lunedì 9 novembre 2020
Il filologo e romanziere è scomparso a 74 anni per le conseguenze del Covid-19. Al centro del suo interesse scientifico e di narratore la poesia d'amore del Trecento
Il filologo e scrittore Marco Santagata

Il filologo e scrittore Marco Santagata - Ansa/Elisabetta Baracchi

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Non ce l’ha fatta a vincere il Covid, che l’aveva colpito, in una situazione fisica già delicata, Marco Santagata, scrittore e critico letterario tra i più importanti negli ultimi trent’anni, emiliano di Zocca, dove era nato nel 1947, lo stesso paese di Vasco Rossi, in quella provincia emiliana che lo scrittore aveva raccontato nel suo romanzo d’esordio, Papà non era comunista (Guanda, 1996), attraverso gli umori di una famiglia a metà borghese a metà contadina, che riassume in sé un po' tutti i sentimenti, i rancori, le contraddizioni di una società provinciale.

Arrivava alla narrativa, come altri critici (su tutti ricordiamo il caso di Umberto Eco) che avevano già consolidato il proprio ruolo nell’ambito accademico, filologico e critico, assumendosi il rischio di “giocare” su un genere letterario diverso, quello del racconto, che Santagata ha sempre però riportato nell’ambito dei suoi interessi e della grande letteratura, da Dante a Petrarca, di cui si era occupato in modo approfondito e con edizioni critiche che restano senz’altro degli imprescindibili punti di riferimento. Del resto Santagata ha voluto coniugare l’indagine “alta” e filologica, con quella, sempre sorretta da un punto di vista critico di alto livello, più divulgativa, proprio per avvicinare il senso di una lettura contemporanea dei grandi classici della letteratura italiana al maggior numero di lettori.

Laureatosi alla Scuola Normale, ha insegnato Letteratura italiana all’Università di Pisa. Dal 1984 al 1988 ne ha diretto l’Istituto di letteratura italiana ed è stato poi direttore del Dipartimento di Studi italianistici. È stato visiting professor in molti atenei prestigiosi come la Sorbona, l'Università di Ginevra, la UNMA di Città del Messico e Harvard.

La sua attività di studioso e critico ha avuto come campo d’indagine privilegiato soprattutto la poesia dei primi secoli, con una particolare attenzione verso Dante e Petrarca. Su Dante, di cui ha curato per i Meridiani Mondadori l’edizione commentata delle “Opere”, ha scritto vari libri, tra i quali una biografia Dante. Il romanzo della sua vita (Mondadori, 2012). Tra i lavori petrarcheschi si segnalano il commento al Canzoniere, sempre per “I Meridiani” (2004), considerato ormai un caposaldo della critica e della filologia e l'edizione di riferimento dell’opera, oltre a L’amoroso pensiero. Il romanzo di Laura (Mondadori, 2014).

Del resto l’aspetto del poeta innamorato è uno dei temi che Santagata indaga maggiormente nel suo lavoro critico, proponendo una diversa e più moderna prospettiva come indica nel saggio su Dante, Petrarca e la poesia amorosa medievale (Guanda, 2017) in cui rivendica una nuova prospettiva di ricerca, in cui sottolinea come non solo sia possibile ma doveroso superare lo schermo del formalismo e della stereotipia medievali e affermare con forza che quella poesia amorosa prima ancora che con la letteratura dialoga con la vita, guidato dalla convinzione che recuperare i dati di realtà consenta di apprezzare meglio la poesia di quell’epoca e perfino di scoprirne la modernità.

È un aspetto che compare anche nella narrativa: nel romanzo che lo ha fatto conoscere come narratore, vincitore del Premio Campiello nel 2003, Il maestro dei santi pallidi, racconta la storia di un guardiano di mucche che vive in un borgo dell'Appennino modenese e la sua formazione alla pittura, nel tempo quattrocentesco, fino a diventare un maestro. In Il Copista. Un venerdì di Francesco Petrarca, una delle sue narrazioni più intense che, dopo una prima edizione Sellerio (2000), è stato da poco riproposto da Guanda, ricostruisce un ritratto profondamente umano del grande poeta, immaginandolo in una giornata d’ottobre, prossimo alla morte, alla prese con la composizione di una poesia tra irrequietezza e dissapori dell’anima. Con Come donna innamorata, entrato nella cinquina del Premio Strega 2015, riporta in scena il giovane Dante assillato da un interrogativo davanti alle spoglie di Beatrice Portinari: come si può continuare a scrivere quando la morte ti ha sottratto la tua Musa? E a Dante ritorna anche nel nuovo romanzo che aveva da poco consegnato a Guanda e che verrà pubblicato nei primi mesi del prossimo anno.

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