Ken Follett racconta l'alba di Stonehenge
di Ken Follett
Il nuovo romanzo dello scrittore britannico ruota attorno al cromlech megalitico, uno dei più antichi sistemi trilitici noti. La storia si apre durante il Rito di Mezza Estate del 2500 a.C.

Questo brano è tratto dal primo capitolo del romanzo Il cerchio dei giorni, oggi in uscita in contemporanea mondiale (Mondadori, pagine 704, euro 27,00): il nuovo libro di Ken Follett è un romanzo epico sulla costruzione di Stonehenge, ancor oggi uno dei più grandi misteri del mondo. L’autore sarà a Milano domenica 12 ottobre al Teatro Carcano, alle ore 18.30; modererà l’incontro Pier Luigi Vercesi.). La storia si svolge nell’anno 2500 a.C. e si apre durante il Rito di Mezza Estate che segna l’inizio di un nuovo anno, quando le genti dei dintorni si recano al monumento di Stonehenge per celebrare questo importante momento di incontro e di scambio anche di merci tra le diverse tribù: selci, pelli, cibo… Nel passo che proponiamo entrano in scena alcuni dei personaggi principali del romanzo: Seft, un giovane cavatore di selci di grande inventiva, e Neen, la giovane che Seft ha incontrato durante il precedente Rito di Primavera e di cui è innamorato.
Neen posò raschiatoio e pelle e si alzò in piedi. « Finirò più tardi» disse. Lo prese per un braccio e allontanò un maiale con un calcio. « Andiamo in un posto più tranquillo» disse. Si avviarono verso ovest, allontanandosi dal fiume. Il terreno era in pendenza, come spesso accade vicino ai fiumi. Lui voleva parlarle, ma non sapeva da dove cominciare. Dopo averci pensato parecchio, disse: «Sono molto felice di rivederti ». Lei sorrise. « Anch’io.» Era un buon inizio. Arrivarono a una strana struttura costituita da anelli concentrici fatti con tronchi d’albero. Era evidentemente un luogo sacro. Girarono intorno al cerchio. « La gente viene qui quando vuole stare tranquilla e riflettere» disse Neen. «O per parlare, come noi. E gli anziani si riuniscono qui.» « Ricordo che hai detto che tua madre era un’anziana.» «Sì. È molto brava a risolvere le controversie. Riesce ad ammansire le persone e a farle ragionare. » « Anche mia madre era così. A volte riusciva a far ragionare persino mio padre.» « Mi hai detto che è morta quando avevi dieci mezze estati.» «Sì. Ha concepito un bambino in tarda età e sono morti entrambi. » « Deve mancarti molto.» « Non so dirti quanto. Prima che lei morisse, mio padre non considerava affatto noi ragazzi. Forse aveva paura a prendere in braccio i suoi figli, chissà. Non ci toccava mai, non ci rivolgeva neppure la parola. Poi, quando la mamma è morta, all’improvviso ha dovuto occuparsi di noi. Credo che odiasse prendersi cura dei bambini e che odiasse noi perché lo costringevamo a farlo.» « È orribile» disse Neen a bassa voce. « Ancora adesso non ci tocca mai... se non per punirci.» «Ti picchia?» «Sì. Me e i miei fratelli.» «Tua madre non aveva paren-ti che potevano proteggervi?» Una grossa parte del problema era proprio questo, Seft lo sapeva. I genitori di una donna, i fratelli e i cugini dovevano prendersi cura dei suoi figli se lei moriva. Ma sua madre non aveva più nessuno. « No» rispose « non aveva parenti.» « Perché non te ne vai?» «Un giorno lo farò. Presto. Ma prima devo capire come cavarmela da solo. Ci vuole molto tempo per scavare la fossa di una cava e morirei di fame prima di trovare delle selci da barattare.» « Perché non le raccogli dai ruscelli e dai campi?» « È un tipo diverso di selce. Ha dei difetti nascosti che la rendono più facile alla rottura, sia quando viene sagomata sia quando viene usata come utensile. Noi estraiamo quella che si trova negli strati profondi di roccia, che non si rompe. Può essere utilizzata per fare le grosse teste d’ascia di cui la gente ha bisogno per tagliare gli alberi.» « Come si fa? Si scava una fossa? » Seft si sedette e Neen lo imitò. Diede un colpetto sull’erba accanto a sé. «Qui lo strato di terra non è molto profondo. Scavando, arriviamo presto a uno strato di roccia bianca chiamata gesso. Lo scaviamo con picconi ricavati dalle corna dei cervi rossi.» «Sembra un lavoro duro.» «Tutto ciò che ha a che fare con la selce è duro. Ci spalmiamo l’argilla sui palmi delle mani per evitare che ci vengano le vesciche. Poi scaviamo per togliere il gesso, possono volerci settimane, e certe volte, finalmente, arriviamo a uno strato di roccia buona.» « Ma non sempre?» « No.» «Quindi avete fatto tutto quel lavoro per niente?» « E dobbiamo ricominciare da un’altra parte e scavare una nuova fossa.» « Non avevo mai pensato a come si ricava la selce.»
Traduzione di Annamaria Raffo Copyright © 2025 Ken Follett © 2025 Mondadori Libri S.p.A.
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