venerdì 9 marzo 2018
Lo scrittore americano, maestro del legal thriller, al Tempo di Libri parla dei suoi “argomenti”. E sulla religione dice: «La tengo per me. Gli autori non devono fare prediche»
Lo scrittore americano John Grisham

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John Grisham parla volentieri dei libri che ha scritto, di quelli che sta scrivendo e anche di quelli che vorrebbe o non vorrebbe scrivere. «La ribellione delle donne contro le molestie? Interessante dal punto di vista legale, ma non credo che sarà mai l’argomento in uno dei miei romanzi», annuncia. Issues, e cioè “argomenti”, “problemi”, “questioni aperte”, è un termine che ricorre abbastanza spesso nella conversazione che l’autore statunitense concede a un gruppo di giornalisti durante il suo breve soggiorno italiano. Oggi alle 19 Grisham sarà infatti a Tempo di Libri, la fiera internazionale dell’editoria che si è aperta ieri al Portello di Milano, per presentare in dialogo con Gianrico Carofiglio il suo ultimo titolo, La grande truffa (traduzione di Luca Fusari e Sara Prencipe, Mondadori, pagine 312, euro 22,00: l’incontro si svolge in sala Brown 3). Si tratta di una storia che, come è accaduto spesso nella sua produzione, rielabora in forma romanzesca uno spunto di cronaca. «Ho un’intera collezione di ritagli di giornale, che riguardano principalmente la sfera giudiziaria – spiega lo scrittore –. A volte me ne servo per la trama principale, ma può capitare che mi limiti a isolare anche un solo dettaglio».

La grande truffa, nella fattispecie, nasce dalla lettura di un reportage nel quale Grisham si è imbattuto nel 2014. «Era un’inchiesta sull’indebitamento degli studenti universitari americani – ricorda –. Sono rimasto colpito e ho subito cercato di capirne di più attraverso una ricerca nei blog in cui molti giovani denunciavano la loro disastrosa situazione. Ho frequentato l’università quarant’anni fa e all’epoca un meccanismo del genere era del tutto impensabile. I miei genitori si sacrificavano per farmi studiare, io cercavo di mantenermi con qualche lavoretto, ma sono arrivato alla laurea senza contrarre alcun debito. Anzi, ho subito cominciato a lavorare e a guadagnare. Per i ragazzi di oggi non è più così. Da quando, con una decisione che considero irresponsabile, il Congresso degli Stati Uniti ha stabilito il principio dell’accesso indiscriminato all’istituzione universitaria, si è creato un circolo vizioso nel quale molti restano intrappolati, accumulando debiti per decine e decine di migliaia di dollari. In prima battuta è lo Stato a erogare il prestito, che serve per pagare la tasse di università spesso tutt’altro che prestigiose, gestite da aziende che a loro volta fanno capo a fondi di investimento.

Il risultato è che, se mai arrivano a laurearsi e a trovare un impiego, questi giovani devono poi spendere cifre esorbitanti per saldare il proprio mutuo, sul quale gli speculatori continuano invece a fare affari d’oro». L’indebitamento degli universitari è una issue, che i tre protagonisti del romanzo affrontano a modo loro, cercando di reagire con l’astuzia al trauma provocato dal suicidio di un amico, anche lui studente e anche lui alle prese con un impossibile «piano di rientro». « La grande truffa è un libro diverso dai miei precedenti – ammette Grisham –, in parte perché non mette in scena un unico protagonista, rendendo così più complesso il racconto, e in parte perché la vendetta escogitata da questi ragazzi coincide con un’attività ugualmente illecita e destinata a sfociare in un finale paradossale e, mi auguro, divertente».

Uno dei personaggi, Zola, è una cittadina statunitense di origine senegalese, i cui genitori vengono espulsi con l’accusa di immigrazione illegale. «È una questione che ho voluto introdurre nel romanzo perché, in questo momento, riguarda moltissime persone, magari residenti nel nostro Paese da decenni e improvvisamente minacciate da un provvedimento terribile – spiega lo scrittore –. Com’è noto, la linea dura sull’immigrazione è stato uno degli elementi che più hanno caratterizzato la campagna elettorale di Donald Trump, favorendo la sua elezione a presidente. Fatta eccezione per questo riferimento, però, ora come ora non mi sento pronto a mettere al centro di un romanzo i temi di un’attualità politica e sociale che offre una sorpresa dietro l’altra. La storia alla quale sto lavorando rimanda semmai agli anni Quaranta ed è ambientata nella stessa immaginaria località del Mississippi che nel 1988 faceva da sfondo al mio romanzo d’esordio, Il momento di uccidere ». Nato nel 1955, Grisham è autore di libri famosissimi, da Il socio a L’uomo della pioggia, da Il cliente a Il rapporto Pelican: trame spesso portate al cinema con successo («Ma ora Hollywood ragiona con criteri del tutto differenti – commenta –, meglio puntare sulle serie televisive ») e ciascuna delle quali è caratterizzata, ancora una volta, da un argomento ben preciso.

«Le ingiustizie sociali mi appassionano da sempre – afferma lo scrittore – e ancora adesso ce ne solo alcune che mi tengono sveglio la notte. So che per altri scrittori non è così, ma per me è impossibile occuparmi di un tema senza andare in profondità. Finisco così per confrontarmi con il funzionamento del sistema giudiziario statunitense, nel quale un organismo ammirevole come la Corte Suprema convive con una serie di contraddizioni e storture ormai intollerabili. Nelle carceri americane, in questo istante, ci sono migliaia di innocenti che non riescono a tornare in libertà. E poi c’è la pena di morte, assurda sul piano giuridico e costosissima su quello ammini-strativo: dibattimenti che si protraggono fino a vent’anni, apparati di sicurezza molto onerosi per gestire i cosiddetti “bracci della morte”… Al di là di ogni altra considerazione, l’abolizione delle pena capitale si tradurrebbe in un immediato vantaggio economico per l’intero Paese».

Due le questioni che stanno più a cuore a Grisham e che potremmo spesso trovare in un suo libro: «Una è la diffusione delle droghe, che negli Stati Uniti ha assunto le proporzioni di un’epidemia devastante – dice –. La seconda è il commercio delle armi, un’autentica follia che provoca tragedie su tragedie, mentre la politica resta inerte, ostaggio com’è dei produttori. Solo di recente, dopo la strage di Parkland, le generazioni più giovani hanno iniziato a far sentire la propria voce, specie attraverso i social network». Grisham non nasconde la sua militanza di democratico («E dire che una volta criticavo Obama… », si lascia sfuggire), ma è molto riservato in materia religiosa: «Preferisco tenere per me le mie convinzioni – sostiene –. Anche da lettore, non gradisco che un autore mi faccia la predica ». A parlare per lui, del resto, ci sono già gli argomenti che hanno fatto la fortuna dei suoi best seller.

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