mercoledì 8 dicembre 2010
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Laura e Martina domenica scorsa erano lì, al traguardo della Maratona di West Palm Beach (Florida). Lì da ore, ad aspettare con mamma Antonella l’arrivo del loro papà, Francesco Canali impegnato nella sfida di una vita e per la vita. Francesco, 42 anni, ex cestista e podista, si è ammalato di Sla (Sclerosi laterale amiotrofica o Morbo di Gehrig) una decina d’anni fa. Una malattia che ne ha minato il fisico d’atleta - non può muovere le braccia e le gambe - , quindi una maratona per lui rappresenterebbe l’ultima frontiera dell’utopia. E invece no. Con la volontà e la tenacia del campione, ha affrontato quella che non può essere considerata altrimenti se non un’impresa storica, a cominciare dalla trasnvolata oceanica. Un viaggio di 27 ore dalla sua Parma, che con con una mano sul cuore e l’altra al portafoglio, sotto l’egida organizzativa di Paolo Barilla, ha finanziato la mission: “Vinci la Sla... di corsa in Florida”. Una missione impossibile, eppure realizzata, grazie alla potenza dell’amicizia, quella dei quattro moschettieri “spingitori” della carrozzina di Francesco. Gianfranco Beltrami, Andrea Fanfoni, Gianluca Manghi e Claudio Rinaldi, i quattro amici e compagni di squadra che hanno avuto l’onere, ma soprattutto l’onore, di spingere la carrozzina progettata da un altro eroe esemplare dello sport, Alex Zanardi. Una carrozzina pensata per affrontare la maratona delle maratone, quella di New York. Ma nella Grande Mela, per una serie di pasticci burocratici - pensavamo accadessero solo in Italia - prima hanno dato l’«ok» a Francesco e poi gli è stata negata la partecipazione. Motivo: impossibile ammettere un concorrente “spinto da altri”. Un colpo basso che avrebbe fiaccato chiunque, ma non certo Francesco e i suoi indomiti guasconi del podismo.Così la pettorina, dal Ponte di Verrazzano è finita nel mare della Florida. Gli organizzatori della Marathon Festival e la gente di West Palm Beach, l’hanno raccolta e a braccia aperte hanno atteso questa squadra italiana, unica, sbarcata cinquecento anni dopo Cristoforo Colombo alla conquista dell’America. La “caravella” del genio zanardiano, aveva però bisogno della resistenza fisica di tutto l’equipaggio e della potenza dei muscoli degli spingitori, chiamati ad affrontare con Francesco, gli ostici 42 chilometri e 195 metri del tracciato. «Un miglio a testa e poi ci davamo il cambio. È stata dura certo, ma passo dopo passo, siamo arrivati all’arrivo». Un gioia sudata, mista alle lacrime di gioia di tutti, nel momento in cui, dopo 4 ore e 43 minuti «un tempo migliore di quello che pensavamo» - dicono in coro i magnifici cinque - Francesco e i suoi “fratelli” sono passati sotto lo striscione del finish. Laura e Martina hanno fatto di corsa gli ultimi cento metri per poi abbracciare il loro grande papà. Francesco, l’orgoglio dell’Aisla (Associazione Italiana Sla) Running Team, era stanco, ma felice e con il sorriso dell’uomo eternamente innamorato della vita. Così come quei quattro ragazzi, gli spingitori, consapevoli di aver vissuto una giornata memorabile. Un trionfo, il non aver permesso alla malattia di distruggere anche i loro sogni di maratoneti, per sempre al fianco di Francesco. Gianfranco, Andrea, Gianluca e Claudio, guardando il tramonto sull’Atlantico e il sole scintillare sulla medaglia (quella del “finisher”) al collo di Francesco, gli hanno ricordato: «Noi siamo i tuoi muscoli, tu il nostro cuore».
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