il dramma dei femminicidi... Gli uomini non accettano il fatto che le donne d’oggi possano decidere con la loro testa e che sono in grado di essere indipendenti.

Il mondo del cinema è stato inquinato dalle molestie alle attrici da parte di produttori e registi. Lei ha recitato nel film Indovina chi viene a Natale? di Fausto Brizzi, finito anche lui negli scandali combattuti dal movimento di difesa delle donne “Me Too”.

Quando ho appreso la notizia sono rimasta di stucco, Brizzi sul set mi era sembrato un bravo ragazzo e il fatto che sia stato scagionato dalle accuse conferma le mie buone impressioni. Io per fortuna non ho mai avuto avance o proposte indecenti e se qualcuno avesse provato ad allungare la mano, prima gliel’avrei rimessa al suo posto e poi l’avrei seppellito con una risata.

Il suo sorriso dopo l’uscita di scena, piano piano è tornato a risplendere in teatro e al cinema, ed esattamente trent’anni fa riappariva in tv, al fianco di Fabio Fazio nella trasmissione di Rai 3 Mai dire mai

Il programma credo non andò benissimo quanto ad ascolti, ma io mi sono divertita tanto. Ricordo un Fazio preoccupato per il contratto in scadenza, così lo rassicuravo come un figlio: “Figurati, sei talmente giovane e così talentuoso che questo è solo l’inizio della bella carriera che farai”. Mi pare di non essermi sbagliata...

Una curiosità, ma quel nome all’anagrafe di “Luisita” Barzizza è un errore?

Niente affatto. Era stabilito che il primogenito prendesse il nome del nonno paterno, Luigi Barzizza. Mio padre in cuor suo desiderava un maschio e in quel periodo scrisse due canzoni spagnole, una madrilena per l’Orchestra Cetra, così Luisito è diventato Luisita – sorride – Roba da Fifa e Arena, che poi ho fatto con Totò...

La festa sta per cominciare, chissà quanti ancora la fermano per la strada per farle gli auguri e chiederle l’autografo...

Potrei dire quasi nessuno – sorride divertita –. Ma è anche colpa mia che mi sono rifugiata nella bellezza della natura, negli affetti più cari e ho capito presto che le luci della ribalta non sono poi essenziali, anche nella vita di una artista. La morte? Alla mia età non mi fa paura, perché so che in qualche maniera rimarrò qui, magari solo come un granello di questo immenso universo. Mi incuriosisce invece vedere quanto ho contato in quel mondo effimero dello spettacolo. A volte mi chiedo: chissà se quel giorno che vi saluterò per sempre mi riserverete solo un trafiletto o invece un’intera pagina con il mio nome stampato a caratteri cubitali? Chissà...

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