sabato 18 giugno 2022
La scrittrice scampata ai lager riflette su Dante al femminile: «Parità lontana, ma la mentalità sta cambiando. E le donne hanno posti chiave anche in politica»
Edith Bruck a Firenze

Edith Bruck a Firenze - Ansa/Ufficio stampa del comune di Firenze

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A conclusione delle celebrazioni per i 700 anni dalla morte del Sommo Poeta la Società Dante Alighieri ha promosso e pubblicato un libro a cura di Giuliana Poli, Dante secondo Lei, sul rapporto tra Dante e il mondo femminile. Un’indagine ambiziosa e ampia che ha coinvolto cento donne di tutto il mondo con altrettante interviste, che mettono in relazione i personaggi femminili “danteschi” e la situazione delle donne di oggi. Il libro sarà presentato in anteprima martedì 28 giugno alle 17.30, nella sede centrale della Dante Alighieri a Roma (piazza di Firenze, 27). L’incontro sarà aperto dal segretario generale Alessandro Masi; al termine l’attrice Monica Guerritore terrà una lectura Dantis.

Nella Commedia, Dante segue il percorso dell’anima Beatrice, attraverso un cammino interiore in cui dovrà aprire nove chiavi dell’esser femminile. Socrate nel Fedone racconta di avere ricevuto in sogno l’ingiunzione di coltivare la musica e di averlo interpretato come un’esortazione a studiare ancor più la filosofia, che in Dante e nei Fedeli d’Amore ha la massima espressione nella Rosa mistica [...]. Da sempre, il linguaggio musicale è più adatto rispetto al linguaggio verbale a far emergere il significato inconscio delle cose, della vita, del mondo, ed ecco come la musicalità dell’italiano, unica nel suo genere, ci appare come una “scienza del sapere dantesco” che la nostra prestigiosa intervistata Edith Bruck ha colto a pieno. Bruck è scrittrice, poetessa, traduttrice, regista e testimone della Shoah. Finalista del Premio Strega 2021 con il suo ultimo romanzo Il pane perduto, edito da La nave di Teseo, continua a raccontare la sua “storia di dolore” vissuta nei campi di concentramento e a cercare la giustizia, per ricucire e riparare il mondo, che non è mai vendetta. In molte sue interviste ci ha raccontato il suo rapporto con l’Italia e l’italiano e la scelta del verso 80 del Canto XXXIII dell’Inferno per Dante secondo Lei rappresenta un ulteriore spunto per parlare del nostro Bel Paese e della nostra femminile lingua.

Qual è il suo rapporto con il Bel Paese che è l’Italia?

La lingua italiana in sé è come fosse nata per scrivere. Dante, oltre a essere il creatore della lingua moderna, è un compositore di versi, di rime, di canti, di ritmi; la sua lingua ha una forza interiore che trascina naturalmente le parole una dietro l’altra, come se nascessero già pronte, come se ogni frase si scrivesse da sé. La musicalità dell’italiano, con la sua vocalità, al contrario di molte altre lingue, è ariosa, come se tra una lettera e l’altra ci fosse un respiro, uno spazio. Prima ancora che dal Bel Paese, ero attratta dalla sua lingua, che per me è come se contenesse l’allegria, il sorriso, l’accoglienza. Anche molte canzoni, soprattutto quelle antiche o popo-lari, contengono qualcosa di spirituale e universale, un tratto malinconico, che quasi mi ricorda i salmi, lamenti profondamente laceranti che però possono esplodere in una luce improvvisa di speranza, in un Sole che sorge. L’eredità eterna, universale, di Dante non è però solo la lingua, ma l’epoca, lo spirito, la Storia, la civiltà del suo tempo. L’eco, le citazioni e perfino il sapore, si sentono oggi nella prosa e nella poesia italiana. Dante è il padre della lingua in cui scriviamo e di cui siamo eredi, figli e nipoti. Mia suocera fino alla fine della sua vita colta annotava Dante con la sua minuscola scrittura, che purtroppo non riesco a decifrare. Spero che sia del Paradiso.

Quali sono le emozioni che la lingua italiana le ha suscitato in passato e le suscita ancora? Ce le può descrivere?

Per me la lingua italiana è identità, casa, rifugio, salvezza, libertà, difesa dalla mia lingua di origine, che evoca ricordi dolorosi. In italiano ho scritto il mio primo libro, sessant’anni fa e col tempo ho scoperto che è una lingua più che mai adatta alla lirica e al canto per la sua ricchezza, musicalità e per le sue cadenze che mi hanno spinto a osare a scrivere libri di poesia. Pur non avendo per me radici così profonde come quelle della lingua natia, mi ha permesso di esprimere ciò che non avrei scritto in ungherese. Per me la lingua italiana è il mio Paese, perché non richiama gli insulti, le violenze quotidiane dell’epoca nazifascista. Per me scrivere in italiano è ossigeno, respiro e, in qualche misura, terapia.

La lingua italiana apre il cuore alla sapienza. Come immagina la nuova Donna-Sapienza Beatrice e in generale la donna proiettata nel futuro?

La donna sta con grande fatica costruendo il suo futuro, essendo la parità ancora molto lontana. Molti uomini, non vogliono accanto una donna di grande valore e intelligenza, preferiscono una donna che si adatti al loro volere; non per niente, quando una donna lascia il proprio marito o compagno viene uccisa, perché l’uomo, da solo, è incapace di gestirsi. Per esempio, nei campi di concentramento nazisti, la morte degli uomini era doppia rispetto a quella delle donne che avevano maggiore fantasia, immaginazione, mentre gli uomini, indifesi, non erano nemmeno capaci di schiacciare un pidocchio. Quando ho visto le sezioni maschili, nei campi di concentramento di Dachau e Bergen Belsen, gli uomini erano inermi, come già morti, non riuscivano neppure ad allungare la mano per raccogliere una patata che gli avevo gettato. Tutto ciò, all’epoca, era dovuto a una cultura maschile per la quale l’uomo a casa era accudito dalla moglie-mammasorella- nonna. Oggi le nuove Beatrici occupano postichiave, di guida, anche nella politica e la mentalità maschile è relativamente cambiata e cambierà ancora.

In questo momento storico molto difficile, quanto la cultura è importante e quale dovrebbe essere il ruolo della donna?

In primo luogo la cultura può aiutare le donne a comprendere quali sono i loro diritti e a maturare la coscienza di sé, nella famiglia e nella società. Questo dipende anche dalla maturazione e dall’evoluzione dei luoghi, grandi o piccoli, dove l’alfabetizzazione e la lingua di Dante non sono sempre di casa e si rimane legati al proprio dialetto, difeso come rappresentasse la propria identità.

Nei momenti di grandi passaggi, la violenza di genere sulle donne sta aumentando. Lei che ha avuto tanto dalla vita, ma anche tante privazioni, da donna di esperienza quale messaggio sente di donare a tutte le donne?

Sono certa che le donne avranno ancora un lungo cammino davanti a sé per comprendere il proprio valore e la propria forza.

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