mercoledì 11 dicembre 2019
Negli Usa un libro racconta i metodi pervasivi della polizia segreta della Germania Est per controllare i preti e le Chiese. Fra situazioni grottesche e una certa «umanità»
Ulrich Mühe in una scena del film “Le vite degli altri” di Florian Henckel von Donnersmarck (2006)

Ulrich Mühe in una scena del film “Le vite degli altri” di Florian Henckel von Donnersmarck (2006)

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Iniziamo dalla fine della storia. Il 13 dicembre 1989, pochi giorni dopo la caduta del Muro di Berlino, il colonnello della Stasi, Joachim Wiegand, comandante del dipartimento XX/4, quello dedicato specificamente al controllo delle Chiese cristiane, ricevette l’ordine di smantellare la struttura di spionaggio che aveva messo sotto osservazione migliaia di cristiani, in Germania dell’Est come in quella dell’Ovest, e altrove. E cosa ne fece delle armi in suo possesso quando dovette chiudere il suo dipartimento? Le consegnò a un giovane membro dei cristiani democratici della Ddr, il neo ministro dell’interno Peter- Michael Diestel. Ancora. La Stasi non era solita tentare assassinii mirati di pastori protestanti o di preti cattolici, preferendo un controllo ferreo, ma non cruento di tali esponenti ecclesiastici. In un caso, però, cercò di assassinare il pastore Rainer Eppelmann: il tentativo non fu coronato dal successo. E così, anni dopo, il primo premier democraticamente eletto a Berlino Est, Lothar de Maizière, finì per nominare proprio Eppelmann come ministro della difesa. Il suo compito? Smantellare l’esercito a marca comunista. Infine. Quando la Ddr cessò di esistere, la Stasi aveva in deposito 30 mila Bibbie sequestrate nel corso degli anni ai cosiddetti 'muli di Bibbie', molti dei quali appartenevano all’associazione Open doors, oppure erano soldati americani di stanza a Berlino Ovest che si prestavano per il delicato compito. Che farne di tutte quelle Bibbie? Quei libri sacri finirono in Russia, proprio il Paese dal quale la Germania dell’Est dipendeva nella sua ideologia atea e anti-cristiana.

Finisce con questo triplo tocco di ironia grottesca (qualcuno ci vedrebbe anche un esempio di teologia della storia…) l’avvincente resoconto di come la Stasi cercò (e in gran parte riuscì, ma non del tutto: anzi, come vedremo, in maniera perdente) di spiare le Chiese cristiane in 50 anni di Germania comunista. Il merito di aver messo per iscritto questa vicenda, poco nota nei dettagli, è di Elisabeth Braw, un’esperta di spionaggio basata a Londra, che ha raccolto documenti e soprattutto racconti inediti nel recente God’s Spies. The Stasi’s Cold War Espionagie Campaign Inside The Church, da poco pubblicato negli Usa per le edizioni W. B. Eerdmans. Un racconto che si basa in larga parte sulla testimonianza del citato Wiegand, il quale ha aperto alla Braw i suoi archivi e soprattutto la sua memoria. Perché - come il celebre film Le vite degli altri ha raccontato l’intera Ddr si reggeva sulla delazione di massa: gli informatori della Stasi erano 1,7 milioni; al momento di estinguersi il dipartimento XX/4 aveva 4820 file aperti su altrettante persone. «Wiegand, un proletario ateo che non aveva nessuna esperienza nelle questioni di chiesa, ha guidato quella che è considerata l’operazione di spionaggio anti-cristiano più vincente nella storia recente» scrive la Braw, annotando che con solo 120 funzionari in servizio la Stasi fu capace di controllare vescovi, pastori, diaconi e volontari nell’ambito ecclesiale, sia in patria che all’estero. L’importanza di questo settore per la Stasi è dato anche dai numeri: negli anni Sessanta aveva 53 funzionari, nel 1971 ne contava 78; nel 1988, alla vigilia del crollo del Muro, ne assommava 44 a tempo pieno solo a Berlino Est e addirit- tura 9 in ciascuno degli 8 uffici regionali in giro per il Paese: in totale 116 membri.

Come avveniva il reclutamento nella Stasi di un pastore, di un seminarista, di un professore di teologia, i target principali del dipartimento XX/4? Wiegand racconta il proprio reclutamento: «Un ufficiale mi avvicinò e mi chiese se volevo lavorare per la pace e contro il fascismo. Di certo volevo proteggere la pace. Chi è contro la pace?». Qual era il mandato per le spie rispetto agli uomini di chiesa? «Lasciateli pregare, lasciateli cantare i loro inni, ma non devono aver niente a che fare con la politica della Ddr» era il mandato dei capi della Stasi affidati agli uomini del XX/4. Per questo motivo Wiegand cercò - ad esempio, in contrasto con la repressione spietata del Kgb sovietico - di ingraziarsi teologi, docenti e pastori reclutandoli come informatori con vari espedienti: la promessa di un avanzamento di carriera o la minaccia di un blocco nel percorso accademico; qualche vantaggio economico (uno stipendio fisso) oppure la concessione di viaggiare all’estero. «La mia strategia - afferma Wiegand - era di non attaccare la Chiesa, ma di cercare di portare dalla mia parte i suoi esponenti. L’idea era che se tu non mostrarvi lealtà al governo, nemmeno il governo avrebbe dimostrato lealtà nei tuoi riguardi». Tutto diventava merce di scambio dentro il terrore del Grande fratello made in Stasi. E proprio la raccolta di informazioni, anche totalmente inutili, diventava un modo di controllare e ricattare gli informatori: «I funzionari dell’ufficio sulla Chiesa - scrive la Braw - raccoglievano enormi quantità di informazioni senza senso perché il loro avanzamento professionale dipendeva proprio da questo».

L’intero archivio Stasi contava addirittura 111 km di scaffalature, con migliaia e migliaia di file, zeppi di informazioni anche banali, come le «gambe grosse» della locandiera presso cui un pastore cristiano era solito alloggiare nella città di Rostock - come riferì il locale funzionario del XX/4. In più occasioni Wiegand riconosce che le Chiese erano uno dei pochi spazi di libertà dentro la società tedescoorientale imprigionata sotto la cappa del controllo comunista. Per questo molti attivisti dei diritti umani, anche non credenti, vedevano nelle Chiese cristiane l’unico luogo dove potersi incontrare e trovare un minimo di libertà. Furono proprio le preghiere per la pace nelle chiese luterane, di Lipsia prima e di Berlino Est dopo, le molle scatenanti delle dimostrazioni di piazza che condussero all’abbattimento del Muro di Berlino, nel novembre di 30 anni fa. Sulla comunità cattolica tedesco- orientale, molto più esigua di quella luterana, Wiegand spende poche parole: «In generale la Chiesa cattolica era apolitica. Si occupava di religione, cosa che per noi andava bene». Wiegand aveva però anche lì i suoi informatori, tanto che venne a sapere per tempo che Joachim Meisner sarebbe stato nominato vescovo di Berlino e successivamente di Colonia. Wiegand non scansa la domanda decisiva, che Elisabeth Braw pone così: «Il mistero è questo: data l’enorme quantità di informazioni che la Stasi aveva raccolto, come è stato possibile che la Ddr sia crollata? E dato che la Chiesa ha giocato un ruolo centrale nella caduta del Paese, perché l’apposito ufficio della Stasi non è stato capace di evitare che accadesse?». Risponde la superspia: «Noi sapevamo esattamente cosa la gente normale pensasse e cosa non stava funzionando. È la politica ad aver fallito». Unico neo, questa risposta, in un testo avvincente: una spiegazione forse un po’ troppo semplicistica per dar conto del perché sia crollato del tutto un sistema repressivo che intimamente e ostinatamente era anti-umano.

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