
Charles de Foucauld - Alamy
L’ultimo posto, la fraternità, l’abbandono: il cardinale Jean-Marc Aveline, arcivescovo di Marsiglia, rilegge Charles de Foucauld. Le conversioni di un’anima (Libreria Editrice Vaticana, pagine 192, euro 17,00) in un saggio, di cui pubblichiamo alcune pagine, la biografia del “fratello universale” canonizzato da papa Francesco tre anni fa.
La prima parola che mi viene in mente associata alla figura di Charles de Foucauld è: bontà. Se osserviamo attentamente le fotografie scattate nel corso della sua vita, vedremo come il suo volto abbia riflesso sempre di più questa bontà, tanto più radiosa quanto più era spoglia e abbandonata nelle mani di Dio. Mentre preparavo queste conferenze mi colpiva la sua disponibilità costante a convertirsi, a lasciare che il Signore facesse quello che voleva della vita che gli aveva donato, anche se non capiva perché in fondo non arrivasse mai a realizzarsi nessuno dei suoi progetti: né quello di evangelizzare il Marocco, né quello di essere trappista, né quello di fondare una nuova comunità. Certo, aveva capito che Dio voleva da lui che si limitasse a dissodare là dove altri avrebbero potuto poi seminare. Ma pensava che la sua missione si limitasse all’annuncio del Vangelo ai popoli del Sahara. Non sapeva che Dio stava preparando, per tramite suo, una nuova tappa missionaria per tutta la Chiesa. È questo dono di Dio, fatto alla Chiesa di oggi attraverso la vita e la testimonianza di fratel Charles, che il presente libro si propone di raccogliere. Lui, il “prete libero” di fortino, che conobbe la vita ora di ufficiale ora di esploratore, e di geografo, di monaco, di prete, di eremita, di linguista e di missionario, potrà aiutarci ad ascoltare ciò che lo Spirito dice oggi alla nostra Chiesa per incoraggiarla nella sua missione?
In queste pagine seguiremo il cammino di vita di fratel Charles, dalla sua nascita a Strasburgo, 10 il 15 settembre 1858, fino alla sua morte a Tamanrasset il 1º dicembre 1916. Scoprendo una vita fuori dal comune, un’esistenza che pare seguire un percorso tortuoso ma delicatamente guidata da una mano invisibile e ferma, quella dello Spirito di Dio, cercheremo di capire meglio quale sia il dono che Dio ci ha fatto con la sua canonizzazione. Per cogliere questo dono non potremo fermarci a un’analisi storica della vita di Charles. Alla sua scuola dovremo guardare a Cristo e camminare con lui verso il suo mistero pasquale: «Guardiamo i santi, ma non attardiamoci nella loro contemplazione, contempliamo con essi Colui la cui contemplazio¬ne ha riempito la loro vita. Approfittiamo dei loro esempi, ma senza fermarci a lungo né prendere per modello completo questo o quel santo, e prendendo di ciascuno ciò che ci sembra più conforme alle parole e agli esempi di Nostro Signore Gesù, nostro solo e vero modello, servendoci così delle loro lezioni, non per imitare essi, ma per meglio imitare Gesù» (Charles de Foucauld, Opere spirituali).
Imitare Cristo nelle cose più semplici e concrete della vita: sarà questa la via di Charles, la sua “piccola via”, fatta di semplicità, bontà e fraternità, una via che, in modo diverso da quella di Teresa di Lisieux, illuminerà il XX secolo e brilla ancor oggi con tutto il suo splendore, come aveva ben previsto Paul Claudel. Da parte sua, Charles aveva attinto dalle opere spirituali di tre grandi santi: Giovanni della Croce, Teresa d’Avila e Giovanni Crisostomo, i suoi tre autori preferiti. Ma credo di poter dire che la sua santa prediletta sia rimasta fino alla fine Maria Maddalena, che sempre lo attirò alla Sainte-Baume, dove si recava in pellegrinaggio quasi ogni volta che passava per Marsiglia e dove aveva fatto tenere accesa una piccola lampada sotto la cura di padre MarieÉtienne Vayssière, che sentiva molto vicino e di cui io ho avuto la gioia di introdurre, nel 2021, la causa di beatificazione. Questa lampada oggi è scomparsa, ma sostituita da un’altra offerta da qualche anno dalle Piccole sorelle di Gesù, e che brilla ancora nella Grotta, davanti al reliquiario […] L’ultimo posto, la fraternità, l’abbandono: sono questi, ai miei occhi, i caratteri attraverso cui il fratello universale ha preparato la Chiesa, compiendo egli stesso un lungo cammino di conversione personale, a capire un po’ meglio la sua vocazione alla cattolicità. La Chiesa infatti è stata associata all’opera cristica di salvezza dell’intero genere umano non a motivo dei suoi meriti, ma per pura grazia. Passato al setaccio di diversi fallimenti, Charles aveva ben compreso che la sua missione sarebbe stata solo quella di preparare e dissodare in vista di un lavoro che altri avrebbero potuto compiere dopo di lui. Ma pensava che la preparazione di cui era stato incaricato dalla Provvidenza riguardasse la futura conversione dei popoli del Sahara e soprattutto del Marocco. Ora, lo Spirito Santo lo aveva incaricato di preparare altro: la presa di coscienza, da parte della Chiesa, della sua vocazione alla cattolicità e della conversione per la quale deve essa stessa passare.
In questa prospettiva, trovo che la canonizzazione di Charles de Foucauld costituisca una bella opportunità di incoraggiare i cattolici a convertirsi alla vocazione della Chiesa alla cattolicità: come a Nazaret, una cattolicità dell’ultimo posto, fatta di servizio, di presenza, di accoglienza dei più piccoli; come a Betania, una cattolicità della fraternità, attraverso il dialogo e la cooperazione con tutti gli uomini di buona volontà, e attraverso la dinamica dell’amicizia; e, come al Getsemani, una cattolicità dell’abbandono, imparando a collaborare con lo Spirito Santo, rendendo testimonianza al Figlio e abbandonandosi nelle mani del Padre. Come dice Lumen gentium: «Tutti gli uomini sono chiamati a formare il popolo di Dio. […] In tutte quindi le nazioni della terra è radicato un solo popolo di Dio, poiché di mezzo a tutte le stirpi egli prende i cittadini del suo regno non terreno ma celeste. […] Siccome dunque il regno di Cristo non è di questo mondo (cfr. Gv 18,36), la Chiesa, cioè il popolo di Dio, introducendo questo regno nulla sottrae al bene temporale di qualsiasi popolo, ma al contrario favorisce e accoglie tutte le ricchezze, le risorse e le forme di vita dei popoli in ciò che esse hanno di buono e accogliendole le purifica, le consolida ed eleva. Essa si ricorda infatti di dover far opera di raccolta con quel Re, al quale sono state date in eredità le genti (cfr. Sal 2,8), e nella cui città queste portano i loro doni e offerte (cfr. Sal 71 [72],10; Is 60,4-7). Questo carattere di universalità che adorna e distingue il popolo di Dio è dono dello stesso Signore, e con esso la Chiesa cattolica efficacemente e senza soste tende a ricapitolare tutta l’umanità, con tutti i suoi beni, in Cristo capo, nell’unità dello Spirito di lui».
È questa la bella vocazione della Chiesa alla cattolicità. Da precursore, lasciandosi guidare dallo Spirito fin «dove andrebbe Gesù», Charles de Foucauld, che incessantemente ripeteva nella sua preghiera « Mio Dio, fa’ che tutti gli esseri umani vadano in cielo!», aveva ben intravisto questa vocazione: oggi ne fa dono, da parte del suo Signore, a ogni Chiesa. Che ne sia lodato Dio!