giovedì 12 maggio 2022
La persona del malato prima della produttività delle strutture, il rispetto dei professionisti della sanità: il presidente dei vescovi sulla Pastorale della salute al convegno Cei di Cagliari
Bassetti: nessuno va discriminato per la sua aspettativa di vita
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A pandemia (davvero) superata, cosa dovremo portare con noi nel tempo che verrà perché non sia «sprecata», per dirla col Papa? Anzitutto, la lezione delle relazioni personali riscoperte nel loro valore sanante: «La mia esperienza di malato di Covid mi ha fatto apprezzare quei momenti di dialogo in cui gli sguardi e le parole valgono molto, elementi insostituibili per una terapia pienamente efficace». È la voce del cardinale Bassetti che – tramite un video registrato – arriva al Convegno nazionale di Pastorale della Salute, nell’ultimo tratto dei lavori, a ricordare «cosa conta e cosa passa» (sono sempre parole di Francesco).
È il sistema-salute, già ingoiato dal dibattito su come spendere i fondi del Pnrr, che deve ricordare cos’ha visto e compreso della propria missione: «La produttività e la redditività orientate a sé stesse, in sanità, possono trasformarsi in elemento disumanizzante tanto per la persona malata quanto per il curante che vi opera – argomenta il presidente della Cei –. Penso ad esempio al rapporto tra medico e paziente, in cui la relazione di fiducia si costruisce nel tempo, nel dialogo, nell’incontro interpersonale». Tutti dovremmo aver compreso che «nessun essere umano, nella sua malattia, può vedere abbandonata la sua umanità in ragione di una discriminazione basata sulla diagnosi, o sulla prognosi, o sulle aspettative di vita, lunghe o corte che siano. Al tempo stesso – aggiunge il cardinale Bassetti – nessun professionista della sanità può essere usato in una logica esclusivamente funzionale o di profitto» perché è vero che «possono esserci delle catene subdole e invisibili, alcune imposte, altre scelte: il profitto a ogni costo, un aziendalismo cieco, la concorrenza sfrenata, ovvero la carriera personale o la smania di un risultato utile».
Due anni di Covid dovrebbero averci chiarito oltre ogni dubbio che c’è un valore imprescindibile al di sopra di ogni altra logica: la persona umana, col suo tesoro di relazioni e carismi, fragilità incluse. È un passo mai ovvio, tanto più adesso che la "ripartenza" tende a identificarsi con una fretta di avanzare, senza più fermarsi, neppure a riflettere su ciò che abbiamo appreso: ora «l’impegno di noi credenti – ragiona Bassetti – è di rompere le catene del pregiudizio, saper vedere l’altro esclusivamente come persona, oltre il suo stato sociale, la sua condizione di vita, il suo vissuto. Superare lo scarto significa saltare la barriera del pregiudizio per atterrare nel territorio della libertà, dove ogni persona è persona. Ecco l’importanza dell’insegnamento di papa Francesco oggi – è la vicinanza, è il contatto con la realtà, è il rifiuto delle ideologie che ci permette di poter essere pienamente Chiesa, comunità sanante, di vivere davvero da cristiani che vogliono incontrare tutti: vivere a contatto tra persone, essere capaci di relazione interpersonale».
La parola chiave di questa transizione – insieme a "persona" – è dunque "realtà". E i cristiani dovrebbero rammentare che il Vangelo li abilita a esserne specialisti: «Il superamento dello scarto, il superamento delle discriminazioni, la fraternità cristiana diventano realismo evangelico», conclude il presidente dei vescovi italiani, appena prima di spendere «una parola di ringraziamento all’Ufficio nazionale per la Pastorale della Salute della Cei» in particolare perché «in questi anni di pandemia non hanno mai abbandonato nessuno, e in molti modi sono rimasti vicini ai cappellani degli ospedali, delle altre strutture sanitarie e socio-sanitarie, agli operatori e ai professionisti della salute e a molti ministri straordinari della Comunione. Hanno costruito percorsi di vicinanza, pur con tutti i limiti imposti dalle necessarie precauzioni».
Le parole dell’arcivescovo greco-cattolico di Kiev Svjatoslav Shevchuk, subito dopo, commuoveranno alle lacrime la platea del convegno Cei, testimonianza di una fede provata nel crogiolo di una guerra spaventosa. A lui sembrano dedicate le parole con cui il cardinale presidente chiude la sua meditazione, ben oltre il perimetro della pastorale della salute: «Il giudizio della storia, qualsiasi possa essere l’esito apparente, si deve confrontare con l’esito reale: l’incontro di ognuno con Cristo. Così sarà possibile veramente scoprire il profumo della vita».
Prossima tappa del viaggio intrapreso in Italia dall’Ufficio Cei guidato da don Massimo Angelelli sarà Bari nel maggio 2023, che nel percorso tra i cinque sensi – nel meeting di Cagliari l’impegnativo ma riuscito accostamento con l’olfatto – vedrà abbinato il senso legato all’ascolto: «Ho udito il suo lamento in ascolto dei sofferenti» il tema.
Torneranno utili alle pastorali sanitarie diocesane, da qui a là, le considerazioni svolte in apertura della sessione conclusiva – dopo la meditazione di don Maurizio Gronchi – da suor Nathalie Becquart, sottosegretario del Sinodo dei Vescovi sulla «sinodalità» come «ascolto dei sofferenti»: perché è in questa azione oggi necessaria – quante sono le aree di sofferenza nella nostra società... – che potremo «sentire la voce di Dio – dice suor Becquart –, che è il Dio delle sorprese». Potremmo così accettare la possibilità di essere disorientati e trasformati».

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