giovedì 12 novembre 2020
Alla vigilia del convegno nazionale (online) del Movimento per la Vita, dei Centri aiuto alla Vita e delle Case di accoglienza la presidente interviene sui dibattiti più d'attualità
Marina Casini Bandini

Marina Casini Bandini

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C’è anche il Piccolo Principe al 40° Convegno nazionale dei Movimenti per la Vita, dei Centri aiuto alla Vita (i Cav) e delle Case di accoglienza (più una giornata di Forum europeo «Uno di noi») che inizia domani, tutto online, fino a domenica. «Tu sei per me unico al mondo» evoca nel tema dell’assemblea virtuale lo sguardo del cuore cui educò il Movimento Carlo Casini, scomparso il 23 marzo: a lui è intitolato il convegno, che lo ricorderà nella giornata di apertura.
La presidente Marina Casini Bandini, figlia del fondatore, è fiera che l’appuntamento nazionale sia stato confermato, tutto intero, in un anno tribolatissimo.


Presidente, è il primo convegno nazionale senza Carlo Casini...
Certamente è venuto meno, dal punto di vista terreno, un riferimento fondamentale. È innegabile che il babbo sia stato l’anima del Movimento al quale ha dedicato tutto se stesso, con la convinzione, comunque, che fosse uno strumento e non un fine: perché il fine è la civiltà della verità e dell’amore la cui prima pietra, come diceva sempre, è il riconoscimento del concepito come uno di noi. Ha lasciato un patrimonio culturale e spirituale enorme a cui continuiamo ad attingere. Da anni e anni raccolgo i suoi scritti, sarebbe importante organizzarli in un sito, così che chiunque possa conoscere e approfondire il suo pensiero, trarne ispirazione, forza e coraggio.


La pandemia sta mettendo alla prova tutta la società. Il Movimento cosa sta imparando?
Che insieme si può, nonostante tutto; che ciascuno di noi può trovare nel Movimento l’amicizia, la condivisione, l’affetto che danno la forza di resistere e di andare avanti; che possono emergere risorse spirituali quando meno te lo aspetti. Per le volontarie e i volontari abbiamo fatto una sorta di badge personalizzato che permette loro, anche in regime di restrizioni, di circolare e andare al Cav o direttamente dalle mamme. Lo stesso convegno nazionale è una prova dello spirito di squadra che nella difficoltà si è rafforzato e della volontà di non rassegnarsi.

Questa prova ci sta mostrando la vulnerabilità della nostra vita. Cosa può apprendere la società da un tempo così difficile?
Che l’autosufficienza non è la condizione dell’uomo, siamo precari e tutti collegati. Che non possiamo vivere senza affidamento reciproco. Che la vita è un bene prezioso di cui siamo responsabili per noi stessi e per gli altri. In fondo è proprio lo sguardo sul più povero dei poveri, il non nato, colui che la società rifiuta di guardare, che ci pone di fronte all’essenza della nostra umanità e ci rende capaci di vera accoglienza e solidarietà verso tutti.

I dati annuali mostrano un calo accelerato degli aborti in Italia, con la crescita esponenziale del consumo dei cosiddetti "contraccettivi d’emergenza". Come incide questa realtà sulla vostra missione?
I Cav devono avere una maggiore visibilità: è importante sapere che esistono, perché sono comunque un richiamo all’esistenza di un figlio, cioè proprio quanto si vuole ignorare. Ma soprattutto diventa sempre più importante rafforzare anche nei Cav la formazione e la competenza per affrontare le nuove sfide. Il progetto "Generare sorrisi", che stiamo svolgendo con la Confederazione italiana Regolazione naturale fertilità e la Società scientifica italiana per la Conoscenza della fertilità, ha proprio questo significato. Da parte dell’operatore è richiesto "calore", capacità di spezzare la solitudine, doti umane che sappiano valorizzare l’altro accogliendolo senza pregiudizi, attitudine all’ascolto attivo. L’invito ai volontari è di avere cura della propria formazione, facendosene carico responsabilmente.

La "pillola dei 5 giorni" EllaOne ora è accessibile liberamente anche alle adolescenti. Voi ne incontrate tante ogni anno alle prese con una maternità inattesa che mette in subbuglio la loro vita. Qualcuno potrebbe dirvi che dovreste persino augurarvi la diffusione di farmaci che evitano gravidanze tra le giovanissime... Lei cosa risponderebbe?
Che è assurdo. È come quando si dice che per evitare l’aborto bisogna fare la diagnosi genetica sugli embrioni umani prima del trasferimento in utero. O come quanto si esulta per la diminuzione degli aborti e poi si riportano le cifre enormi delle confezioni vendute di pillole del giorno dopo o dei 5 giorni dopo. Voglio dire che il rimedio all’uccisione di esseri umani non possono essere strumenti innovativi che permettono comunque l’uccisione in una fase più precoce della vita. È vero che non è automatica la distruzione di un concepito in corrispondenza dell’assunzione di Norlevo o EllaOne, dipende se il concepimento è avvenuto: ma resta il fatto che questi prodotti sono stati messi a punto per evitare che un figlio eventualmente concepito possa trovare casa nel grembo della mamma. Non è certo la residenza – tube o utero – a incidere sulla qualità di essere umano di chi è appena stato chiamato alla vita.


Un altro tema recentemente assai dibattuto è l’estensione dell’accesso alla pillola abortiva Ru486 per effetto delle nuove linee guida ministeriali. Qual è l’esperienza del Movimento con le donne che abortiscono con questo metodo?
Che tutto il processo, dall’assunzione della prima pillola all’espulsione del figlio, è scaricato sulla donna. Uno scenario tristissimo di morte e solitudine, che rende prevedibilmente ancora più pesante la ferita psicologica che l’aborto volontario comunque reca alla donna.


Ogni volta che il tema dell’aborto torna d’attualità nel nostro Paese colpisce l’intransigenza, persino crescente, delle posizioni di chi difende la massima libertà di accesso. Perché questo atteggiamento?
Perché la "congiura contro la vita" non tollera che il tema-aborto sia toccato in modo tale da irrobustire la prevenzione, che include a pieno titolo anche azioni volte a consentire che una gravidanza sia portata a conclusione. Siccome, secondo una certa ideologia, del figlio concepito non si deve proprio parlare, ecco che scattano gli allarmi e le intransigenze. Ma noi, con franchezza e amore e con tenacia operosa, andiamo avanti.


Si sente ripetere sempre più spesso che "l’aborto è un diritto". Lei ovviamente non è d’accordo. Per quali motivi?
Perché parlare di "diritto di aborto" significa distruggere in radice l’autentica cultura dei diritti dell’uomo. Se l’aborto è l’uccisione di un essere umano, come si può parlare di "diritto"? L’unica via è negare che prima della nascita non c’è un uomo. Ma questo è antiscientifico, e contrario al principio di uguaglianza. Dunque, è necessario continuare a ripetere che il concepito è "uno di noi". Ne risulterebbe consolidata e rilanciata nella verità la cultura dei diritti dell’uomo, che si fonda sul riconoscimento dell’inerente e uguale dignità di ogni essere appartenente alla famiglia umana.


Come fermare il commercio di bambini con la maternità surrogata, dissimulato sotto le sembianze del "dare un figlio a chi non può averlo"?
Sicuramente sono necessari severi divieti legislativi in modo da dare un segnale sul disvalore – sarebbe meglio parlare di scelleratezza – di questo commercio internazionale. Ma soprattutto serve una grande mobilitazione culturale che non cada nelle trappole del sentimentalismo ma mostri la squallida realtà di adulti che commissionano bambini come fossero prodotti (ma la loro dignità umana resta intatta) e di donne povere sfruttate sulla base di abietti contratti (che prevedono anche l’aborto se il nascituro presenta anomalie o se i bambini sono più di uno), con clausole vantaggiose solo per le cliniche, gli intermediari e gli avvocati. La maternità surrogata, inserendosi nel contesto delle tecnologie riproduttive, si salda con la distruzione degli esseri umani allo stadio embrionale (selezione genetica, congelamento di embrioni a scadenza dopo il quale, se non gettati via, vengono usati per sperimentazioni distruttive) e con la manipolazione della genitorialità e della famiglia. Oltre il diritto alla vita è negato il diritto a un padre e a una madre.


Cosa immagina per il futuro del Movimento, e cosa desidera?
Bisogna investire sui giovani, la formazione e la dimensione internazionale, nella consapevolezza che lo "scarto mondiale" di vite umane allo stadio embrionale percorrerà vie sempre più subdole, con un’abortività nascosta, precoce e privatizzata. Mi piace pensare a un Movimento gioioso, forte, unito, capace di aggregazione e collaborazione, con orizzonti larghi, pronto a valorizzare il bene laddove si presenta, dialogante e coraggioso, senza pretese di monopoli. Perché il Vangelo della Vita è nel cuore di tutti.

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