sabato 21 agosto 2010
All’opposto di ciò che divulga la mitologia del cinema e dei fumetti, i più famosi pistoleri in realtà erano dei sanguinari scorretti, pronti pure a sparare alle spalle. «Doc» Holliday era psicopatico, Wyatt Earp un ambizioso che rovinò i suoi fratelli, Calamity Jane un’ubriacona bugiarda. Il più onesto? Forse fu proprio il demonizzato Billy the Kid.
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Tex Willer li avrebbe fatti fuori come ignobili «figli di centomila puzzole», magari poi abbandonandone i cadaveri «in pasto agli avvoltoi» in segno di massimo spregio. E non solo perché – come ben sanno i fumettari – la velocità del pard navajo con le Colt è inarrivabile, ma soprattutto in quanto gli ipotetici rivali, durante la loro carriera di pistoleri, hanno mostrato di non averlo affatto imitato quanto a cavalleria e rispetto delle regole di lealtà, come invece il solito ci viene mostrato nei film western. Sparatorie alle spalle. Uso di micidiali fucili a canne mozze. Trucchetti per estrarre dalla fondina prima del lecito. Uccisioni a sangue freddo e senza motivo... Altro che rifacimento in vesti da cow boy delle gesta medievali della Tavola Rotonda! Ecco che cosa combinavano davvero i più celebrati eroi della frontiera americana, quando si battevano tra loro: vedevano di rubare il tempo del «Mezzogiorno di fuoco» a loro esclusivo vantaggio, badando che il duello – anziché «all’OK Corral» – fosse «da KO scorretto»... Basta leggere l’avvincente Storia dei pistoleri che il giovane Luca Barbieri ha appena compilato da Odoya (pp. 254, euro 18) per inorridire: non solo di fronte alla barbarie di certe esecuzioni a mano armata, ma anche per gli evidenti imbrogli che gli «eroi» del cinturone commettevano a man bassa pur di prevalere sull’avversario. Quasi nessuno è esente: John Henry «Doc» Holliday – per esempio – era praticamente uno psicopatico capace di sparare anche a chi fosse soltanto «colpevole» di fare il bagno nella sua stessa piscina; lo sceriffo Wyatt Earp fu accusato dalla cognata di sfrenata ambizione e carrierismo, per colpa dei quali avrebbe rovinato tutti i suoi fratelli; Calamity Jane, la celeberrima pistolera, era piuttosto un’ubriacona rozza, fanfarona e abituata a vivere nel sudiciume; Wild Bill – che pure è passato alla storia come il giustiziere dei deboli – giocava d’azzardo (tuttavia abbandonava le partite se gli avversari erano così sbronzi da perdere la lucidità) e cedeva spesso all’ira tanto da infierire a calci sui nemici anche quando erano già stesi a terra feriti. Ancora: Wes Hardin, detto «il figlio del vento» per la velocità con cui sapeva estrarre le Colt dalle fondine, uccise il primo uomo a soli 15 anni, facendo secchi subito dopo i tre soldati neri che dovevano arrestarlo, quindi altri tre che ci erano riusciti e infine lo sceriffo mentre lo scortava al processo; a fine carriera era arrivato a 40 morti. Anche William Preston Longley divenne omicida appena quindicenne, pure lui a spese di un soldato nero: non per niente era figlio di uno schiavista sconfitto; e poi aggiunse al calcio del revolver altre 31 tacche dando la caccia agli ex schiavi, rubando cavalli, giustiziando un vicino di casa mentre arava il campo e pure il pastore protestante che lo stava «convertendo»... Invece Timothy Courtright, detto «Jim lunghicapelli», pagò con la vita la sua slealtà: stava sparando a un rivale che si era appena dichiarato disarmato, ma gli si inceppò l’arma; e allora quello lo freddò al volo con una pistola che teneva nascosta nel panciotto. Quanto al celeberrimo duello all’OK Corral, fu più un regolamento di conti tra due bande per il controllo della città di Tombstone che uno scontro tra «buoni» e «cattivi». Insomma, forse il più onesto fu il demonizzato Billy the Kid: è vero che a 12 anni aveva già accoltellato a morte un tizio, ma l’aveva fatto per proteggere uno sconosciuto accorso a difendere l’«onore» di sua madre. E mantenne poi un’attitudine da Robin Hood calibro 9 con gesta romantiche che non fecero altro se non alimentare il suo mito, soprattutto tra le categorie sociali più basse (le quali lo ricompensarono andando a fargli la serenata sotto la finestra del carcere, quando venne arrestato). Ma dove sono dunque i duelli leali, con pistoleri che si guardano a lungo negli occhi, uno di fronte all’altro ad armi pari nella polverosa strada principale del villaggio, e vince chi è più lesto e preciso? In realtà non avvenne quasi mai così. Per il duello western «non c’erano norme prefissate – scrive infatti Barbieri –, l’unica regola comunemente accettata era che l’omicidio per legittima difesa assolvesse da ogni colpa»; anche di fronte al giudice. Ed è facile intuire quanto la «legittima difesa» sia presto diventata un concetto a fisarmonica: praticamente bastava che i due contendenti fossero armati perché la condizione di «parità» iniziale fosse ritenuta assolta; così alla fine «chi restava in piedi aveva difeso con successo la propria vita ed era automaticamente prosciolto dall’accusa di omicidio». Al peggio si rimediava una multa per disturbo della quiete pubblica... Del resto, il confine tra sceriffi e banditi, difensori della legalità e delinquenti, fu più volte attraversato in un senso e nell’altro dai disinvolti miti del West; e i casi in cui un pistolero di dubbia fama veniva assunto da una municipalità per mantenere l’ordine nella città inquieta era tutt’altro che raro. I fratelli Dalton ad esempio – che hanno lo stesso nome dei ridicoli fuorilegge di Lucky Luke, ma erano tutt’altro che una banda di squinternati – cominciarono la carriera con la classica stella di latta sul petto, e uno di loro venne addirittura ucciso in servizio. Così Henry Plummer, pur essendo già stato condannato per omicidio, poté diventare sceriffo a Bannack, ma nemmeno quest’ufficio gli impedì di capeggiare la banda cosiddetta degli «Innocenti» (oltre 100 aderenti) che taglieggiava i cercatori d’oro della regione; carica del resto ben meritata: pare che Plummer sapesse svuotare il tamburo del suo revolver in soli 3 secondi. Velocità di reazione dunque, polso fermo (le prime Colt erano cannoni da 3 kg di peso) e occhi di ghiaccio – un esperto del settore ha rilevato che, su 57 pistoleri esaminati, ben 38 avevano occhi cerulei o grigi –: certo. Ma Barbieri rileva che la principale qualità del pistolero, oltre a «mira eccezionale, concentrazione, ottimi riflessi, freddezza», era soprattutto «una spiccata attitudine all’omicidio; la capacità cioè di impugnare la pistola e puntarla contro un altro essere umano senza concedersi il lusso del minimo ripensamento né del minimo rimorso». L’accorto Wild Bill, per esempio, ammoniva di non sparare mai troppo presto e di mirare all’ombelico, se si voleva vivere a lungo, e non solo perché quello è «il bersaglio più facile» ma anche perché «un uomo colpito nella pancia, anche se non muore subito, non è più in grado di nuocere»... Davanti a propositi del genere persino il leale Tex Willer, che di solito mira anzitutto a disarmare l’avversario, non avrebbe esitazioni: bang bang bang! «Volevi bucarmi la carcassa? Figlio di centomila puzzole!».
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