Macchine intelligenti, una nuova idolatria?

Le persone si rivolgono a dispositivi capaci di dialogo, vedendovi la soluzione. Il rischio è il vederci la trascendenza del Dio onnisciente e onnipotente
December 6, 2025
Macchine intelligenti, una nuova idolatria?
«Il popolo, vedendo che Mosè tardava a scendere dal monte, fece ressa intorno ad Aronne e gli disse: “Fa’ per noi un dio che cammini alla nostra testa, perché a Mosè, quell’uomo che ci ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto”» (Esodo 32). Ciò che accadde dopo è risaputo, Mosè «afferrò il vitello che avevano fatto, lo bruciò nel fuoco, lo frantumò fino a ridurlo in polvere, ne sparse la polvere nell’acqua e la fece bere agli Israeliti». In assenza di una guida ferma, il popolo aveva costruito un idolo e l’aveva venerato.
L’idolatria è un tema molto importante nelle religioni monoteiste, perché affronta il pericolo più grave che una comunità religiosa possa correre, sostituire il suo Dio immateriale e trascendente con qualcosa di fisico, materiale, che si può vedere e toccare. È un tema così fondamentale che l’ebraismo e l’islamismo arrivano al punto di vietare le icone, di evitare di rappresentare Dio mediante oggetti o immagini. Il cristianesimo adotta invece una concezione più aperta, distinguendo tra “latria” e “dulia”. La prima è esclusivamente rivolta a Dio, la seconda è la venerazione verso i santi, gli angeli, le immagini sacre, ed è l’onore tributato a un’entità superiore in santità, distinto dall’adorazione dovuta solo a Dio.
I tempi cambiano e nuovi attori si presentano sullo scenario teologico. Tra questi spicca l’intelligenza artificiale che, per la prima volta nella storia dell’umanità, realizza macchine dotate di linguaggio, macchine che ascoltano e rispondono alle domande degli umani. Non sono dotate della fisicità delle statue e delle immagini sacre, ma nella loro immateriale sostanza rappresentano i nuovi idoli. A loro l’uomo si rivolge per chiedere aiuto, per risolvere problemi la cui soluzione richiede capacità sovrumane. In loro l’uomo potrebbe ravvisare la stessa trascendenza riservata a Dio, onnisciente e onnipotente?
Da un punto di vista teologico non è semplice parlare di intelligenza artificiale. Le parole di papa Francesco sono illuminanti, quando afferma che è una tecnologia capace di aiutare l’umanità ma anche di aumentare le differenze tra chi ha e chi non ha, di contribuire alla crisi ecologica in atto con il consumo di enormi quantità di energia elettrica e di acqua. Francesco ribadisce il ruolo strumentale dell’intelligenza artificiale, escludendone implicitamente la natura idolatra. Saggiamente la equipara agli altri risultati dell’ingegno umano che, quando usati per fini non eticamente validi, si possono trasformare in strumenti pericolosi.
Se superiamo le preliminari diffidenze, possiamo trovare alcuni elementi positivi dell’intelligenza artificiale, nel contesto religioso. Prima, però, dobbiamo far attenzione agli attori coinvolti, vale a dire i credenti, per capire in che modo già la utilizzano o come potrebbero farlo. Per rimanere nel dominio degli oggetti materiali, concentriamo la nostra attenzione sulle Sacre scritture, elementi fondanti di ogni religione, almeno di quelle storicamente riconosciute.
Le Sacre scritture sono il punto di riferimento teologico che consente di apprendere la storia e gli elementi dottrinali della pratica religiosa. La loro natura testuale ne consente la lettura, lo studio, e la condivisione con gli altri credenti. Un’ampia letteratura le spiega, le interpreta, le trasmette e ne suggerisce riflessioni profonde. L’intelligenza artificiale, soprattutto quella generativa, può offrire una nuova opportunità per accedere a questo enorme patrimonio culturale, agendo da guida nella ricerca di fatti, nella spiegazione di concetti, nell’elaborazione di collegamenti intra e interreligiosi. In un mondo che sempre più apre al dialogo tra le fedi, la conoscenza documentata assume un rilievo significativo. Le Sacre scritture sono materia conosciuta, quotidianamente consultata, studiata e discussa. Rappresentano la pietra miliare sulla quale impostare l’opera evangelica e il dialogo con i fedeli. Anche in questo ambito l’intelligenza artificiale generativa può offrire un importante contributo. In tutti i casi, è però indispensabile verificare la correttezza e la precisione delle informazioni fornite dalle macchine. Allucinazioni, confabulazioni, risposte errate, incomplete o inventate non devono inquinare il dialogo con gli umani su una materia la cui interpretazione molto dipende dallo stato d’animo e dalla preparazione di chi la avvicina.
«L’adoratore di congegni idolatra i prodotti della rivoluzione digitale, perché sono i mezzi con i quali perpetuare i propri sogni infantili di potenza». Con queste e altre parole Roberto Presilla risponde alla domanda dell’utilità di Dio nella società tecnologica (“Paradoxa”, aprile/giugno 2025). L’intelligenza artificiale è “il” nuovo idolo della società, utilizzata quotidianamente da miliardi di persone per ottenere informazioni, svolgere attività lavorative anche complesse, ma anche per svago e conforto psicologico. Se la religione non è l’oppio dei popoli ma, come afferma Adriano Fabris, ciò che «colloca l’individuo all’interno di un legame preliminare (religamen) con il divino», le macchine intelligenti stanno instaurando con gli umani un rapporto interattivo caratterizzato dagli insidiosi aspetti della dipendenza.
Ha allora senso cercare nell’intelligenza artificiale quegli elementi che caratterizzano il rapporto dell’uomo con Dio? La materialità umana, che ci costringe ad affrontare la morte come continuazione naturale della vita, non si ritrova nelle macchine che «funzionano, mentre l’uomo esiste», considerazione fatta da Paolo Benanti in uno dei suoi tanti interventi pubblici. Ma se una macchina non esiste, diventa impossibile assegnarle quella trascendenza che guarda a ciò che ci sarà dopo la morte, alla ricerca di un fine per un’esistenza che altrimenti sarebbe solo “vegetale”, senza togliere dignità alle piante e ai fiori. Una macchina può essere spenta, il suo software può essere migrato su un’altra macchina per continuare a funzionare senza alcun trauma. La coscienza umana, invece, è intrinsecamente legata al substrato biologico da cui è emersa, per alcuni solo in seguito a un’incredibile evoluzione genetica, per altri grazie a un soffio divino. In definitiva, come osserva Valentino Maraldi, è «in particolare la loro mancanza di interiorità, di coscienza, di apertura a un futuro altro rispetto al passato dei dati sui quali si sono addestrate» a far dubitare che le macchine possano oggi o in futuro mediare in un qualche modo l’incontro con Dio.
Tali convinzioni, però, non sono sufficienti a farci ignorare il rischio che l’intelligenza artificiale diventi “la” nuova religione del futuro prossimo. Il funzionamento delle macchine intelligenti richiede enormi quantità di risorse economiche, disponibili solo a un ristretto numero di aziende. Adorare queste macchine significa dipendere dalle loro finalità e dalla loro visione del mondo. In ogni momento il fedele può ritrovare le ragioni della propria fede nelle sacre scritture, con il conforto di chi le ha studiate e narrate. Tutto ciò non è possibile con le macchine, i cui algoritmi sono invece basati su formule matematiche, estranee alla vita. E se questo non è sufficiente, allora ricordiamoci dell’ammonimento di Francesco che, durante il G7 nel giugno 2024, disse con poche ma sagge parole «l’intelligenza artificiale è uno strumento affascinante e tremendo».

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