mercoledì 13 novembre 2013
Poche luci e molte ombre nel rapporto Istat sul matrimonio in Italia: confermata la tendenza a sposarsi meno e più tardi. Ancora in calo il numero dei matrimoni religiosi. Eppure la propensione alle nozze cresce con l'aumentare del livello di istruzione. (Anna Maria Brogi)
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Una società sempre più secolarizzata e in cui ci si sente precari, dove ci si sposa più tardi, magari più volte e, per quanto riguarda gli italiani, sempre meno. Non riserva grandi novità l'annuale rapporto Istat sul matrimonio, che conferma una tendenza in atto ormai da vent'anni. A voler cercare, però, un paio di segnali incoraggianti si trovano.Il primo è l'inversione di segno, seppur lieve, del dato complessivo dei matrimoni (207.138) rispetto al 2011: dopo una lunga stagione di segni "meno", nel 2012 per la prima volta si è registrato un segno "più" (+2.308). Il dato è da prendere con cautela, in quanto si spiega con il forte aumento (+ 4.107) delle nozze in cui almeno uno degli sposi è straniero. Tendenza che, a sua volta, è motivata da una sentenza della Corte Costituzione del luglio 2011 che bocciò la legge del 2009 che rendeva obbligatorio il permesso di soggiorno per contrarre matrimonio in Italia: obbligo che era stata all'origine di un drastico calo del fenomeno.L'altro segnale di cauta speranza è che, smentendo una convinzione diffusa, la propensione a sposarsi cresce con l'aumentare del livello di istruzione. Tra il 2003 e il 2012, ad esempio, il tasso di prima nuzialità degli sposi con basso titolo di studio è sceso del 25% per gli uomini e del 28% per le donne, mentre per gli sposi con livello di istruzione medio-alto il calo è stato del 18% per gli uomini e del 14% per le donne.

Per il resto, lo scenario che il rapporto descrive è tristemente noto. Tre italiani su quattro si sposano ancora in chiesa (dato relativo alle prime nozze tra cittadini italiani), ma prosegue la diminuzione dei matrimoni religiosi (122.297 in totale, -2.146 rispetto al 2011) mentre le seconde nozze, per quanto diminuiscano in termini assoluti (32.555, erano 34.137 nel 2008), rappresentano il 15,7% del totale (rispetto al 13,8% del 2008). Al Nord le unioni con rito civile sono la maggioranza (53,4%) e al Centro la metà (49,4%), sul dato nazionale il 41%.A completare il quadro c'è il fenomeno in crescita delle unioni di fatto, che per l'Istat avrebbero superato il milione (di cui 594mila tra partner celibi e nubili): nel 2012 oltre un figlio su quattro è nato da genitori non coniugati.Sale l'età in cui si convola a nozze: per gli uomini 34 anni e per le donne 31. Questo si spiega in parte con il fenomeno diffuso delle convivenze prematrimoniali, ma anche con la sempre più prolungata permanenza dei figli in famiglia: il 52,3% dei maschi e il 35% delle femmine tra 25 e 34 anni vivono ancora con i genitori.

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