L'Unesco salva i siti archeologici genovesi sul Mar Nero
Il progetto “Eirene”, guidato da studiosi italo-russi, lavora alla tutela delle fortificazioni erette dalla Superba nel Medioevo

La guerra minaccia l’eredità della Superba. Il progetto Unesco “Eirene” fa riemergere i resti archeologici delle colonie genovesi sul Mar Nero: sostenuta dall’associazione Italia nostra, l’iniziativa che prende nome dalla dea della pace opera in un territorio complesso, che da più di dieci anni è al centro del conflitto tra Russia e Ucraina. Qui un gruppo di ricercatori italo-russi è impegnato in un lavoro interdisciplinare finalizzato al censimento dei siti archeologici, alla realizzazione di un museo europeo della civiltà genovese e all’inserimento delle fortificazioni all’interno della lista dei patrimoni dell’umanità.

In quest’area la presenza ligure ha una storia millenaria: nel 1204, al termine di una crociata sui generis terminata in uno scontro militare tra ortodossi e cattolici, i Veneziani espugnano Costantinopoli, costringendo i Bizantini ad abbandonare la loro patria. Il cronista Niceta Coniata racconta l’esodo dei cittadini, che fuggono dalla città come i Troiani da Ilio. La Serenissima impone il proprio dominio sul Mediterraneo orientale, ma la riconquista bizantina cambia di nuovo gli equilibri tra le due repubbliche marinare: la caduta dell’Impero latino riporta i mercanti liguri nelle acque del Mar Nero e da qui la Superba comincia la sua espansione verso l’entroterra. Sfruttando il periodo di crescita economica favorito dall’instaurarsi del dominio dei Mongoli, che vigilano sulla Via della Seta, i Genovesi espandono il volume dei traffici commerciali e, grazie a un accordo con il khan tartaro Oran Timur, si insediano in Crimea. Nel 1266 fondano Caffa, uno dei centri peninsulari studiati all’interno delle ricerche condotte nell'ambito di “Eirene”: la città si espande e, data la sua posizione strategica, è costretta a dotarsi presto di una cinta muraria per respingere i tanti assedi a cui viene sottoposta nei secoli. Alla fine del Medioevo un nuovo rivolgimento politico determina la fine della parabola genovese della Regina del Mar Nero: dopo aver preso Costantinopoli, gli Ottomani stringono un accordo con Venezia e, a questo punto, espugnano la colonia. Caffa, tuttavia, è solo uno degli insediamenti liguri studiati dai ricercatori italo-russi, che negli anni hanno esteso la propria indagine a Kerch, Balaklava e Sudak, dove il paesaggio è dominato dalla torre del Pastore, come la chiamano i turchi, il presidio di Choban-Kule, eretto nel XV secolo e appartenuto ai fratelli Guasco: i notabili genovesi ottengono il terreno per la sua costruzione dal Banco di san Giorgio e nel 1459 avviano i lavori per realizzare il forte, che tuttavia non viene mai ultimato a causa dell’invasione delle truppe di Maometto II. Tra le colline che attraversano la zona vicino Sebastopoli, oggi conosciuta per le cronache di guerra, si trova invece la torre di Chorgun, una fortificazione che, a differenza degli altri insediamenti genovesi, ha la particolarità di essere situata lontana dal mare. La sua posizione atipica sarebbe dovuta alla necessità di difendersi dagli attacchi dal mare, una strategia che in Italia si riscontra nel periodo delle Seconde invasioni.
Alla fine del Quattrocento l’espansione degli Ottomani mette fine all’esistenza dell’Impero bizantino e, con la caduta della Seconda Roma, la rotta tra Genova e le colonie passa sotto il controllo della Sublime Porta. Oggi il lavoro di “Eirene” fa i conti con una nuova invasione, quella russa, che dal 2014 si è riversata sulle antiche fortificazioni della Superba.
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