giovedì 12 gennaio 2012
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In un clima a tratti parossistico, la tournée in Francia, nello scorso ottobre, di Sul concetto di volto nel Figlio di Dio, di Romeo Castellucci, ha innescato reazioni molto divergenti. A Parigi, lo spettacolo è stato ripetutamente contestato soprattutto da Civitas, un gruppo nazionalista legato agli scismatici lefebvriani, spalleggiato da due altre sigle satelliti, Renouveau français e Action française. Nel corso di alcuni blitz presso il Théâtre de la Ville, talora in presenza di preti lefebvriani, i manifestanti più violenti sono stati bloccati o dispersi dalle forze dell’ordine.  I responsabili del teatro sovvenzionato dal Comune di Parigi hanno prontamente annunciato un Comitato di sostegno alla libertà di rappresentazione dello spettacolo di Romeo Castellucci, lanciando una petizione firmata da artisti come Michel Piccoli, Juliette Binoche, Patrice Chéreau. Oltre alle reazioni a caldo, le polemiche sono poi confluite in un dibattito più sereno al quale anche la Chiesa francese ha direttamente partecipato. Nel suo discorso di chiusura alla plenaria episcopale di Lourdes, l’arcivescovo di Parigi Vingt-Trois ha dedicato un’ampia riflessione al caso. «Comprendiamo il turbamento di molti davanti ad opere difficili da interpretare», ha detto il presule, raccomandando tuttavia ai credenti di non perdere la lucidità: «Dobbiamo affrontare questi eventi, che ritornano periodicamente, senza lasciarci rinchiudere in una forma di dibattito in cui la Chiesa difende se stessa come un gruppo minoritario in una società pluriculturale o persino ostile».Esprimendosi pure a proposito di un altro spettacolo teatrale ancor più controverso, <+corsivo>Golgota picnic<+tondo>, dell’argentino Rodrigo Garcia, l’arcivescovo di Parigi ha sottolineato che i creatori non possono restare nella loro torre d’avorio. «L’artista deve spiegare la propria intenzione. Non deve forse prestare pure attenzione alla fede degli umili, ascoltarla e lasciarsi toccare vedendo che essa si traduce molto spesso in un amore reale dei più sofferenti fra noi?», ha osservato il presidente della Conferenza episcopale. In ogni caso, la ferita percepita da molti cristiani «non deve e non può trasformarsi in violenza verbale, e ancor meno fisica. Essa deve nutrire la nostra preghiera, preghiera personale e preghiera comunitaria».Castellucci si è difeso così: «Ho l’impressione di un malinteso spaventoso. Sul concetto di volto nel Figlio di Dio non ha nulla di blasfemo né di cristianofobo». Un dibattito parallelo ha riguardato l’origine delle proteste. Sulla rivista intellettuale Esprit, in un intervento intitolato Dei cattolici non molto cattolici, il sociologo delle religioni Jean-Louis Schlegel ha sostenuto che «il numero di contestatori di una pretesa "cristianofobia" è molto debole: fra 500 e 2.000 manifestanti, piuttosto giovani, a Parigi, Rennes e Tolosa non rappresentano granché». Per l’intellettuale, al di là dei tentativi forse pelosi di gonfiare la portata delle "minacce" contro la libertà d’espressione, la Francia ha assistito soprattutto ad escandescenze isolate firmate dal ramo maurrassiano del «pianeta tradizionalista-integralista».
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