mercoledì 12 settembre 2018
«Non sarà un percorso storico o letterario ma una lettura spirituale dell’arte per capire cosa dice della vita come compimento dell’uomo secondo Dio». In onda da domenica 16 settembre
La bellezza del sacro raccontata da padre Rupnik
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Una delle proposte più suggestive della nuova stagione di Tv2000, e non solo per la sua originalità, è senza dubbio La Santa bellezza, otto puntate (in onda la domenica alle 20.30, dal 16 settembre) nate da un’idea di Monica Mondo e scritte insieme a padre Marko Ivan Rupnik. Quest’ultimo – sacerdote, gesuita, teologo e mosaicista – condurrà il pubblico in una sorta di viaggio nella storia dell’arte sacra: «Non sarà un percorso storico o letterario ma una lettura spirituale dell’arte per capire cosa dice della vita come compimento dell’uomo secondo Dio» spiega.

Il sacerdote ammette di avere esitato un po’ prima di accettare la proposta della Mondo: «Non avrei mai pensato di fare un programma televisivo. L’idea mi è sembrata bella, ma non ho accettato subito perché non amo apparire in tv. Con molta perseveranza, però, lei mi ha convinto». Dal canto suo, Monica Mondo spiega di avere conosciuto il sacerdote grazie a un’intervista e di essere rimasta colpita «dalla sua capacità di affascinare con la parola, con il suo sguardo magnetico e con il suo essere controcorrente e provocatorio».

La guida ideale, insomma, per un programma che, nelle intenzioni della sua ideatrice, «non vuole essere una trasmissione per esperti di arte ma per chi vuole capire il rapporto dell’uomo con il sacro e come questo è stato rappresentato dall’arte». E, anche, «cosa si è perso nel tempo e cosa si può recuperare. Perché dal Rinascimento in poi a dominare è la centralità dell’uomo e l’artista rappresenta se stesso. Si è perso l’uso di simboli che aiutano ad entrare in rapporto con Dio per privilegiare la perfezione della forma. Un esempio? Una Madonna di Leonardo ti colpisce per la bellezza dell’opera, ma non ti invita alla preghiera».

Dal punto di vista temporale, il viaggio inizia dalle prime testimonianze figurative dell’uomo. Nelle grotte di Altamira, ad esempio, dove le raffigurazioni di animali dimostrano che l’arte è sempre stata legata alla vita. O, per dirla con le parole di Rupnik, «esprime sempre la vita. Quale vita? Nel Vangelo ci sono tre termini per indicare la vita: bios, psiche e zoe. Quest’ultima, quella espressa dall’arte cristiana, è la vita secondo Dio, quella che le integra tutte perché quando si entra amore non si muore più».

Si parla, poi, della novità dell’arte cristiana che crea immagini fortemente simboliche. Basti pensare all’iconografia del Buon Pastore con il dio Hermes che viene preso a modello per l’immagine del Cristo che salva la pecorella smarrita. Si prosegue, tra i diversi temi affrontati, con la perfezione della forme considerata erroneamente come la bellezza ideale.

Rupnik spiega: «Per spiegare cos’è la bellezza cito i due autori russi che ci aiutano di più in questo senso, Solov’ev e Florenskij. La bellezza è la carne del bene e del vero. Il bene, per essere veramente tale, deve manifestarsi come bellezza. E la bellezza è manifestazione della verità come amore. Se la verità non si può rivelare come amore, è un idolo». Monica Mondo aggiunge: «Siamo stati educati a pensare che la bellezza sia soggettiva. Essa, invece, è legata al vero, sennò è un’illusione di bellezza che ci distrae. Nella cultura cristiana c’è un chiaro legame tra la bellezza e la verità; quando si è perso questo legame gli artisti sono diventati splendidi imitatori della realtà».

Ecco, dunque, il senso più profondo de La Santa bellezza il cui set, non a caso, è il Mausoleo di Santa Costanza, a Roma: un mausoleo romano trasformato in chiesa sulle cui pareti in pietra, sulla cupola e nelle nicchie si materializzano le immagini di cui Rupnik sta parlando, creando effetti suggestivi e conducendo lo spettatore in un percorso che segue il filo dell’arte come luogo della missione della Chiesa e tocca il tema dell’evangelizzazione, il rapporto tra fede e ragione, il linguaggio artistico cristiano, lo sguardo del simbolo, l’arte come realtà di popolo.

Dostoevskij, citato da Giovanni Paolo II e da papa Francesco, diceva che la bellezza ci salverà: «La bellezza salva quando uno si apre perché lo Spirito Santo possa agire. E poiché l’azione massima dello Spirito Santo è donare, la bellezza ci salva perché ci porta fuori da noi stessi» commenta Rupnik. Che conclude: «È come nella liturgia: noi mettiamo l’offerta sull’altare ma, se non scende lo Spirito Santo, rimane lì. Si compie solo accogliendo l’azione di Dio».

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