Open access: dalla Rete dei pionieri alla Rete di tutti

Al convegno “Out of the Box – Internet bene comune”, alcuni esperti riflettono sulle nuove sfide della società digitale: inclusione, trasparenza e futuro dell’open access, ma anche responsabilità
November 29, 2025
Open access: dalla Rete dei pionieri alla Rete di tutti
Venticinque anni dopo la nascita di Internet Society Italia, l’eredità dei pionieri della rete è tornata al centro dell’attenzione. Venerdì 28, all’Auditorium dell’Università del Piemonte Orientale di Novara, il convegno “Out of the Box – Internet bene comune” ha riunito infatti ricercatori, tecnologi, giuristi, amministratori e cittadini per riflettere su cosa significhi vivere in un ambiente digitale che non è più solo infrastruttura, ma quotidianità. Un anniversario quindi che guarda al passato, ma anche a sfide del presente come le disuguaglianze di accesso, le vulnerabilità della rete e le opportunità per lo sviluppo umano. Come ha spiegato a questo proposito Stefano Giordano, presidente di Internet Society Italia, «la rete non è solo la rete per tutti, ma la rete di tutti: un ecosistema che esiste grazie ai grandi attori globali, ma anche grazie ai piccoli operatori, alle comunità locali e agli utenti stessi». Un principio che per Giordano è filosofico ma anche tecnico: «Non c’è innovazione se non si possono mettere le mani nella tecnologia». È questo, ha detto il presidente, il senso profondo dell’open access, che riguarda sì la connettività, ma anche la conoscenza, il software, i dati, la possibilità di partecipare davvero allo sviluppo della rete.
A proposito di partecipazione, nel programma del convegno, uno dei panel più attesi è stato “Internet per lo sviluppo umano”, che ha affrontato l’intreccio tra intelligenza naturale, artificiale e collettiva. Federico Galatolo, ingegnere informatico e ricercatore all’Università di Pisa, ha offerto una lettura fondata su un equilibrio delicato, ovvero la sinergia tra diverse forme di intelligenza, «che funziona – ha detto – solo se l’essere umano resta al centro. L’Intelligenza Artificiale è uno strumento potentissimo: permette a chi non ha competenze specifiche di realizzare compiti complessi, come creare un sito web conversando in chat, come avere un esperto sempre in tasca. Ma se il fine ultimo diventa altro, per esempio orientare comportamenti, allora si rompe il patto di fiducia».
Per Galatolo, la grande sfida è culturale: «Senza una minima base di conoscenza digitale – ha commentato – l’IA può farci credere tutto, perché amplifica, nel bene e nel male. Serve consapevolezza critica, che spesso manca nel substrato culturale globale». Sul piano tecnico, ha aggiunto che molto ruoterà attorno a modelli più trasparenti e controllabili, ma senza illusioni: «Più un algoritmo è spiegabile, meno è intelligente. Stiamo lavorando per colmare questo divario anche attraverso l’incorporamento, per esempio con robot espressivi, che rendono comprensibili i loro stati interni attraverso il comportamento».
Un esempio significativo in questo senso è Abel, il primo robot umanoide nato dalle avveniristiche ricerche degli anni Ottanta al Centro Piaggio UniPi di Pisa, capace di provare empatia e protagonista anche di esperimenti di economia comportamentale, oltre che utilizzato in ambito di autismo e neurodivergenza. Non a caso, tra i temi più sensibili del convegno c’è stata l’inclusione: come fare quindi in modo che Internet e l’intelligenza artificiale possano diventare strumenti per ridurre, e non ampliare, le disuguaglianze: «Con il robot Abel – ha detto Galatolo – riusciamo a modulare espressioni emotive per allenare persone nello spettro autistico. È un perfetto ponte tra mondi: un ambiente sicuro e prevedibile che aiuta a costruire competenze relazionali».
La questione dell’inclusione è però anche questione di accesso, materiale e culturale, e torna nelle parole di Giordano, che ricorda come Internet Society da anni lavori su progetti atti a connettere territori remoti e comunità isolate: «In molte aree alpine – ha spiegato – la connettività l’hanno fatta i cittadini, con reti di comunità. Sono esperienze che mostrano quanto l’apertura tecnologica sia fondamentale: non è solo trasporto del bit, ma integrazione del calcolo, sono nuovi modelli di partecipazione». L’open access, ha insistito, è infatti una condizione di democrazia: «Più persone usano la rete, più cresce il suo valore. Ma questo richiede skill, cultura digitale, capacità di non essere meri utenti».
Sul piano etico Giordano ha richiamato due concetti ormai centrali, ovvero algoretica e algocrazia: «Dobbiamo assicurarci che nell’algoritmo ci sia solo ciò che è consentito. Se un sistema per esempio può convincerti a spendere di più, può anche influenzare scelte politiche. Per questo servono spazi di confronto come questo convegno, dove competenze diverse si incontrano e la governance resta multistakeholder». In vista dei prossimi venticinque anni, sia Galatolo che Giordano convergono su un punto: serve una cittadinanza digitale più consapevole. «Non è sufficiente saper aprire un doc per scrivere», avverte Galatolo, che continua: «Bisogna imparare come funzionano chiavi crittografiche, servizi digitali, diritti sulla privacy. Senza queste basi non ci si rende conto di tutto ciò che si perde».
Giordano ha aggiunto anche che il futuro dell’open Internet dipenderà molto dalla capacità di restare curiosi, partecipativi, competenti: «Internet è nata da chi ha saputo immaginare ciò che ancora non esisteva. Dobbiamo continuare così». Guardando al futuro, Giordano invita a non dimenticare lo spirito originario della rete: apertura, collaborazione, responsabilità condivisa: «Il valore di Internet – ha detto– cresce con il contributo di ciascuno di noi. Se vogliamo che resti un bene comune, dobbiamo continuare a costruirla insieme». «Internet – ha concluso – ha trasformato ogni aspetto della nostra vita, dall’intrattenimento all’istruzione, dalla sanità ai trasporti. È fondamentale, però, ricordare che la rete non appartiene a pochi monopolisti, ma ai suoi utenti. Senza il contributo di ogni individuo, dall’utente finale al rappresentante della pubblica amministrazione, la rete non esisterebbe. Questo è il principio fondamentale dell’Internet Society, che ha sempre sostenuto lo sviluppo di una rete aperta, sicura, affidabile e accessibile a chiunque nel mondo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA