mercoledì 6 settembre 2023
Nuova edizione per gli scritti dedicati dal rettore di Urbino al filosofo francese, dove ne rimarca lo stile e il ruolo avuto nel rinnovamento del pensiero cattolico del Novecento
Il filosofo francese Jacques Maritain (1882-1973)

Il filosofo francese Jacques Maritain (1882-1973) - archivio

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«Maritain è morto. Il meraviglioso clochard, principe nel regno d Dio col suo sorriso di angelo, la sua parola dolce e precisa, e tutta l’anima in fondo ai suoi occhi d’azzurro pallido, ora è nelle dimore beate con colei che amava, nella luce di Gesù»: così Julien Green nel suo Journal ricordava il maestro ed amico Jacques Maritain, il 22 aprile 1973. Convertito al cattolicesimo da Léon Bloy, il filosofo nato da una famiglia protestante aveva contribuito alla maturazione della fede cattolica dello scrittore americano nato a Parigi, anch’egli da genitori protestanti.

Maritain conobbe Green nel 1925, quando quest’ultimo aveva 25 anni e aveva appena pubblicato sotto pseudonimo il Pamphlet contre les catholiques de France, un j’accuse contro la tiepidezza e lo spirito borghese dei cattolici francesi: i due resteranno sempre vicini. Maritain fu amico anche degli altri grandi scrittori cristiani d’Oltralpe del secolo scorso, da Claudel a Bernanos e Mauriac, seppure con alti e bassi, come dimostra la loro corrispondenza. Ma Jacques Maritain (1882-1973) fu un maestro pure per un’intera generazione di cattolici italiani, amico di Paolo VI tanto da essere destinatario del messaggio agli uomini di cultura alla chiusura del Concilio. Quella stagione ora è rivissuta attraverso il prezioso volumetto Lo stile di Maritain, curato da Giancarlo Galeazzi, che riunisce gli scritti di Carlo Bo dedicati al filosofo francese (Castelvecchi, pagine 152, euro 19,50). Nel 1981 erano stati pubblicata dalla Locusta.

Quello di Maritain era lo stile di “un santo dell’intelligenza”, come rileva il critico letterario e rettore dell’Università di Urbino morto nel 2001 che più volte, nelle sue conferenze e nei suoi articoli usciti sul “Corriere della Sera”, si è occupato di Maritain, che considerava il protagonista del rinnovamento della Chiesa durante il ’900, sostenitore della conciliazione fra cristianesimo e democrazia e della necessità dell’impegno politico dei credenti. Memorabile in questo senso la sua presa di posizione contro il franchismo durante la Guerra civile spagnola – unitamente a Mauriac e Bernanos -, così come la sua assunzione di responsabilità nei confronti del totalitarismo nazifascista. L’invasione della Francia da parte delle truppe hitleriane lo costrinse a riparare in America per porre in salvo la moglie Raïssa: da lì farà sentire la sua voce a favore della Resistenza.

Il più significativo dei testi di Bo è del 1961: una perorazione a favore del dialogo in un momento storico in cui la Chiesa sembrava chiudersi a riccio rispetto al confronto con il mondo moderno. «Appartengo a una generazione – scriveva – che ha fatto dell’inquietudine il suo regime e che per questo ha sempre diffidato degli ordini, delle regole, di tutto ciò che può dare un’idea di facile e inutile ortodossia. La nostra fede nasceva e nasce al limite della pace e, caso mai, ha sempre preferito insistere sulla necessità della “guerra” come stato di vita e di verità. Non siamo mai andati alla ricerca della parola tranquilla, della parola che si avvicina a una condizione di morte mentre per noi la vita stava nella domanda, nell’interrogazione, nel dubbio attivo, nel dubbio indirizzato verso la verità».

Di qui l‘espressione di riconoscenza verso la generazione di autori francesi quali Péguy, Bernanos, Mauriac e Simone Weil, capaci di indagare l’animo umano con profondità e in grado di andare oltre l’inerzia spirituale e intellettuale del cattolicesimo dell’immediato dopoguerra: «Sono stati proprio loro a conservare nel mare delle incertezze e del disordine la parola viva, sono stati loro a farci sentire che non dovevamo disperare e che nel buio più fitto c’era ancora la possibilità di salvarsi». Lo sforzo speculativo di Maritain ha fatto sì che, assieme a questi scrittori “irregolari”, si potesse superare la sclerotizzazione della fede cristiana: «Maritain è stato – dice ancora Carlo Bo – per molti anni l’unica guida possibile, soprattutto l’unica guida che avesse il coraggio di indirizzare tutte le aspirazioni verso una sola foce». Pochi anni prima la rivista “Civiltà Cattolica” aveva attaccato duramente l’opera maritainiana Umanesimo integrale così come aveva condannato Unamuno. Di qui l’indignazione di Bo, che solo il Concilio Vaticano II avrebbe placato.

La gratitudine dell’autore di Letteratura come vita non sarebbe venuta meno anche negli anni seguenti, quando Maritain dopo la morte della moglie decise di ritirarsi in convento a Tolosa e poi di entrare nei Piccoli Fratelli di Charles de Foucauld. Il suo Paysanne de la Garonne rappresentò “il grido dell’eremita”. Per Bo è ingiusto parlare di tradimento da parte del filosofo, come avevano fatto molti dei suoi eredi per le critiche che esprimeva a un certo modo di vivere e pensare la Chiesa nel postConcilio. «Maritain – afferma Bo nel 1966 – lancia il suo grido d’allarme contro le esagerazioni, i giochi intellettuali, i conformismi della nuova famiglia. Egli ribadisce il principio che non si può fare a meno di una filosofia che trova il suo sbocco naturale nella teologia, che non si deve rimettere tutto nelle mani del mondo mentre la salvezza sta proprio nel non perdere di vista quello che è l’unico scopo del cristiano: aspettare, sollecitare l’avvento del Regno di Dio». E qualche anno dopo, recensendo l’ultimo libro di Maritain tradotto in italiano, La Chiesa di Cristo, Bo condividerà il suo punto di vista «in mezzo a una tempesta di idee bislacche, contro le insidie di tutti i discorsi sulla “demitizzazione” dei dogmi, della secolarizzazione o profanizzazione d’un cristianesimo che i nostri nuovi dottori e guide spirituali vorrebbero consegnare nelle mani dei sociologi, degli psicanalisti, degli strutturalisti, dei marcusiani, dei fenomenologi, dei pionieri della tecnocrazia».

A questo riguardo, ci sia permesso di aggiungere che dispiace che a Bo sia sfuggito un altro libretto di Maritain, Le cose del cielo, in Italia pubblicato dall’editrice Massimo nel ’96, ove egli si cimenta, e con tesi piuttosto ardite, sugli aspetti escatologici del cristianesimo e tenta di raffigurarsi come sarà la vita nell'aldilà.
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