mercoledì 18 gennaio 2017
«La scrittura manuale è un diritto fondamentale. E fa bene al cervello» Parla il grafologo Claudio Garibaldi, coordinatore della campagna per farla riconoscere dall’Unesco come patrimonio dell’umanità
Calligrafia, il corsivo non si cancella
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È appena uscito il numero speciale della rivista «Scrittura», rivista di problemi grafologici edita dall’Istituto Grafologico Internazionale «Girolamo Moretti» di Urbino. Il periodico, che ha compiuto 46 anni, lancia fin dalla copertina il diritto alla «scrittura a mano» come patrimonio dell’umanità; infatti anche solo la sua importanza per l’apprendimento e l’espressione di sé da parte dei bambini testimonia la perdita culturale e cognitiva che rappresenterebbe il suo abbandono, causata soprattutto da un conflitto – in verità solo apparente – con la scrittura digitale. Fra gli interventi pubblicati sul quadrimestrale diretto da Carlo Merletti si segnalano quello di Dario Cingolani che ricorda «Quando la scrittura era essenza vitale e quasi preghiera», il contributo di Anna Rita Guaitoli dedicato a «Il corsivo per far parlare le emozioni» e l’articolo di Roberto Pazzi su «Il linguaggio dell’anima». Per ulteriori informazioni: tel. 0722/2639, scrittura@istitutomoretti.it.

Salvare dal disuso la scrittura manuale, perché fa bene al cervello, aiuta a elaborare e ancor prima «è un diritto fondamentale da preservare e da far riconoscere come patrimonio dell’umanità dall’Unesco». Lo sostiene il grafologo Claudio Garibaldi, coordinatore della campagna per il diritto di scrivere a mano, lanciata quasi due anni fa dall’Istituto grafologico internazionale «Girolamo Moretti» di Urbino; un polo formativo che ha come direttore il frate conventuale padre Fermino Giacometti. Sull’iniziativa sensibilizzazione verte l’ultimo numero del quadrimestrale Scrittura, diretto da Carlo Merletti e pubblicato dall’Igm.

Professor Garibaldi, come sta andando la campagna?
«I risultati ottenuti in così breve tempo sono stati positivi, talvolta sorprendenti. Occorre però una prospettiva a lungo termine, perché la creazione di consapevolezza sul valore della scrittura a mano richiede il coinvolgimento di molte realtà. Siccome l’obiettivo finale è quello di far dichiarare la scrittura a mano (bene individuale e collettivo) come patrimonio dell’umanità da parte dell’Unesco, ciascuno di noi può dare un contributo».

Con quali iniziative e attività si articola la campagna?
«Fino a poco tempo fa di scrittura a mano si parlava poco, se non in ambiti specialistici. La nostra prima azione è stata creare uno spazio condiviso come punto di riferimento per tutti coloro che avessero a cuore il tema: una pagina Facebook dedicata ('Campagna per il diritto di scrivere a mano'), che ha richiamato subito l’interesse di migliaia di sostenitori. Sono stati avviati contatti con associazioni internazionali, ricercatori, persone della cultura e dello spettacolo, noti rappresentanti dei produttori di mezzi di scrittura. In cantiere, l’organizzazione di una Giornata della scrittura a mano».

Avete ricevuto riconoscimenti dalle istituzioni?
«L’ex ministro dell’Istruzione Stefania Giannini aveva manifestato sensibilità e concreto interesse per la valorizzazione della scrittura a mano, avviando un tavolo di lavoro: ora alcuni progetti condivisi sono in fase di definizione. Se sarà la voce autorevole del Miur a scendere in campo a difesa della scrittura a mano, questo significherà coinvolgere gli insegnanti e le facoltà di Scienze della formazione».

E la risposta dei cittadini c’è stata?
«Abbiamo sempre riscontrato interesse e curiosità. È comunque un dato di fatto che si scrive poco a mano, così come si leggono pochi libri; secondo i dati Ocse, siamo in presenza di un analfabetismo di ritorno. La campagna offre uno spazio di confronto, ma certamente non basta: occorre che le varie agenzie culturali si facciano carico della questione».

Qualcuno vi ha accusato di anacronismo o nostalgia?
«Naturalmente sì, ma crediamo dipenda dalla mancanza di conoscenza di cosa rappresenti e quali funzioni abbia la scrittura a mano. La prima campagna per la difesa del corsivo nacque anni fa negli Stati Uniti, perché il loro core curriculum standard d’insegnamento alle scuole primarie ne aveva escluso l’insegnamento obbligatorio. Ebbene, se in una nazione così pragmatica e tecnologicamente avanzata si sviluppano ricerche scientifiche sull’utilità della scrittura a mano, non si tratta di una battaglia di retroguardia, semmai di una lungimiranza su ciò che serve all’essere umano, specificamente al bambino, per crescere. Molte ricerche scientifiche anche in Europa evidenziano quale grande perdita sarebbe per la civiltà umana mettere da parte la scrittura manuale».

Come proseguirà la campagna?
«Non vogliamo rinchiuderci in ambiti accademici. Scrivere a mano è sostanzialmente un piacere e un’espressione della nostra umanità: cercheremo di divulgare questo messaggio».

Quali i benefici della scrittura a mano?
«Scrivere a mano è uno dei comportamenti più complessi ed educarlo significa promuovere una formazione armonica. L’indifferenza diffusa verso la scrittura manuale si fonda proprio nel considerarla come mero strumento di comunicazione, trascurandone il significato antropologico di base: comportamento che traduce in tracciati grafici la sinergia dei dinamismi psicologici, intellettivo-operativi, relazionali e biologici della persona che lo attua. È un errore ermeneutico che potrebbe avere conseguenze pesanti sull’impostazione e l’efficacia dei processi pedagogici. Tra l’altro, osservare le caratteristiche della scrittura è molto utile per valutare il suctura cesso o meno dei programmi di formazione della persona. E non solo nella cosiddetta fase evolutiva».

A suo parere, può armonizzarsi con l’uso dei mezzi di scrittura tecnologici?
«Anche i fabbricanti di smartphone non sono indifferenti alla questione e stanno immettendo sul mercato prodotti che implicano l’utilizzo di penne digitali, in modo da poter riprodurre la scrittura a mano. Questo potrebbe essere un buon compromesso ma, ripeto, prima dovremmo avere una conoscenza profonda di che cosa sia la scrit- a mano».

Nel numero speciale della rivista «Scrittura », Roberto Pazzi parla di «linguaggio dell’anima » e Dario Cingolani di «essenza vitale e quasi preghiera» a proposito della scrittura manuale. Quale il nesso con la spiritualità?
«La scrittura evidenzia lo 'stile personale' con cui i valori vengono introiettati. C’è la persona che li interiorizza e li vive secondo uno stile 'contemplativo' e chi invece è più portato a esprimerli attraverso l’azione. La scrittura corsiva descrive questa originalità proprio perché esprime l’unicità di chi la esegue. Inoltre le ricerche scientifiche hanno ampiamente dimostrato l’utilità dello scrivere per memorizzare e organizzare pensieri, emozioni e convinzioni personali».

L’interesse per i corsi di calligrafia può far riscoprire il valore della scrittura manuale?
«Per l’uomo contemporaneo, spesso così povero di memoria, richiamare l’attenzione sull’importanza dell’armonia nel comportamento grafico significa evidenziare l’urgenza che venga promossa una crescita secondo criteri di globalità. La scrittura è veramente calligrafica quando esprime la bellezza unica ed esclusiva della persona che sta bene con se stessa, con gli altri e con l’universo».

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