mercoledì 14 luglio 2021
Il responsabile nazionale della Fnomceo rilegge le parole del Papa ai medici durante il ricovero al Gemelli: la relazione di cura va «offerta a tutti» e «si rafforza nella sofferenza»
Medici e personale sanitario salutano il Papa durante il suo ricovero al Gemelli

Medici e personale sanitario salutano il Papa durante il suo ricovero al Gemelli

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Per due volte in questi giorni il Santo Padre, ricoverato al Gemelli, ha voluto dedicare un pensiero ai medici. Lo ha fatto sabato 10 luglio, quando si è rivolto a «tutti coloro che, con cura e compassione, scelgono il volto della sofferenza, coinvolgendosi in una relazione personale con gli ammalati, soprattutto i più fragili e vulnerabili». Lo ha ribadito domenica 11, in occasione della recita dell'Angelus, quando ha paragonato l'olio con cui i discepoli ungevano gli infermi all'ascolto, vicinanza, premura, tenerezza di chi si prende cura della persona malata. «È come una carezza – ha detto – che fa stare meglio, lenisce il dolore e risolleva». Se tutte le persone possono dare quella carezza, è nella relazione di cura che si instaura tra il medico e il suo paziente che essa diventa parte della cura stessa e, laddove possibile, del processo di guarigione.

«Il tempo di comunicazione è tempo di cura» ricorda il nostro Codice deontologico, ripreso anche dalla Legge italiana. Questo significa che, per curare, non bastano le terapie: occorrono prossimità, accoglienza, dialogo. La nostra professione è una combinazione unica di scienza e di valori, di competenze e di vicinanza, che rende possibile quella carezza dell'anima che è la nostra missione e che non ci fa mai dimenticare che, come recitava una nostra campagna, «Ogni vita conta». Non importa quanto sia fragile, disperata: la fragilità la rende anzi ancora più preziosa, ai nostri occhi.
Apprezziamo quindi l'estrema sensibilità con cui il Sommo Pontefice ha saputo valorizzare l'importanza e la peculiarità della relazione di cura: unica per ogni paziente, più intima per accogliere le fragilità, ma offerta a tutti senza discriminazione alcuna. Relazione che, come ha ben compreso papa Francesco, si intensifica con le difficoltà e si rafforza nella sofferenza. Relazione che è quindi uscita rinsaldata e accesa di straordinarie sfumature dalla pandemia di Covid. È stato allora che il significato del nostro Giuramento, del nostro Codice, è diventato drammaticamente reale e manifesto. È stato allora che tutti hanno visto quelle parole, quei precetti, farsi carne, assumere le sembianze dei medici impegnati nella gestione dell'emergenza, dei 369 medici che hanno sacrificato la propria vita.

Ma non c'è giorno che quelle stesse parole, così pesanti per densità e importanza, così leggere perché inscindibili dall'essere medico, non diventino atti concreti, al servizio della salute e del bene comune. Il Giuramento è l'atto propedeutico che segna l'inizio della Professione e che, rinnovato giorno per giorno, accompagnerà poi il medico per tutta la sua vita professionale e per l'intero arco della sua esistenza. Da allora, tutta la sua, la nostra vita sarà volta a tener fede a quell'impegno, realizzando, nell'alleanza terapeutica, il bene dei pazienti, e garantendo, nella società, i diritti fondamentali della salute e dell'uguaglianza, alla base della democrazia. È così che il medico si fa garante e fautore della "democrazia del bene", rendendo gli uomini uguali di fronte ai diritti che spettano loro in quanto persone.

Papa Francesco ce lo fa comprendere e lo ha affermato più volte: le sue parole ci sono state di conforto e sostegno nel corso della pandemia, e ancora ci spronano e ci rincuorano a perseguire il bene comune.

Presidente della Fnomceo
Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri

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