mercoledì 10 gennaio 2024
Sono solo 16 i piccoli pazienti italiani affetti da deficit dell'enzima Aadc, curabile con un farmaco usato con successo su un bambino al Policlinico Umberto I di Roma. E ora anche rimborsabile
L'équipe del Policlinico Umberto I di Roma

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Cammina e inizia ad articolare vocalizzi. Per il piccolo Simone, 3 anni, affetto da una rarissima malattia, sono due traguardi che fino a sei mesi fa erano impensabili. Grazie a un delicato intervento di neurochirurgia effettuato nel maggio scorso al Policlinico Umberto I di Roma, la sua vita – e quella della sua famiglia – è cambiata. Si è trattato dell’iniezione nell’encefalo di un farmaco, l’Eladocagene exuparvovec, che ha ora ricevuto la piena rimborsabilità da parte dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) a fine anno.
L’approvazione dell’agenzia regolatoria italiana segna un passo importante perché apre la possibilità ad altri piccoli pazienti affetti dalla malattia di Simone, causata da un deficit di decarbossilasi degli L-aminoacidi aromatici (Aadc), di poter percorrere la stessa strada. La terapia è progettata per correggere il difetto genetico e aumentare la produzione di dopamina. In particolare, il farmaco deve essere iniettato nel putamen, l’area cerebrale designata a regolare i movimenti e alcuni tipi d’apprendimento. In Italia si calcola che siano solo 16 bambini ad avere diagnosticata la patologia ultra rara che comporta gravi disabilità sin dai primi mesi di vita, oltre a frequenti ricoveri, visite di emergenza e un’assistenza multidisciplinare altamente qualificata. 

In dieci anni il farmaco è stato applicato in quaranta pazienti in tutto il mondo, e in oltre il 95% dei casi si è visto un miglioramento delle condizioni. Per accedere alla terapia, fino a ieri concessa in via compassionevole, i piccoli devono essere valutati sulla base di numerosi esami. Anche Simone ha seguito l’iter: «Mostrava tutte le caratteristiche per essere trattato», rammenta il professor Antonio Santoro, responsabile della Neurochirurgia del Policlinico romano, che spiega come la diagnosi prima dell’intervento debba essere molto precisa, dal punto di vista sia strumentale sia clinico. «È una malattia grave – sottolinea –. Se non vengono trattati, i bambini vanno incontro a morte intorno ai 5 anni per problemi respiratori. Mostrano un disturbo di coordinazione, non riescono a camminare, hanno distonia e un’importante scialorrea», cioè l’eccessiva produzione di saliva. «Simone – aggiunge Santoro – non riusciva ad assumere la posizione da seduto. Ora riesce a muoversi e comincia a formulare i primi vocalizzi».

In Europa, esistono altre strutture in grado di effettuare la procedura, in Francia, Germania e Polonia, dove però viene effettuata mediante l’aiuto di una Tac. Nel caso del piccolo Simone, invece, è stata usata la risonanza magnetica. «Così come era stata già impiegata negli Stati Uniti – continua Santoro –, abbiamo preferito la risonanza magnetica che non usa le radiazioni ionizzanti. Ciò però ha comportato l’esigenza di adottare misure per assicurare la sterilità degli spazi, visto che non eravamo in una sala operatoria». L’intervento prevede che la sostanza venga iniettata in alcuni punti del cervello, individuati proprio con la risonanza, per colmare il deficit di produzione della dopamina.

«Simone – aggiunge il neurochirurgo – è stato ricoverato dapprima in terapia intensiva pediatrica e poi, dopo pochi giorni, tenuto in osservazione in neuropsichiatria infantile. Già al controllo in estate risultava più attivo, e recentemente ho visto un filmato mandato dalla famiglia in cui si vede che riesce a salire sul divano e a tenere in mano il telecomando».

A oggi sono due i bambini di cui la struttura romana sta valutando le condizioni per avviarli eventualmente alla terapia genica. «Il nostro ospedale è stato certificato come l'unico centro per effettuare questo tipo di trattamento», afferma Fabrizio d’Alba, direttore generale del Policlinico. «Abbiamo saputo mettere in campo in tempi strettissimi un gruppo interdisciplinare di medici, infermieri e personale amministrativo-sanitario che ha gestito e organizzato il trattamento di Simone, uno dei pochissimi bambini eleggibili per questa terapia. Come direttore generale ho l’orgoglio di affermare che una struttura come la nostra, spesso descritta come problematica, ha invece dimostrato di essere il contrario: una struttura ricca di forza, opportunità, competenze e cuore».

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