mercoledì 8 novembre 2023
E' appena uscito il libro autobiografico "Comunque mamma. Storia di una ferita ancora aperta" in cui l'artista racconta il dolore per la maternità mancata e le difficoltà per l'adozione
L’attrice Antonella Ferrari

L’attrice Antonella Ferrari - Foto di Nicola Allegri

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Antonella Ferrari è una di quelle artiste-manifesto che hanno affrontato con coraggio la propria malattia per trasformarla in una battaglia per i diritti alla pari dignità. La ricordiamo tutti nel suo potente monologo al Festival di Sanremo 2021 gridare con forza, abito lungo di seta rossa e stampella, la sua resistenza alla sclerosi multipla. E la ricordiamo anche in Centovetrine e nel bellissimo ruolo della figlia-voce narrante della serie tv Un matrimonio di Pupi Avati. Dal 2010 la Ferrari, che è Cavaliere al merito della Repubblica, ha una seguitissima rubrica sul settimanale Chi, dove risponde alle lettere di chi vive la sofferenza in prima persona, come lei.

Ha raccontato la sua lotta con la sclerosi multipla nel libro Più forte del destino (Mondadori, 2012), vincitore del Premio Albori, diventato anche uno spettacolo teatrale di grande successo. Oggi torna con un nuovo libro autobiografico, che affronta un tema delicato e doloroso come la mancata maternità, Comunque mamma. Storia di una ferita ancora aperta, edito da HarperCollins Italia. Un libro che si legge tutto d’un fiato e che sembra la sceneggiatura di un film: «Mi piacerebbe davvero che qualche regista lo trasformasse in un film che amerei interpretare. E poi spero che qualche regista mi chiami al di là della mia cartella clinica, rivendico il diritto di lavorare – racconta ad Avvenire Antonella Ferrari, talento e carattere da vendere -. Ho deciso di scrivere questo libro durante la pandemia, quando il senso di solitudine si faceva ancora più forte in me e la voglia di maternità continuava a bussare alla mia porta. Mentre sono venuta a patti con la malattia per questo dolore, invece, non ho ancora trovato un cerotto capace di medicare la ferita. Sicuramente mi hanno aiutato tantissimo mio marito, però il non essere riuscita a diventare madre è una sofferenza grande, che si fa ancora sentire forte in me» spiega l'autrice, ambasciatrice dell’Aism (Associazione Italiana Sclerosi Multipla).

«Mi auguro che questo libro faccia riflettere anche le istituzioni, affinché si metta finalmente mano alla legge sull'adozione rendendo questo percorso meno complicato». In Comunque mamma Antonella Ferrari racconta infatti di come, essendo lei affetta da sclerosi multipla, si sia trovata praticamente sbarrate tutte le strade per diventare madre: dapprima la sospensione delle medicine per tentare di avere un figlio naturalmente e l’arrivo di una brutta recidiva che la costrinse per un anno sulla sedia a rotelle, poi i dubbi sulla fecondazione assistita, comunque allora vietata, e poi l’impossibilità di adottare un bambino. «Conosco tante donne con la sclerosi che hanno bambini naturali che sono risolti – spiega - Avere una mamma non perfetta non è detto che traumatizzi un bambino, l’importante è crescere nell’amore. Si parla di adozioni gay, dei single e delle adozioni di bimbi malati, ma non si parla mai di una potenziale mamma malata. Io ho una ma-lattia neurodegenerativa, ma non è detto che degeneri. Ci sono donne che hanno avuto il tumore e che sono guarite, ma a cui è stata negata l’adozione». Temi delicati e difficili, su cui l’opinione pubblica spesso si divide, raccontati qui però con sincerità dal punto di vista di una donna “comunque mamma” come le disse il suo parroco. «Tu sei mamma comunque, dei tuoi libri, dei tuoi spettacoli, dei bambini che hai seguito quando eri assessore alla Cultura ’Istruzione a Bresso” mi disse - aggiunge l’attrice -. La fede è sempre stata per me una ancora di salvezza, e mi ha aiutato a farmi vivere la sclerosi multipla con serenità. Ma nel caso della maternità faccio fatica. Mio marito Roberto è fondamentale: anche perché lui è più razionale di me, ha accettato di più il disegno di Dio. Mi ha sempre detto “ tra un figlio e te, io scelgo te, non voglio che peggiori il tuo stato di salute”. Così io continuo a lottare anche per gli altri».

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