giovedì 21 aprile 2016
Don Rey, un altro parroco eroe di Roma «città aperta»
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Una vita spesa per aiutare gli altri in nome di una carità intesa come la più alta forma di esercizio della fede. Una figura, quella di don Gioacchino Rey, che si aggiunge ad altri due "preti della resistenza" come don Pappagallo e don Morosini. Nelle trincee e sotto le bombe della Grande Guerra e nel secondo conflitto mondiale durante l'occupazione tedesca di Roma, don Gioacchino Rey, fu accanto a quanti avevano bisogno, ai poveri e ai maltrattati. Intrecciò rapporti con tutte le organizzazioni della resistenza che gravitavano nel quartiere Quadraro, fornendo aiuti e protezioni alle persone ricercate dal regime nazista come i renitenti alla leva, gli alleati in fuga, gli ebrei.  La sua figura si staglia nitida proprio sullo sfondo del rastrellamento del Quadraro: parroco di Santa Maria del Buon Consiglio, chiamato da Pio XII il “Parroco delle Trincee” in ricordo e in omaggio alla sua missione di Cappellano Militare durante la Prima Guerra Mondiale, per la quale gli fu conferita una Medaglia di Bronzo al Valor Militare, motivata dalle sue azioni svolte in soccorso dei feriti sotto il fuoco nemico, don Gioacchino Rey si adoperò nei confronti delle famiglie dei deportati, rimaste improvvisamente prive di sostegno economico. "In tale contesto, dopo essersi offerto ai tedeschi come ostaggio al posto dei suoi parrocchiani, fece per giorni da spola tra le famiglie del quartiere razziato e gli studi cinematografici di Cinecittà, dove erano stati temporaneamente raccolti i rastrellati, per portare loro informazioni e messaggi da parte dei parenti, nonché sostegno e conforto venendo per questo più volte picchiato dai tedeschi" spiega lo storico Pierluigi Amen che sulla base dei documenti ora disponibili, sta ricostruendo per conto dell'ANRP la vicenda del rastrellamento del Quadraro e con esso della figura del sacerdote nato a Lenola, in provincia di Latina. Nelle traversie di un'Italia abbandonata a se stessa dopo l'8 settembre 1943 e occupata dai nazisti, don Gioacchino riuscì a far liberare il medico condotto e il farmacista, utili per far fronte alle esigenze di cura degli abitanti della zona.
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Quando vide portar via da Cinecittà coloro che temeva non sarebbero mai più ritornati si inginocchiò e impartì loro la benedizione. "È grazie alla sua intuizione di raccogliere i nominativi dei deportati che si è potuto nel tempo far riconoscere a buona parte degli aventi diritto le provvidenze e le qualifiche dovute per legge, in quanto gli elenchi dei rastrellati redatti dai tedeschi non sono mai stati reperiti - aggiunge lo storico Pierluigi Amen -. Il parroco tuttavia non vide mai tornare la quasi totalità dei deportati in quanto morì in un incidente stradale a Roma il 13 dicembre 1944". Allo scopo di valorizzare sia la vicenda storica che la memoria dei rastrellati, l’ANRP (L'associazione nazionale reduci dalla prigionia) ha promosso il conferimento della Medaglia d’oro al Merito Civile alla memoria di Don Gioacchino Rey e il conferimento della “Medaglia d’Onore per i cittadini italiani deportati ed internati nei lager nazisti”, onorificenza ufficiale delle Repubblica Italiana, ai viventi e agli eredi degli aventi diritto; nell’ambito del progetto e in ricordo del loro sacrificio, le città di Terni e Firenze, hanno recentemente deliberato di apporre delle memorie lapidee nei luoghi ove i deportati transitarono e furono prigionieri.
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