domenica 30 ottobre 2022
Franco Nembrini, autore di un fortunato commento alla Divina Commedia e ora di una sua versione per ragazzi, racconta la sua esperienza di 12enne con i versi del Sommo Poeta
Illustrazione di Samuele Gaudio per Uscimmo a riveder le stelle di Franco Nembrini e Gianluca Recalcati (particolare)

Illustrazione di Samuele Gaudio per Uscimmo a riveder le stelle di Franco Nembrini e Gianluca Recalcati (particolare) - Ares

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Va in libreria per le edizioni Ares Uscimmo a riveder le stelle (pagine 288, euro 20,00). È il primo volume, dedicato all’Inferno, della Divina Commedia raccontata ai ragazzi da Franco Nembrini e Gianluca Recalcati, con illustrazioni di Samuele Gaudio. Una proposta che guarda agli inferni di oggi (Covid, guerra, delusione della politica) come Dante guardava a quelli del suo tempo (epidemie, guerre, ingiustizie). «Ma Dante dall’inferno è uscito».

Mi sono appassionato a Dante quando avevo dodici anni. Erano altri tempi, si capisce, e a un ragazzino come a me, quarto di dieci figli, poteva capitare, finita la prima media, di passare l’estate a lavorare per dare una mano alla famiglia. Così mi sono trovato in una drogheria, a Bergamo, a una quindicina di chilometri dal paesello dove abitavo. Erano molti, allora, e tornavo a casa solo la domenica. Quelle settimane nella grande (per me) città, tutto il giorno a faticare e la sera in una stanzetta da solo, mi pesavano molto. Cercavo anche di scrivere qualche lettera a casa, ma dopo poche righe stracciavo tutto: non avevo le parole per dire la mia sofferenza. Finché, una sera, accadde l’imprevisto. Era molto tardi, il negozio era già chiuso, ma è arrivato un camion da scaricare e il padrone mi ha chiesto di dare una mano. Io ero lì, stanchissimo, che andavo su e giù per la ripida scala che portava in cantina con pesantissime casse di acqua e di bibite, quando all’improvviso mi è affiorata alla mente una terzina che avevo imparato a memoria durante la scuola: «Tu proverai sì come sa di sale / lo pane altrui, e come è duro calle / lo scendere e ’l salir per l’altrui scale». Io non trovavo le parole, ed ecco che lì, nei versi di un poeta di settecento anni prima, era descritto quel che stavo vivendo io! È stata una specie di illuminazione. Tornato a scuola, ho cominciato a studiare Dante come un matto, e poi tutta la letteratura, e ho finito per diventare insegnante di italiano, e poi per girare a parlare di Dante per tutta Italia e per mezzo mondo, e alla fine per pubblicare nientemeno che un commento alla Divina Commedia tutta intera. Mentre facevo questo lavoro, mille volte sono tornato a quella sera, a dodici anni, in cui tutto è cominciato. E mi sono detto: oggi che a scuola Dante non lo insegna più nessuno, o fanno passare la Commedia per un libro noioso e pesante, non ci sarà un modo per raccontarla ai ragazzi? E così, con un mio giovane amico che con i bambini e i ragazzi lavora e con un bravissimo disegnatore ci abbiamo provato. Abbiamo provato a raccontare la Divina Commedia per quello che è: un viaggio appassionante alla scoperta di sé e del mondo, del bene e del male che vivono nel cuore di ciascuno, del desiderio di bene che tutti ci portiamo addosso, della possibilità di un incontro che a quel desiderio offra una risposta imprevista ma più adeguata.

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