mercoledì 6 settembre 2017
Il riscaldamento terrestre sta facendo arretrare molte masse glaciali del pianeta. Eppure ci sono casi opposti, di aree in cui crescono. Eclatante l’aumento del sistema del K2
Un vortice di aria fredda ha fatto crescere i ghiacciai del Karakorum, la catena montuosa fra Pakistan, India e Cina

Un vortice di aria fredda ha fatto crescere i ghiacciai del Karakorum, la catena montuosa fra Pakistan, India e Cina

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Per le Alpi il 2017 è stato un anno orribile. Ovunque si parla di ghiacciai in ritiro come mai aveva visto occhio umano, almeno in tempi storici. Dal ghiacciaio della Marmolada, dove in alcuni giorni le temperature sono salite fino a 22° C e il Sole si è mangiato metri e metri di neve permettendo a un gran numero di reperti della Prima Guerra Mondiale di venire alla luce, al ghiacciaio Tsanfleuron nel Canton Vallese (Svizzera) dove il ritiro senza precedenti del ghiaccio ha portato alla luce i resti di due persone scomparse 75 anni fa, fino allaVal d’Aosta, dove il Rifugio Gonella a ben 3.071 metri di quota ha dovuto chiudere agli inizi di agosto per mancanza d’acqua (la causa è da imputare anche la poca neve caduta in Val d’Aosta durante l’inverno). Fenomeni che sottolineano ancora una volta che il destino dei ghiacciai alpini lascia poco a sperare se non ci sarà un’importante inversione di marcia nel prossimi decenni. Le ultime proiezioni dell’Ethz (Politecnico federale di Zurigo) dicono che entro la fine del secolo si perderà dal 60 al 90 per cento della massa globale dei ghiacciai. Conseguentemente vi sarà anche una riduzione dei deflussi idrici dal 5 al 20 per cento rispetto a una trentina di anni fa. Anche nella regione dell’Himalaya la situazione non sembra essere diversa. Una ricerca condotta da Josh Maurer dell’Università della Columbia – il quale ha comparato immagini di alcuni ghiacciai del Buthan riprese da satelliti spia negli anni Settanta (ora declassificate), con immagini dei nostri giorni – dice che le masse glaciali si stanno assottigliando a un tasso di 14 centimetri all’anno. E neppure le Ande sono risparmiate dal fenomeno. Esperti del programma “Monitoreo de Glaciares Tropicales Andinos en un Contexto de Cambio Climático”, hanno dimostrato come negli ultimi 50 anni si è fuso il 63 per cento del ghiaccio perenne delle Ande a cavallo tra Colombia, Venezuela, Perù, Equador e Bolivia.

Per la prima volta anche i ghiacci dell’Antartide che appoggiano sul mare circostante si sono ridotti rispetto agli anni scorsi anche se, in questo caso, è ancora presto sostenere senza ombra di dubbio che il fenomeno è legato al riscaldamento globale, in quanto potrebbe essere un evento eccezionale da imputare alle correnti marine. Sicuramente legato all’aumento della temperatura invece, è la diminuzione dei ghiacci al Polo Nord, dove le ultime rilevazioni dicono che l’estensione dei ghiacci si avvicina a quella del 2012, che fu l’anno peggiore tra tutti quelli studiati da che si fanno rilevamenti satellitari.

Eccezioni tuttavia, ce ne sono. La più eclatante senza ombra di dubbio, riguarda gli imponenti ghiacciai del Karakorum (la catena montuosa che si trova a nord-ovest rispetto all’Himalaya, al confine tra Pakistan, India e Cina), là dove svetta il K2, la seconda montagna più alta del pianeta e altri Ottomila. Un vortice estivo di aria fredda, sembra sia la causa che sta causando la crescita dei ghiacciai della regione, nonostante il riscaldamento globale. Lo studio, pubblicato su Nature Climate Change, è stato realizzato da ricercatori dell’Università di Newcastle (Regno Unito) i quali hanno identificato una circolazione su larga scala, definita anche vortice, esattamente centrata sulla catena montuosa. In inverno il vortice interessa, con le sue basse temperature, tutte le catene dell’area, Himalaya compresa, mentre in estate si contrae fino a interessare solo il Karakorum e il Pamir occidentale. Sostiene Hayley Fowler: «La situazione spiega perché i ghiacciai della catena del Karakorum meridionale siano stabili o addirittura in crescita rispetto alla maggior parte degli altri ghiacciai del pianecontrollo ta». Va detto comunque, che alcuni ghiacciai, definiti «neri», si autoproteggono dalla fusione grazie a una coltre di detriti che ricopre la loro superficie, che avendo raggiunto un elevato spessore riparano il ghiacciaio dal sole. Anche il Karakorum, comunque, è interessato dal riscaldamento globale, ma il nostro studio ha dimostrato che la circolazione su vasta scala sta controllando la variabilità delle temperature stagionali che sono comunque in crescita su tutta la regione. Questo dice che i modelli climatici non riescono a riprodurre le condizioni particolari di questa regione». Il vortice dunque, sta attualmente fornendo una specie di freno al riscaldamento globale, riducendo la fusione glaciale del Karakorum. «Ma va detto che la situazione dovrà essere tenuta sotto continuo – continua Fowler – perché non sappiamo se e come il riscaldamento globale influenzerà il vortice di aria più fredda». La stabilità di questi ghiacciai è molto importante in quanto sono fonte di risorse idriche per decine di milioni di persone. Altra eccezione riguarda alcuni ghiacciai dell’Antartide in prossimità del mare di Ross, dove vi sono diverse stazioni di ricerca scientifica, tra cui la più grande del continente, quella statunitense di McMurdo. Ricercatori dell’Università di Portland State e del Natioanl Snow ad Ice Center dell’Università del Colorado hanno pubblicato su Geology uno studio di 34 ghiacciai lunghi centinaia di chilometri dei quali è stato fatto un meticoloso confronto temporale attraverso tutte le immagini satellitari reperibili, sia attuali che storiche, e pur avendo notato avanzamenti e ritiri nel corso degli anni, nel complesso la loro massa non è cambiata da 50 anni a questa parte. Questo dimostra come sia complesso il rapporto dell’immensa massa glaciale antartica rispetto ai mutamenti climatici, un rapporto che ancora deve essere chiarito nei dettagli.

Altre eccezioni si sono avute in Nuova Zelanda dove dal 1983 al 2008 almeno 58 ghiacciai sono aumentati in lunghezza e volume. I ricercatori dell’Università Victoria di Wellington e di Niwa sostengono che il fenomeno è da imputare a flussi di correnti fredde del Mare di Tasman che ha raffreddato quella parte del pianeta in modo anomalo rispetto al resto. Ma dal 2011 la situazione è cambiata anche per i ghiacciai della Nuova Zelanda che come tutti gli altri, hanno iniziato un fase di forte ritiro, tant’è che alcuni ghiacciai non sono più raggiungibili per le condizioni che si sono venute a creare e altri arretrano a una velocità che è superiore a quella di qualunque ghiacciaio al mondo.

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