
Paolo Bedin, presidente della Lega di Serie B - Alamy
Domenica sera sapremo chi tra Cremonese e Spezia accompagnerà in A le già promosse Sassuolo e Pisa, mentre ancora incerto è il destino delle retrocesse in C. Playout congelati a causa degli accertamenti sul Brescia che potrebbero rideterminare la squadra che si giocherà la salvezza con la Salernitana che resta in attesa della sua avversaria. «Attendiamo i pronunciamenti della giustizia sportiva per la definizione finale della competizione», chiosa il Presidente della Lega di Serie B Paolo Bedin. Il 56enne vicentino prosegue la tradizione inaugurata dall’ex n.1 della Lega di B, l’attuale ministro dello Sport Andrea Abodi, ovvero quella di un manager puro prestato al calcio e posto al vertice del “ministero dei cadetti”. Bedin infatti è manager dell’Università Cà Foscari di Venezia e relatore in quasi tutti i corsi italiani di management dello sport, nonché membro del board della European Leagues, l’associazione delle leghe professioniste europee di calcio, in quota delle leghe di Seconda e Terza divisione. «Questo è il mio 31° anno di calcio, di cui 12 trascorsi lavorando in Lega di B”, sottolinea Bedin. Un percorso iniziato giovanissimo come dirigente nel Vicenza, la squadra della sua città. «Con il Vicenza allenato da Guidolin ho vissuto il 1° posto in classifica in A, era il 26 novembre del 1998, la vittoria della prima Coppa Italia contro il Napoli e la semifinale di Coppa delle Coppe contro il Chelsea. Ma la cosa di cui vado più fiero è essere riuscito, assieme all’attuale patron Renzo Rosso, a convincere il mio idolo Paolo Rossi ad entrare nel Cda del Vicenza nella mia ultima permanenza come DG del club. Esperienza estremamente importante quella del club perché oggi mi consente di vedere e analizzare al meglio le due facce della nostra realtà: quella dei dirigenti di società e quella di organizzatore del campionato». Quando a Bedin gli si chiede che Lega vuole costruire, lui pensa a una organizzazione che proceda sul doppio binario del “conservare e recuperare. «Un concetto di Lega allargato al core business, organizzare il campionato e redistribuire le risorse ma anche lanciare progettualità che possano dare una spinta e nuove opportunità alle associate e al sistema, un po’ quello che già nel 2010 aveva caratterizzato il ciclo dell’allora presidente Abodi. Una Lega B che si ponga come soggetto pro-attivo, dalla comunicazione al marketing, dalle infrastrutture alla responsabilità sociale, fino ai rapporti internazionali, seguendo un po’ il corso delle più consolidate leghe nordeuropee e americane». Concetti di ampio respiro, che sfociano spesso nel sociale, di cui il presidente Bedin si è recentemente aggiornato allo Uefa Respect Forum. «Al Forum della Uefa sono emersi i temi forti dell’inclusione e della solidarietà che convergono nell’area della sostenibilità e dell’attenzione ai giovani. Anche nel calcio c’è la necessità di una good governance e noi stiamo andando nella direzione di un progetto di ESG Environmental, Social, and Governance, basato sui valori dell’etica, del rispetto e della responsabilità sociale. Tali valori sono stati una costante nella Lega B di quando ero direttore generale, ogni momento sportivo e istituzionale si è sempre ispirato a questi principi. La prospettiva della nuova lega è pertanto quella di recuperare ciò che in passato è stato fatto attraverso queste progettualità, che devono essere necessariamente aggiornate e adeguate alle attuali necessità. Per questo ci doteremo di un piano di sostenibilità in linea con gli obiettivi dell’agenda 2030 che guiderà la Lega e le associate verso una crescita sostenibile. Per Bedin ‘ci sono ambiti e attività che non vanno lasciate all'iniziativa delle singole società, ma vanno alimentate, monitorate e sostenute, anche attraverso l'individuazione di singole professionalità all'interno dei club in grado di coprire nuove aree strategiche, come ad esempio quella ESG». Nell’opera di recupero della presidenza Bedin ci potrebbe essere anche quella di una Nazionale Under 21 B? «L'obiettivo deve essere il potenziamento delle politiche di valorizzazione dei giovani, e in questo senso una proposta di ripristino anche delle rappresentative di lega può avere un senso. Quel progetto, che poi dall’Under 21 venne allargato all’Under 19 e all’Under 17, è venuto meno ma mi auguro che con la Federcalcio si possa riflettere sulla creazione di forme di collaborazione funzionali al sistema sul fronte della valorizzazione dei giovani. Nel nostro campionato anche quest’anno i giovani sono stati impiegati con una buona frequenza, ma è un processo che va stimolato ulteriormente, per averne il più possibile e renderli poi disponibili per le nostre Nazionali». Oltre al problema dei giovani c’è da risolvere quello degli stadi e della sostenibilità. «In questa stagione abbiamo avuto una media di 100mila spettatori per giornata. Questo a testimonianza di una passione popolare che c’è e si rigenera continuamente, una crescita che va di pari misura con quella degli spettatori in A e in C. Ma questa tendenza si scontra con la qualità dei nostri stadi e il dato sconfortante è che i ricavi da ticketing coprono solo il 10-15% dei costi di gestione di una società. Per risolvere questo gap infrastrutturale serve uno stimolo importante sul versante della riqualificazione delle infrastrutture sportive. In tal senso stiamo aspettando di conoscere il Commissario Unico che il ministro Abodi ha annunciato a breve, un passaggio secondo me molto importante. Uniformare infatti le procedure aiuterà tantissimo a snellire l’iter dei singoli studi di fattibilità e le progettazioni preliminari inerenti alla costruzione dei nuovi impianti. Un secondo aspetto da non trascurare sarà poi l’effetto emulazione. Se partono i lavori per i nuovi impianti di 5-6 capoluoghi di provincia inevitabilmente ci saranno altri soggetti stimolati a seguire la strada tracciata ». E chiudiamo con il fronte sostenibilità. «Questo è il tema focale di tutto il sistema calcio che mai come oggi vede unite e compatte tutte e tre le Leghe professionistiche e la Federcalcio. E’ calcolato che il monte stipendi dei calciatori incide per il 70-80% dei costi di gestione di un club medio. La ricerca dei ricavi da diritti audiovisivi è in una fase molto delicata, pertanto se non favoriamo nuovi investitori all’interno delle nostre società andremo inevitabilmente incontro a una profonda crisi. Ma per incentivare questi ingressi dobbiamo avere club più appetibili e conti economici più sostenibili. L’imprenditore moderno che prima di acquistare una società fa analisi finanziarie, patrimoniali e legali, in questo momento è spaventato dai costi del nostro mondo, perché si rende conto che è strutturalmente in perdita. Io per questo nutro grande rispetto per tutte le proprietà, straniere e italiane, che superando quelle paure e le difficoltà gestionali continuano ad investire e a garantire lo spettacolo del calcio nelle 20 città della Serie B».