giovedì 3 dicembre 2020
La Corte Costituzionale ha respinto la richiesta della "madre gestazionale" reclutata in Canada da una coppia di uomini italiani per avere un figlio di intervenire in giudizio in loro sostegno
La Consulta: no alla madre surrogata in giudizio con i «due papà»
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Può una madre surrogata costituirsi nel giudizio in Consulta, a sostegno di coloro che l'hanno pagata per ottenere un bimbo? La risposta della Corte Costituzionale, anticipata da un comunicato stampa diffuso nel pomeriggio del 3 dicembre, è negativa. Il procedimento giudiziario, che arriva dalla Cassazione, ha preso le mosse dal ricorso di due uomini, desiderosi di essere riconosciuti entrambi padri del bimbo "assemblato" in Canada per mezzo della maternità surrogata. Cosa che il loro Comune di residenza ha negato, perché ritenuta contraria all'ordine pubblico (cioè ai principi fondamentali su cui si fonda lo Stato). Che un'anagrafe si rifiuti di trascrivere, cioè riconoscere, il certificato di nascita estero che riconosce "genitori" chi ha affittato un utero, e che poi questi si rivolgano all'autorità giudiziaria, non è cosa nuova. Stavolta, però, nella vicenda era presente un elemento inedito: il tentativo, da parte della donna che è stata pagata per condurre la gravidanza di intervenire nel giudizio costituzionale: a suo dire, infatti, avrebbe avuto «un interesse diretto e immediato rispetto al rapporto dedotto in giudizio», e per questo avrebbe potuto entrare "tecnicamente" nel giudizio in Consulta, a sostegno di chi l’aveva reclutata. Non solo. Riferisce la Corte che, nello specifico, avrebbe voluto vedersi riconosciuta «anche nel nostro ordinamento» (per quello canadese già lo è per decisione giudiziaria) «la sua assenza di legami genitoriali con il bambino, e conseguentemente l'inesistenza di ogni suo obbligo nei confronti dello stesso». Con la sua decisione la Corte ha scardinato questa teoria. «Nel giudizio costituzionale – così recita il comunicato – possono infatti intervenire, oltre a chi sia già parte del giudizio [...] e al Presidente del Consiglio dei ministri, soltanto coloro che siano "titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto dedotto in giudizio" (articolo 4, comma 7, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale)». Nel caso in esame la Consulta ha ritenuto che la decisione del giudizio pendente di fronte alla Cassazione non potesse «produrre effetti giuridici immediati nei confronti della donna». L'ordinanza integrale, completa delle motivazioni, sarà depositata nelle prossime settimane. Il giudizio, però, non è terminato: prosegue nel suo troncone principale, vale a dire quello sulla legittimità o meno delle norme che – in Italia – vietano di riconoscere come genitore il cosiddetto "padre intenzionale" (geneticamente estraneo al bimbo, ma committente del contratto di surrogazione). Di questo discuterà la Corte il 27 gennaio in udienza pubblica.

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