A Bologna arte e vita vibrano in un aulico giardino

Alla Pinacoteca di Bologna “Il Giardino delle Risonanze” evoca aria, acqua, metamorfosi e sacralità, tra precarietà e ricerca di stabilità dell’esistenza
August 5, 2025
A Bologna arte e vita vibrano in un aulico giardino
Pinacoteca Nazionale di Bologna | Uno scorcio della mostra “Il Giardino delle Risonanze”
Il significato della parola giardino può essere ricondotto all’ebraico gan, che significa proteggere e difendere e oden o eden che significa piacere e delizia. L’uomo, da sempre, ha visto nel giardino un rifugio dove trovare tranquillità. Tuttavia, con il tempo, è divenuto simbolo di altri valori, ad esempio artistici, architettonici, così come ha anche acquisito significati sociali legati alla rappresentazione del potere (si pensi ai vasti giardini realizzati di fronte ai castelli), ma soprattutto è sempre stato il luogo deputato dell’incontro tra natura e artefatto, filtro simbolico insostituibile attraverso il quale gli uomini hanno sempre cercato di configurare il loro stesso rapporto con la natura. Tutto questo costituisce lo spunto da cui prende le mosse la mostra Il Giardino delle Risonanze, nata in collaborazione tra Musei Nazionali di Bologna e Mambo, da un’idea di Costantino D’Orazio e Lorenzo Balbi e curata da Giulia Adami e Valerio Mezzolani. La mostra trasforma il luogo dove è ospitata, la Pinacoteca Nazionale di Bologna (fino al 14 settembre), in un uno spazio di relazioni, tensioni e armonie in cui l’umano e il naturale si intrecciano e si rispecchiano. Le connessioni che emergono sono risonanze simboliche e formali, capaci di attraversare epoche, linguaggi e sensibilità grazie al confronto e al dialogo tra una trentina di opere provenienti dai depositi della Pinacoteca – molte delle quali raramente visibili al pubblico - e le ricerche di artisti contemporanei rappresentativi della scena bolognese. La mostra evoca un luogo poetico, un immaginario giardino dove gli echi del passato trovano una vera e propria materializzazione storica riportando alla memoria il passato del Salone degli Incamminati, dove ora è allestita l’esposizione, che sorge su un antico giardino, in seguito coperto con un cortile che connette Accademia di Belle Arti e Pinacoteca. Il percorso espositivo, introdotto dal brano musicale barocco Se l’aura spira del 1630 di Girolamo Frescobaldi, si snoda attraverso temi evocativi intorno agli elementi concreti e simbolici del giardino: il vento, l’acqua, il paesaggio interiore, la soglia sacra, la metamorfosi, l’aria. Come quella in movimento della installazione sonora per ventilatori, altoparlanti, pail-lettes, campanellini dal titolo Rodilla di Anna Tappari, opera messa in relazione con il Paesaggio entro giro d’angeli, olio su rame di anonimo bolognese del XVII secolo, che evoca un giardino antico. La Figura al lavabo di Francis Bacon e il seicentesco Busto di Muzio Frangipane modellato da Alessandro Algardi affrontano i temi delle fontane e delle statue in un confronto con il lavoro poetico e sensoriale di Eva Marisaldi ed Enrico Serotti. Poi con la scultura Niente di personale di Italo Zuffi, in rapporto all’angoscia della metamorfosi kafkiana raffigurata dall’incisione di Hans Fronius e a quella frammentazione della memoria che pare leggersi in filigrana negli studi dell’artista bolognese dell’Ottocento Luigi Serra, si viene condotti nello spazio più intimo del giardino, dedicato alla riflessione esistenziale. Riflessione che è ripresa da Federico Zamboni con Abitare in mostra, una tenda da campo con la quale l’artista ricrea una condizione di domesticità provvisoria, luogo di riposo dopo lunghe marce o di riparo per migranti. Un simbolo che rimanda alla precarietà dell’esistenza e alla continua ricerca di una stabilità, di una protezione dalle insidie del mondo. Un focus della mostra è ospitato al Mambo dove le risonanze trovano forma nell’incontro tra l’opera monumentale di Renato Guttuso I funerali di Togliatti e la pittura ottocentesca rappresentata da due tele di Antonio Muzzi ed Enrico Romolo, rispettivamente intitolate Giulio Sabino davanti a Tito, una scena di storia romana, e Un’eroina della sfortunata Carini in Sicilia, effigie di una popolana risorgimentale.

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